L'illustrazione della copertina del libro "La seconda prova"

la recensione

Tornare a studiare logaritmi e integrali, vent'anni dopo. Il libro di Pietro Minto

Mariarosa Mancuso

In un paese dove non capire la matematica è materia di vanto, l'autore decide di recuperare le sue lacune e iniziare a studiarla da adulto. Ecco “La seconda prova”, appena pubblicato da Einaudi

In un paese dove non capire la matematica è materia di vanto – fa di voi individui dalla squisita sensibilità artistica – l’impresa di Pietro Minto spicca per bizzarria e cocciutaggine. In questo stesso paese, chiunque dica di non capire la poesia viene bollato di limitatezza culturale (va detto che i primi della lista spesso sono i poeti medesimi). Svolazzi lirici contro aridità – anche se negli infelici anni 70 era di moda tra i letterati citare il teorema di incompletezza di Gödel: il nome pareva evocativo di qualcosa, senza sapere bene cosa.

Pietro Minto al liceo odiava la matematica. Era nei suoi incubi notturni. Niente mostri, baratri senza fondo, animali con gigantesche fauci spalancate. Invece: gli esercizi da fare e rifare. Certi calcoli spaventosi che solo a vederli fanno paura, come agli spettatori che fuggirono vedendo arrivare sullo schermo il treno dei fratelli Lumière. Decide di studiarla da grande. Per sfida – ha letto uno psicologo convinto che chi non capisce la matematica ha difficoltà di relazione. Per scoprire se l’incomprensione è scritta nei geni, magari nelle stelle. O nel programma scolastico, che non segue lo sviluppo storico della materia. 

Calcola che impiegherà sei mesi almeno, per la matematica trascurata negli anni del liceo scientifico. Pietro Minto scrive su questo e altri giornali e riviste, ci allieta ogni domenica con la newsletter “Link Molto Belli”. Non ha tutto il suo tempo a disposizione, serve la disciplina. La mattina, dopo colazione, 45 minuti di esercizi e mezz’ora prima di cena. Serve una penna, e abbiamo perso l’abitudine. Poi bisogna alleviare il dolore del tunnel carpale infiammato. 

L’abitudine a studiare si perde. Meglio: resta per quel che ci piace, e sfugge per le imprese faticose. Per esempio, superare la prova di matematica del liceo scientifico, vent’anni dopo. Da qui il titolo “La seconda prova”: nel libro appena uscito da Einaudi, i problemi sono in calce al volume. Pietro Minto ritrova “il famigerato Melillo” – il professore di matematica che segnò “la fine dell’adolescenza”: l’idea che il liceo scientifico non fosse poi così tremendo, bastava andar bene in tutte le altre materie per cavarsela. Senza fare entrare in gioco la “corteccia (cerebrale) cingolata”. Esiste, abbiamo controllato (anzi sono due). Conosciamo critici cinematografici come David Denby tornati all’università per studiare i classici, mai le funzioni o i logaritmi.

Per ripartire dalle basi, Pietro Minto inizia dalla matematica che si studia alla scuola media. Terminato il programma con profitto, arrivano le difficoltà liceali. Si aiuta con i programmi didattici su YouTube, ce ne sono diversi (scopriamo che esistono tutorial anche per la matematica). E poi via, con la x – che costò una certa fatica ai nostri antenati, come lo Zero – i radicali, il signore degli algoritmi, l’algebra, l’infinito, i tremendi logaritmi e gli integrali.

Qua e là, racconta le storie dei matematici. Niccolò Tartaglia, balbuziente. I Gianni e Pinotto dell’algebra, vale a dire Cartesio e Fermat. Sfata la consolatoria idea che Albert Einstein sia stato bocciato in matematica (è dopo, piuttosto, che i colleghi faticavano a capirlo). Racconta l’origine della parola algoritmo (che all’origine voleva dire anche “aggiustaossa”). Allo studente in procinto di affrontare la maturità consiglierebbe di ristudiare tutto da capo. “Dai la cera, togli la cera”, come il maestro Miyagi nel film “Karate Kid” – il titolo italiano aggiunge “per vincere domani”. Pietro Minto supera l’esame “con discreti risultati”, e si chiede che altro potrà fare, nel genere Grandi Imprese.

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