Agence de presse Meurisse, via Wikimedia Commons 

uno stralcio

Antisemita, anticristiano, irascibile. Eppure vale la pena riconciliarsi con Céline

Fabrice Hadjadj

Un saggio del filosofo (ebreo e cattolico) Fabrice Hadjadj: "Nei miei testi occupa un posto di rilievo, come se ne rivendicassi l’esegesi accanto alla Bibbia", scrive sull'autore

Pubblichiamo uno stralcio del saggio del filosofo francese Fabrice Hadjadj che compare sul nuovo numero della rivista Vita e Pensiero (6/2022), il bimestrale culturale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. La rivista uscirà lunedì 16 gennaio. 


 

"Non credo più nelle facilità. Ho imparato a far musica, sonno, perdono e, vedete, anche bella letteratura, con piccoli pezzi di orrore strappati al rumore che non finirà mai. Passiamo oltre” (L.-F. Céline, Guerra, p. 28).

 

Sono ebreo, cattolico, non esattamente di destra, e amo Céline – antisemita, anticristiano, tremendamente irascibile e paranoico quanto al pericolo giallo e a quello rosso. Potrebbe essere il mio punto debole, il vizietto di cui vergognarsi: c’è il “célinismo” come c’è l’onanismo… Tanto più che subisco il suo stile alla maniera di un incantesimo sensuale, una lusinga simile a quella che mi provocherebbe la nudità di una bella adultera. Come Hugo (nonostante il suo sentimentalismo repubblicano), come Proust (anche se attraverso Albertine non fa altro che traslitterare i suoi amori con l’autista), Céline è uno di quelli che non posso leggere senza esser catturato dalla sua musica, dal ritmo, dalla cadenza. Ancora un po’ e mi farebbe marciare al passo dell’oca, quell’imbroglione! (Sentite, subito lo imito!) Non è così che si ipnotizzavano le folle a Norimberga – suoni e luci, fuochi d’artificio, riflettori della difesa antiaerea puntati a terra per attirare le anime come maggiolini?

 

Per peggiorare il mio caso (bisogna sempre peggiorare il proprio caso) non mi limito a leggerlo di nascosto, lo metto in bella evidenza – nel mio Paradiso, in Resurrezione, istruzioni per l’uso e nel mio ultimo opuscolo Ancora un bambino? Nei miei testi Céline occupa un posto di rilievo, come se ne rivendicassi l’esegesi accanto alla Bibbia. L’altro giorno, al mio figlioccio, pensando di adempiere così ai miei doveri di padrino, leggevo ad alta voce À l’agité du bocal (tradotto in italiano col titolo All’agitato in provetta), il suo pamphlet contro Sartre, e, credetemi, giubilavo.

 

Si noti del resto che non cerco di difenderlo. Niente abluzione per la collaborazione né battesimi frettolosi. Ha sostenuto l’“alleanza con Hitler”, si è dato alla meschina delazione, certo, per pacifismo, dopo la sua terribile esperienza nella grande guerra che gli ha messo come un treno a sferragliare in circolo nel cervello. Questo non lo giustifica. E nemmeno la genialità del suo stile. Ma è facile giudicare al tribunale del senno di poi. Che cosa sarei stato io in quel periodo malvagio? Conosco il mio peccato. Non la virtù, ma il fatto di essere ebreo mi avrebbe impedito di seguire la Francisque del maresciallo Pétain. Pur se avessi voluto con tutto il cuore fregiarmi della svastica mi avrebbero costretto a indossare la stella gialla. Dannazione! Dio riconoscerà i suoi.

 

Per fedeltà al magistero della Chiesa, dovrei forse ammettere nel mio pantheon letterario solo gli scrittori, spesso mediocri, muniti di un doppio certificato timbrato di battesimo e di buona condotta? Sarebbe un atto di fondamentalismo. Ci sarebbe solo il Vangelo da leggere, prendersi le sue encicliche e le sue sberle, e poi basta, in convento! Dal momento che il certificato di battesimo non è sufficiente a fare un artista e che richiederlo basterebbe a bloccarmi completamente, accetto anche i certificati di crapula.

 

Così facendo, credo di comportarmi da cristiano. Perché non si tratta di un piacere privato. Amo Céline come cattolico e perfino come ebreo. Gli Ebrei non sono forse usciti dall’Egitto portando via l’oro degli Egiziani? E il profeta non annunzia anche la salvezza di quell’Egitto idolatra: “Il Signore percuoterà ancora gli Egiziani ma, una volta colpiti, li risanerà. Essi faranno ritorno al Signore ed egli si placherà e li risanerà” (Is 19,22)? E san Paolo nella più antica delle sue lettere? “Esaminate ogni cosa, trattenete ciò che è buono” (1Ts 5,21). Questa è la regola: preferire il diamante nel fango alla paccottiglia nell’ovatta.

 

Alla fine, io metto in pratica la più stretta cattolicità – kata holos, in greco – quando “attraverso tutto” mi sforzo di cercare la perla, di discernere il buon grano tra la zizzania, sapendo che la separazione dei due non si farà che alla mietitura degli angeli. In breve, partecipo al raduno delle pecore perdute, le uniche che esistono, avendo perso me stesso e rischiando ancora di perdermi nella loro ricerca. Alla ricerca del cattivo Céline piuttosto che di Salveregine.

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