Foto Ansa

(1932-1923)

È morto Botero, l'artista colombiano più famoso di tutti i tempi

Maurizio Stefanini

"Non ho mai dipinto nulla di diverso dal mondo come lo conoscevo a Medellín", diceva il pittore e scultore famoso per le sue figure sovrappeso. Un ritratto

Da Goya a Picasso e da Toulouse-Lautrec a Dalí, sono stati molti i pittori che si sono occupati di toreri. Fernando Botero Angulo, appena deceduto a 91 anni, è il caso forse unico di un torero che ha deciso invece di occuparsi di pittura, arrivando a sua volta a dipingere corride. Nato il 19 aprile del 1932, figlio di un commerciante e di una sarta, da ragazzino inizia infatti a fare pratica per diventare matador. Ma poiché i genitori hanno quache problema economico, lui a 15 anni pensa di dar loro una mano, mettendosi a vendere in strada i disegni che gli piace fare. Il successo lo convince che forse la sua vera vocazione non sono i tori, a 16 anni già disegna le illustrazioni per i supplementi del giornale cittadino “El Colombiano” e fa la sua prima esposizione, a 19 anni per farsi conoscere va nella capitale Bogotá, e infine diventerà l'artista colombiano più famoso di tutti i tempi.

 

La sua città natale è Medellín, famigerata a livello internazionale per il Cartello del narcotraffico di Pablo Escobar. Ma in realtà è una metropoli che per il suo spirito imprenditoriale ha un po' la fama di Milano della Colombia. Anche rinomata per un clima da eterna primavera da cui un importante export di fiori, e una gastronomia sontuosa, da cui uno stereotipo di terra dalla popolazione sovrappeso. Affascinato fin da piccolo dall'architettura barocca e dalle illustrazioni della Divina Commedia di Dante Alighieri, Botero dirà di “non aver mai dipinto nulla di diverso dal mondo come lo conosceva a Medellín”. “Il pittore delle nostre tradizioni e dei nostri difetti, il pittore delle nostre virtù”, lo ha ora celebrato il presidente Gustavo Petro. Una facile battuta era, appunto, che le figure sovrappeso che sono la sua cifra e a cui è legata la sua fama erano semplicemente la corporatura standard dei “paisa”, come vengono chiamati gli abitanti di Medellín e anche del contiguo dipartimento di Antioquia.

   

Ovviamente, la critica la fa più complessa, e considera questi volumi una sorta di idea platonica a cui l'artista cerca di arrivare, senza mai raggiungerla, e prendone però pure in qualche modo le distanze. Niente ombreggiature, dunque, perchè secondo Botero avrebbero sporcato l'idea del colore che desiderava trasmettere. Ma pure il colore è tenue, gli sguardi sono sempre persi nel vuoto, lo stesso soggetto è spesso raffiguato in momenti diversi, e in alcune opere il tempo è simboleggiato da orologi. Agli studi in una scuola di Gesuiti è collegato il suo interesse per temi spirituali, ma forse anche la sua capacità di lasciar perdere il successo mondano, quando trovava necessario concentrarsi invece sulla sua vocazione. Dopo le prime glorie nella capitale, infatti, decide di stabilirsi nel remoto dipartimento di Sucre a Tolú, piccolo porto dall'architettura caratteristica e lontano dalle disrazioni. Lì il Golfo di Morrosquillo gli serve da ispirazione per l'opera “Frente al Mar”, con cui vince nel 1952 il secondo premio al IX Salone Nazionale degli Artisti. Poi il viaggio in Europa per approfondire le fonti dell'arte occidentale, a Madrid e Firenze.

    

Botero diceva di essere stato soprattutto un autodidatta, formatosi con letture e con giri per musei e gallerie. Esposto in tutto il mondo, a partire da Parigi e New York, a un certo punto iniziò a passare la sua vita tra la stessa Parigi e Pietrasanta, località in provincia di Lucca vicino a cave di marmo che gli danno la sua materia prima preferita per fare lo scultore. “Sono il più colombiano degli artisti colombiani” continuava però a dire. Anche se il gusto per i dipinti incentrati per le figure tipiche della provincia "paisa", dai religiosi alle prostitute e ai militari, non gli hanno impedito di guardare anche al resto del mondo. Famosa ad esempio nel 2005 la serie “Abu Ghraib”, sullo scandalo delle torture in quel carcere iracheno.

  

Sua anche una statua dedicata alla pace nel parco di Medellín, che alcuni terroristi fecero saltare in aria il 10 giugno 1995 con 10 chili di dinamite. Ci furono 23 morti e oltre 200 feriti: avvertimento al figlio primogenito di Botero, allora ministro della Difesa (e figlio della prima moglie Gloria Zea, collezionista d'arte, direttrice per 46 anni del Museo di Arte Moderna di Bogotá e anche ministro della Cultura). Botero decise di lasciarne i resti, come “monumento all'imbecillità”.

 

“Boterismo” è stato ribattezzato il suo stile, ormai imitato in tutto il mondo. Ricoverato per una polmonite in ospedale, era stato dimesso ed era tornato nella sua residenza nel Principato di Monaco, dove ha dipinto fino alla settimana scorsa. La figlia Lina dice che gli stava stringendo la mano quando è morto.

 

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