Il caso Velasco

Altro che appelli pro Palestina, Picasso s'inventò Guernica: questa è arte

Francesco Bonami

Il direttore della rivista Artforum David Velasco è stato licenziato per aver pubblicato una lettera pro-Palestina. Il mondo dell'arte si mobilità ma è un ambiente in cui non c'è la libertà di parola

Il direttore della storica, prestigiosa rivista d’arte contemporanea Artforum David Velasco è stato licenziato in tronco per aver pubblicato una lettera firmata da un manipolo di artisti a favore della Palestina. Sciocchi i proprietari della rivista, i signori Penske, sciocco lui. Insurrezione nel mondo dell’arte a difesa di Velasco tirando in ballo la libertà di parola. Clamorosa stupidaggine. La libertà di parola nel mondo dell’arte non esiste. Se uno si azzarda a proporre un recensione virulentemente negativa nei confronti di una mostra presentata dal gotha del potere del sistema dell’arte, Velasco non la pubblicherebbe. Sciocchi comunque i proprietari della rivista a licenziare uno che superficialmente si è infilato in una cosa più grande di lui, che esperti del medio oriente da mezzo secolo non sanno come risolvere. Non solo Velasco ha esposto l’arrogante ambizione del mondo dell’arte che oramai da decenni prova a fare l’imitazione del mondo reale con curatori pseudo ministri degli Esteri, artisti pseudo sociologi o pseudo antropologi o pseudo dissidenti. Se uno ha la fortuna e il privilegio di dirigere una rivista d’arte e non Foreign Affairs, la usi come tale.

Nel 1937, Pablo Picasso davanti alla guerra civile spagnola non firmò una lettera "contro", forse lo fece ma come appendice. Usò per protestare quello che sapeva fare, la pittura. Dipinse Guernica, che diventò sia un capolavoro della storia dell’arte che un potentissimo strumento di marketing e comunicazione. Di quanto a Picasso fregasse dei morti di Guernica non è dato sapere. Tuttavia, la sua gigantesca tela funzionò. Il direttore di Artforum avrebbe dovuto saper fare un po’ il Picasso. Avrebbe dovuto usare la sua rivista come una grande tela e invitare chi ha firmato la lettera per la liberazione della Palestina a contribuire con un articolo, un’immagine un opera d’arte non con una delle tante, irrilevanti e superficiali, lettere. Se poi fosse stato ancora più furbo, avrebbe anche invitato la controparte a contribuire. Solo se a quel punto gli editori lo avessero licenziato si sarebbe potuto discutere di libertà di opinione. Non solo: se la tragedia del medio oriente interessava a Velasco così tanto, avrebbe dovuto sbatterla in copertina. Non lo ha fatto ed è stato, giustamente o ingiustamente, punito. Il mondo dell’arte è un sobborgo del mondo reale. Quando la provincia prova a fare la metropoli, non va mai a finire bene o quello che ne esce fuori è una parodia. La lettera degli artisti per la liberazione della Palestina – seppur legittima – era una parodia di un problema che chiaramente il mondo, quello vero, non è capace di risolvere. Ma una parodia di una tragedia è di per sé una tragedia di cui Velasco è responsabile e per la quale paga meritatamente le conseguenze. Ma sia chiaro non è un eroe ma uno sciocco. E gli sciocchi, a mio parere, non vanno licenziati ma semplicemente messi in castigo. Il licenziamento è un’onorificenza e Velasco non se la merita.

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