Di cosa parlare stasera a cena

La multa a Rousseau e le lotte di potere in Libia

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere quello che succede nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

A cena saprete, ne parlavamo già ieri, se la famosa questione dei rimborsi a azionisti e obbligazionisti è stata sbloccata o no. Al momento la cosa più probabile è un bel rinvio a domani. Perché una delle richieste a 5 stelle non convincerebbe, e ha tutta la nostra comprensione, il ministro Tria. Si tratta della norma con cui i rimborsi andrebbero a tutti, praticamente senza domanda e senza controllo, con un automatismo impressionante che verrebbe al 100 per cento sanzionato da Bruxelles e probabilmente bloccato. Allora, se l'obiettivo fosse quello di risarcire davvero bisognerebbe seguire lo schema prudente e ragionato di Tria con cui si stabiliscono controlli ragionevole e semplificazioni al posto del totale automatismo. Ma si può anche pensar male e immaginare che i 5 stelle preferiscano lo scontro con l'Europa, da brandire poi in campagna elettorale e su un loro provvedimento, potendo anche cavalcare la prevedibile protesta dei non risarciti. E quindi vogliano imporre a Tria una strada che porterebbe a questo esito per loro ragioni elettorali, rafforzate dalla possibilità di alzare una bandiera che ha, nella loro logica, anche qualcosa a che fare con la combattiva commissione banche da cui sperano di trarre quel consenso che perdono giorno per giorno (perché le voci che girano sugli andamenti elettorali attendibili per i grillini sono molto molto brutte). Anche perché a metà pomeriggio e a ridosso del consiglio si era arrivati di nuovo a dichiarazioni contrapposte. Con lo staff di Tria che, già da ieri, dice che il testo delle norme per i rimborsi è a Palazzo Chigi, e i 5 stelle che fanno invece filtrare la tesi per cui non servano ulteriori passaggi in consiglio dei ministri ma solo la firma del ministro (quindi a via XX settembre) ai decreti attuativi di norme già fissate in manovra. Ma forse i grillini giocano su un equivoco: in manovra era stata individuato il fondo cui attingere, vero, ma non le modalità di erogazione.

  

Il resto del decreto è stato ben descritto nel Foglio di oggi come materiale raccolto in fretta e furia nei cassetti del ministero, attingendo a misure dei precedenti governi, per provare a recuperare qualche decimale di Pil. Verrà approvato, con qualche soddisfazione confindustriale, per mantenere un minimo di dialogo aperto.

 

Beh sì poi a tutto questo, come si è visto, si lega in vari modi il mondo del sistema Rousseau, le sue falle, la sua inefficienza, la volontà di controllare tutto. Oggi è arrivata una nuova sanzione dal garante della privacy alla srl proprietaria della piattaforma  su cui si decide e si dirige la linea politica e le candidature del primo partito del 4 marzo. Il Foglio aveva anticipato la notizia.

 

E c'è anche questa storia un po' buffa e un po' spaventosa dell'intelligence grillina, nata da questa stramba intervista al Corriere della Sera.

 

Vicenda, folle, Brexit. L'idea di far votare al parlamento che non trova accordi, e per una questione impossibile da risolvere, una risoluzione che vieta i non-accordi, appartiene in pieno al pensiero pre-scientifico, forse precedente anche all'inizio delle relazioni umane tramite il linguaggio. Siamo un mondo non ancora parmenideo, in cui non si applica il principio di non-contraddizione e neanche i principi fondativi delle più banali identità logiche. Eppure è quello che sta succedendo nell'antico parlamento britannico di Westminster, nato come istituzione della razionale rappresentanza di interessi e trasformatosi, grazie all'effetto distorcente della realtà causato dal populismo, in un luogo dove non vigono più le elementare regole logico-linguistiche, per non parlare della comprensione di fatti complessi come gli sviluppi storici ed economici. Il voto di oggi, appunto l'assurdo divieti di no-deal, rende impossibile una prosecuzione razionale della trattativa con una sempre più attonita Unione Europea. D'altra parte il progetto Brexit, che aveva alla sua origine gli stessi promotori intellettuali alfieri poi del progetto sovranista in tutta Europa, faceva leva proprio su una estremizzazione del principio populista per cui non conta la razionalità e la qualità dialettica del confronto democratico per prendere decisioni ma conta solo affermare il contrario di ciò che dicono le (presunte) élite, ovvero ciò che si è detto e stabilito in passato. Fatta questa operazione con successo, vincendo il referendum, tutta l'impotenza decisionale di un simile programma è emersa, semplicemente perché non c'è più nulla da capovolgere o da negare, non essendoci più un élite o un principio maggioritario accettato e riconosciuto da sovvertire. Preso in mano il gioco i populisti anti-Europa non sanno più giocare e si incartano in voti come quello di oggi, prossimo a passare alla storia delle assurdità.

  

E poi il clima peggiora, inevitabilmente.

 

E i soldi attraversano la Manica in direzione Francia.

  

Intanto in Libia stanno sistemando le questioni di potere locale. La situazione non è buona per gli interessi italiani.

 

Il governo ha a che fare con i sue due vicepresidenti del consiglio più che con la Libia.

  

Cosa succede nella zona di Torre Maura a Roma? Ci sono testimonianze su evidenti presenze di appartenenti alla destra neofascista interessati solo a scatenare l'odio di piazza. La partita tra popolo ed élite non sembra la chiave giusta, si tratterebbe invece di una strategia di comunicazione e di azione politica per esasperare la tensione e impadronirsi di voti che hanno una grande mobilità (a Torre Maura i stelle presero più dell'80% ma ora sembrano abbandonati anche loro).