Foto LaPresse

il personaggio

Botero era l'artista forse più ricco del mondo, ma giudicato sempre un po' troppo tamarro

Francesco Bonami

La gente lo ama, la critica no. Ma un'opera d'arte che tranquillizza tanto quanto un bombolone fa venire l’acquolina in bocca va rispettata. Ora che è morto, non stupirebbe una rivalutazione dei suoi quadri e sculture migliori

E’ morto Fernando Botero, artista, nato a Medellín, Colombia, il 19 Aprile 1932. Famosissimo, tutti conoscono le sue sculture differentemente magre o differentemente Giacometti. Sculture che hanno invaso le piazze di mezzo mondo. Una sorta di Arnaldo Pomodoro figurativo. Il suo luogo di affezione era Pietrasanta, a due passi dalle cave di marmo da dove Michelangelo portò a Firenze il blocco da cui scolpì il David. All’entrata di Pietrasanta un enorme gladiatore in bronzo tipo lottatore di sumo accoglie i turisti. E’ un po’ il David di Botero, anche se un Michelangelo, questo popolarissimo artista amato da giovani e vecchi, grandi e piccini, non è mai diventato. Anche se ho il sospetto si sentisse tale o quasi tale. Botero lo hanno reso famoso le sculture ma in realtà era molto più bravo come pittore, anzi a dire il vero come scultore era abbastanza pessimo.

I suoi dipinti, in particolare quelli degli anni ’60 e ’70, avevano una forte identità e il sapore magico della letteratura di Gabriel García Márquez che aveva conosciuto giovanissimo nel 1958, illustrando un suo racconto per il quotidiano di Bogotà El Tiempo. Come tutti gli artisti che si rispettano ha faticato a trovare il successo anche se gia nel 1961 il Moma acquistò il suo dipinto “Monna Lisa a dodici anni”. Che il museo molto probabilmente non esporrà mai più per paura di chissà quale accusa di ipotetico uso e abuso anche solo immaginario di minorenne. Il successo economico quando arriverà non si fermerà più. Si dice fosse l’artista più ricco del mondo. Il successo critico invece non lo raggiungerà mai davvero, considerato dal gotha del mondo dell’arte, compreso il sottoscritto, un po’ tamarro.

Ricco e potente, un suo figlio è stato addirittura ministro della Difesa della Colombia, come se da noi il figlio di Guttuso fosse diventato ministro dell’Interno, ha sempre disdegnato la critica intellettuale. Non si può dargli torto. La gente lo ama. Italiano di adozione, se si fosse candidato a sindaco di Pietrasanta avrebbe vinto a mani basse e forse forse anche come presidente della Regione Toscana o Veneta. Nel 2003 le calli e i campi di Venezia furono invase dalle sue donne gonfiate ma non gonfiabili. Quando prima che inaugurasse la Biennale furono fatte portare via lui e i suoi amici non furono contenti. La Biennale che si vergogna un po’ di Botero non è una bella pubblicità. Cabrones! Avrà inveito in privata sede.

Perché non piaccia agli intenditori si capisce essendo più vicino ai fumetti di Jacovitti che alle matrone di Rubens, il pittore fiammingo che lui adorava. Perché piaccia al passante ignaro dell’esistenza di Rubens si capisce pure. L’arte di Botero tranquillizza tanto quanto un bombolone fa venire l’acquolina in bocca. Un'opera d’arte che ottiene questo risultato va rispettata, alla faccia di Roberto Longhi o Clement Greenberg. Per altro due critici d’eccezione come gli americani Jerry Saltz e Roberta Smith, questa sul New York Times, hanno celebrato Botero quando nel 2005 presentò 50 opere, disegni e dipinti, sulle torture nel carcere iracheno di Abu Ghraib. Un ciclo dove l’obesità manierista lasciava spazio alla potenza dei soggetti e alla violenza della storia contemporanea. Il vero artista dentro di lui era riuscito a liberarsi, anche se solo momentaneamente, dalle catene estremamente remunerative della griffa Botero. Negli ultimi cinquant’anni soltanto un altro artista, Gerhard Richter con il ciclo sui suicidi dei terroristi della Bader Meinhof, era riuscito a creare dipinti che parlassero della storia recente come David, Gericault, Goya e Picasso avevano fatto nel passato. Una compagnia che basterebbe a redimere Botero. Ammesso che abbia bisogno di redenzione.

Non mi meraviglierei se presto arrivasse una rivalutazione del Botero migliore, un artista capace di far fare la fila davanti alle biglietterie dei musei. Pecunia non olet in particolare per le amministrazioni dei musei oggi. Il grande critico australiano Robert Hughes definì lo stile delle sculture di Botero, per lui noiosissime, “pneumatico”, ma non sarà certo uno Hughes ad impedire che Fernando Botero venga riscoperto anche dai più talebani dei curatori. La storia dell’arte è fatta di ingiuste cancellazioni e infiniti ripensamenti e nulla può essere escluso, nemmeno che i finti grassi di Botero possano un giorno essere più riveriti e magari anche più costosi dei finti magri di Giacometti. Morto un Papa se ne fa un’altro. Morto un Botero come lui difficilmente ne nasceranno altri. 

Di più su questi argomenti: