Il premier Matteo Renzi presenta il def approvato da cdm (foto LaPresse)

Def, i tagli alla spesa ci sono ma Renzi chiede di non chiamarli "tagli"

Marco Valerio Lo Prete
I tagli ci sono o non ci sono? Ci sono ma non si dice, così si potrebbe riassumere l'approccio mediatico del governo.

Nel Documento di economia e finanza (Def) "non ci sono tagli né aumento di tasse". Ha esordito così oggi, in conferenza stampa, Matteo Renzi. Il Presidente del Consiglio, con alla sua sinistra il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, era reduce dal Consiglio dei ministri in cui è stato visionato e discusso il Def, che sarà approvato venerdì in via definitiva e che rappresenta le linee generali che l'esecutivo si impegna a rispettare per poi scrivere a settembre la legge di stabilità (l'ex Finanziaria).

 



 

Renzi ha poi offerto qualche dettaglio sul capitolo delle risorse fiscali che comunque sarà necessario trovare, innanzitutto per non far scattare dal 1° gennaio 2016 le clausole di salvaguardia, cioè veri e propri aumenti di tasse introdotti nella scorsa legge di stabilità per tranquilizzare la Commissione europea. "Noi scriviamo prudenzialmente lo 0,6 per cento di pil nel Def. Ma noi pensiamo che ci sia un margine migliore"; si tratta comunque di risparmi per "circa 10 miliardi" di euro.

 

[**Video_box_2**]I tagli dunque ci sono o non ci sono? Ci sono ma non si dice, così si potrebbe riassumere l'approccio mediatico del governo. Renzi infatti, pur rivendicando l'avanzamento della spending review, ha sostenuto che questa "non è il tentativo di far del male ai cittadini ma di utilizzare meglio i soldi dei cittadini. Quando si dice 'ci sono tagli alla povera gente' è l'opposto – ha aggiunto il premier – E' sconvolgente che ci siamo migliaia di aziende che fanno le partecipate a livello locale, tagliarle è un favore ai cittadini, dobbiamo ridurre le spese informatiche. Questa è riduzione della spesa, non andare a intervenire sulla carne viva dei cittadini". Sono le prove generali della sfida più ardua: trovare il modo per inserire i tagli alla spesa pubblica nel (solitamente ottimistico) storytelling renziano.

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