Il ministro dell'Economia greca, Yanis Varoufakis (foto LaPresse)

"Schuld", debito e colpa secondo i tedeschi? La versione di Varoufakis

Marco Valerio Lo Prete

In tedesco "Schuld" vuol dire "debito" ma anche "colpa", è ormai noto. In greco, ci tiene a precisare il nuovo ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis, l'enfasi negativa non è sul debito quanto sull'interesse da pagare al creditore: "In greco 'parto' è toketòs e 'interesse' tòkos. Le due parole, insomma, hanno la stessa etimologia", scrive

Oggi è andata in onda, su Radio Radicale, la consueta rubrica settimanale "Oikonomia". Cliccando qui potete ascoltare l'audio, di seguito invece il testo e i link. (Se avete consigli, suggerimenti, critiche, scrivete a [email protected])

 

Oggi vorrei soffermarmi sul concetto economico di "avanzo primario", uno dei tanti fattori che è al centro dell'estenuante prosecuzione delle trattative tra la Grecia e i suoi creditori internazionali, trattative che anche questa settimana terranno con il fiato sospeso i mercati. Perché il governo di Atene consideri importante spuntare concessioni sull'avanzo primario è comprensibile. Vediamo perché.

 

Sarebbe decisamente poco originale, nel 2015, ricordare che in tedesco "debito" e "colpa" sono sinonimi, che entrambi si esprimono col vocabolo "schuld". Un esercito di commentatori lo ha detto e scritto in questi anni, sempre per sottolineare l'approccio moralistico che una parte dell'establishment tedesco utilizza nell'analisi economica. Quello che invece ci ricorda nel suo ultimo libro appena pubblicato in italiano il ministro delle Finanze greco, il funambolico Yanis Varoufakis, è quanto nella lingua greca sia implicitamente stigmatizzato il concetto di "interesse" che ognuno è chiamato a pagare sui propri debiti. Scrive Varoufakis: per secoli le fedi cristiana e musulmana hanno ritenuto "una colpa gravissima il prestito a fronte d'interessi. Ci sono interi volumi che descrivono il 'parto del denaro' come qualcosa che avviene nel ventre del serpente che ha indotto al peccato Adamo ed Eva". E aggiunge Varoufakis: "In greco 'parto' è toketòs e 'interesse' tòkos. Le due parole, insomma, hanno la stessa etimologia". Non è difficile comprendere perché Atene stia lottando per abbassare le pretese dell'Unione europea e del Fondo monetario internazionale sull'avanzo primario se pagare gli interessi equivale a un "parto" come quello che avvenne nel ventre del serpente che voleva far peccare Adamo ed Eva.

 

Innanzitutto una definizione: l’avanzo primario è quella grandezza o quella cifra che si ottiene quando la differenza fra le entrate e le uscite di uno Stato, senza contare gli interessi sul debito pubblico, è positiva. Facciamo l'esempio dell'Italia. Nel 2013, secondo gli ultimi dati disponibili e consolidati della Banca d’Italia, il nostro Paese ha realizzato un avanzo primario di tutto rispetto, al livello della “rigorosissima” Germania. Le entrate dello Stato sono state infatti superiori alle uscite di 34,7 miliardi, cioè del 2,2 per cento del prodotto interno lordo. Se le entrate erano superiori alle spese, perché allora il governo italiano continua a confrontare un "deficit" di bilancio? Perché tra le uscite dobbiamo considerare non soltanto la spesa corrente e quella per investimenti, ma anche il pagamento degli interessi sul nostro enorme debito pubblico, oltre 90 miliardi di euro nel 2013 e cioè il 5,3% del Pil. Così, nonostante l'avanzo primario, le spese complessive del nostro paese superano le entrate ed ecco spiegata l'esistenza di un deficit pubblico persistente.

 

Nel programma della cosiddetta Troika, composta dalle tre organizzazioni creditrici di Atene - Commissione Ue, Banca centrale europea e Fmi –, ci si attende che, al netto degli interessi sul debito pubblico, le entrate fiscali del governo di Atene siano superiori delle uscite per l'1,5% del Pil nel 2014, per il 3% per l'anno in corso, infine per il 4,5% nel 2016 e i prossimi anni. Soltanto così, è il ragionamento, il debito pubblico potrà cominciare a scendere. Adesso però l'attuale governo greco fa sapere che lo scorso anno un avanzo primario c'è sì stato, ma molto inferiore agli annunci del governo di grande coalizione allora in carica. Soprattutto, ha scritto il settimanale tedesco Spiegel in queste ore, nel 2015 l'avanzo primario del paese dovrebbe raggiungere appena l'1,5% del pil, cioè la metà di quanto concordato con la Troika. Alla luce di questi dati, e della recessione prolungata, il governo di Syriza, cioè del partito di sinistra estrema che ha vinto le elezioni di gennaio, ha fatto sapere che non intende raggiungere un avanzo primario del 4,5% del pil. Raggiungere tale obiettivo, continua a ripetere il ministro Varoufakis che su questo non ha mai fatto marcia indietro - a differenza che sulle privatizzazioni o sulla ristrutturazione del debito pubblico – imporrebbe una stretta fiscale che taglierebbe le gambe a qualsiasi ripresa.

 

[**Video_box_2**]E' plausibile che, in caso di intesa nei prossimi giorni per sbloccare gli aiuti internazionali, i creditori faranno concessioni su questo punto al governo di Atene. In cambio il governo di Atene dovrà rispettare un impegno che ha preso fin dall'inizio, cioè quello di garantire almeno il principio del pareggio di bilancio, cioè l'eguaglianza tra entrate e uscite, seppure al netto del pagamento degli interessi. Dal gennaio al novembre 2014 il gettito fiscale raccolto dallo stato greco era stato solo del 2,4% inferiore alle attese; poi a dicembre e a gennaio, cioè sotto elezioni, il gettito è diventato inferiore di quasi punti percentuali; un anno intero così vorrebbe dire 11 miliardi di tasse raccolte in meno, pari a 6 punti percentuali del pil di deficit. A febbraio, però, il gettito fiscale è ricominciato ad affluire in linea con le attese, a marzo addirittura è stato superiore alle attese. Il governo di Syriza, per ora, non ha mollato l'austerity.