Foto di James Yarema su Unsplash 

Musei o luna park

La bancarotta di Lighthouse Immersive inverte la tendenza dell'arte come intrattenimento

Francesco Bonami

La più grande casa di produzione di eventi immersivi totali, da Van Gogh a Monet, ha fallito. Immergersi non solo costa ma spesso non funziona

Se per la carta stampata la minaccia più grande è arrivata da internet, per i musei del mondo il pericolo arriva, o forse meglio dire sembrava arrivare, da quelle che sono definite “esperienze immersive” che, usando sofisticate tecnologie, dal 3D alla realtà virtuale o aumentata che sia o anche banali proiezioni ad altissima definizione, trasformano la polverosa esperienza di stare in piedi davanti a pochi centimetri quadri di tela, il quadro, in un viaggio psichedelico che però a differenza di una droga allucinogena non ha nessuna controindicazione. O meglio nessuna controindicazione medica, mentre qualche controindicazione culturale e pedagogica ce l’ha. Dei bambini che crescono pensando che il cielo stellato di Van Gogh sia un vero cielo, visto che gli viene proiettato sopra la testa anziché, appunto, un piccolo dipinto appeso a un muro, non capiranno o sapranno più cos’è l’arte o cos’è stata per l’umanità. Ora non e’ un dramma immaginare un mondo senza arte: la maggior parte della popolazione mondiale vive decentemente senza incontrare mai nel corso della propria vita un’opera d’arte in carne ed ossa.

Tuttavia se l’arte, per quel che ne so, ha sempre fatto parte dei bisogni dell’umanità dai tempi delle caverne e su pochi centimetri quadri di tela o di legno che fosse si sono creati miti e universi nei quali intere civiltà s’immergevano per farne un’esperienza spirituale, un motivo ci deve essere. Trasformare questo motivo in un semplice intrattenimento da luna park a scopo di lucro forse non è sanissimo. Anche perché pare che tutto questo lucro non ci sia, visto che proprio in questi giorni Lighthouse Immersive, la più grande casa di produzione di eventi immersivi totali, da Van Gogh a Monet, visitati da quasi 7 milioni di persone disposte a sganciare 35 dollari a cranio per immergersi, ha dichiarato bancarotta. Questo significa che 7 milioni di visitatori a 35 dollari l’uno non bastano per un’esperienza visiva che sembrava destinata a sotterrare quella dei i musei e a far diventare la Mona Lisa un piccolo gadget originale. Immergersi, lo sanno quei poveracci che volevano andare a vedere il Titanic, non solo costa ma spesso non funziona. Lighthouse Immersive forse non ha studiato il mercato culturale con attenzione e ha commesso l’errore che spesso le nuove tecnologie commettono, pensare che al mondo ci siano più fessi di quanti in effetti ci sono. Infatti nel 2020 il numero totale di persone che hanno visitato un museo è stato più o meno 141 milioni, venti volte quello di Lighthouse Immersive.

L’arte è allora condannata a rimanere appesa a una parete e noi a stare in piedi a guardarla magari senza riuscire a capire cosa stiamo guardando ? Assolutamente no ! L’arte immersiva esiste eccome ma nasce proprio per trascinare dentro lo spettatore. Non è un Urlo di Munch stampato sopra un materasso. Pensiamo al Weather Project che l’artista Ólafur Elíasson creò per la Tate Modern di Londra nel 2003. Un grandissimo sole che non tramontava mai nella navata centrale del museo. In sei mesi, due milioni di spettatori, gratis, molti dei quali però avranno poi pagato il biglietto per guardare le opere appese alle pareti ai piani di sopra. Eliasson è un impressionista contemporaneo, ha trasformato l’esperienza di Monet sulla Senna in qualcosa di nuovo  La bancarotta di Lighthouse Immersive e’ un campanello d’allarme per chi pensa che senza intrattenimento l’arte non può essere divertimento. Il museo montagna russa non è stato ancora inventato. I visitatori coglioni non portano ancora abbastanza milioni.

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