Foto di Elekes Andor, via Wikimedia Commons 

il ritorno degli dei

"Ci troviamo sull'orlo di un nuovo secolo buio". Chantal Delsol spiega la fine della cristianità

Giulio Meotti

"Ecologista, pagana, relativista, post cristiana: tutte identità nel caos senza ancora un vincitore". Così la filosofa autrice di "La fine della cristianità e il ritorno del paganesimo" racconta l'agonia di una civiltà

Uno studio prevede che nei prossimi anni la metà delle chiese della Germania dovrà chiudere (400 mila cattolici hanno lasciato la Chiesa nel 2021, record di sempre). Un ex arcivescovo di Canterbury ha detto che la cristianità in Inghilterra “è a una generazione dall’estinzione”. Il Monde rivela che fino a 9.500 chiese in Francia saranno vendute, distrutte o abbandonate nei prossimi dieci anni. Un terzo delle chiese di Bruxelles sono destinate a passare di mano. Tutta la diocesi di Amsterdam resterà con un pugno di chiese. Questo solo per citare cinque grandi paesi europei nella cronaca più recente. “Non abbiamo ancora preso piena coscienza della profonda trasformazione che si sta producendo nel nostro tempo: la fine di una civiltà vecchia di sedici secoli”, scrive Chantal Delsol nel suo libro uscito oggi in Italia per le edizioni Cantagalli, “La fine della cristianità e il ritorno del paganesimo”. Delsol è la più nota pensatrice francese cattolica contemporanea, ha fondato l’Istituto Hannah Arendt, è membro dell’Accademia di scienze morali e politiche (la “cupola” della cultura francese) e allieva del filosofo Julien Freund.

“Dopo molte esitazioni, uso questa agghiacciante parola: ‘agonia’. Infatti la morte della cristianità non è affatto una morte improvvisa. Salvo poche eccezioni, le civiltà non conoscono una morte improvvisa: si estinguono a poco a poco, in numerosi sussulti. La cristianità combatte da due secoli per non morire, e in questo consiste quella commovente ed eroica agonia”. La fine della cristianità è seguita non dall’ateismo e dal nichilismo, ma da nuovi miti e ideali. “Il mio maestro, Julien Freund, sebbene ossessionato dagli incubi della decadenza, parlava di una ‘Nuova èra’”. Quale caos di civiltà viviamo? “Sembra davvero un caos, perché si intersecano tanti elementi disparati” dice Delsol al Foglio. “Una cultura, o una civiltà a seconda del termine che si vuole usare, esiste e vive sulla base di tradizioni, costumi, morale e credenze comuni. Contiene sempre dibattiti, litigi tra correnti, ma si regge su una base e si muove in una direzione. Per due millenni la cultura occidentale è stata costruita sul fondamento ellenico-giudaico-cristiano e negli ultimi due secoli su quello dell’illuminismo, che perpetua il primo in modo diverso. E’ in nome dell’illuminismo che per due secoli abbiamo colonizzato il mondo intero, emancipato gli schiavi e poi le donne, diffuso il nostro pensiero e la nostra morale, concepiti come universali, ecc. Tuttavia, dalla seconda metà del XX secolo, le nostre certezze più antiche (il cristianesimo) e più moderne (l’illuminismo) sono state scosse e messe in discussione, prima da noi stessi e poi da altri. Ogni sorta di nuove certezze viene introdotta nella breccia, si scontrano, lottano e si sovrappongono. E’ sufficiente a far girare la testa. Non sappiamo davvero dove siamo o dove stiamo andando”. 

Lei spiega che le civiltà non scompaiono mai del tutto, ma trasmutano. Quali sono i contorni culturali della nuova civiltà post-cristiana e neo-pagana? “Non credo che esista ancora una civiltà post-occidentale, perché non c’è ancora nulla di fissato, non c’è una corrente dominante che si imponga e delinei un futuro condiviso. Esiste solo una moltitudine di correnti sparse. Citiamo le principali. Una corrente ecologista che tende a diventare panteista e neopagana, con la sua processione di riti e il suo catechismo, un pensiero ideologico e intollerante. Una corrente nata dall’illuminismo, universalista e globalista, che propugna il Grande Reset (una nuova forma di tabula rasa), sostenuta principalmente dalle élite e maggiormente concentrata sull’Europa e soprattutto sulla Germania, che diffonde un pacifismo ingenuo e un liberalismo cinico. Una corrente costituita dal cristianesimo rimasto in piedi, anche se in minoranza, che sviluppa una tendenza al tradizionalismo per il panico dei vinti della storia. Ciò è complicato dalla molteplicità delle correnti sotterranee. Naturalmente, in ogni cultura ci sono diverse correnti, e questa non è una novità. Ma la novità di oggi è che nessuna corrente è più legittima dell’altra. Non c’è più un pensiero o una convinzione dominante, ma solo pensieri e convinzioni che al momento sono illegittimi e che si contendono la legittimità dominante”.

Il cristianesimo è destinato a scomparire in Europa occidentale? I numeri sono drammatici, soprattutto sopra le Alpi. “E’ difficile dire perché questo crollo si sia accelerato così tanto nella seconda metà del XX secolo. Il cristianesimo è stato in pericolo, e contestato, per due secoli, ma durante il XIX secolo si è difeso bene. Credo, da parte mia, che la prima metà del Novecento sia stata drammatica, quando si pensava di difendere la propria esistenza grazie ai vari fascismi e corporativismi (Franco, Salazar, Mussolini, Horthy, Seipel). Questo fu il colpo di grazia e mise fortemente in discussione l’onore del cristianesimo resistente: che valore ha una religione che pretende di difendere la propria esistenza con mezzi così patetici? Credo anche che il cattolicesimo abbia sofferto molto del machiavellismo sviluppato nella prima metà del XX secolo attraverso il maurrasismo: quando la religione viene descritta solo come una struttura per far stare in piedi le società, senza una fede viva è naturale che non stia in piedi a lungo... So che questi argomenti possono essere contestati. Resta il fatto che, a partire dagli anni 60, sono state approvate le prime leggi sull’aborto e, contemporaneamente, è diminuito rapidamente il numero di bambini iscritti ai corsi di catechismo. Ma siamo chiari: è la cristianità che sta scomparendo, non il cristianesimo. Le cosiddette leggi sociali ci mostrano che non siamo più nella cristianità. Ma il cristianesimo è ancora presente, anche se in minoranza”. 

E’ una coincidenza che oggi si stia vivendo una sorta di redde rationem culturale e ideologico tra l’occidente e la Russia? “I diversi rami del cristianesimo non si sono adattati allo stesso modo alle idee moderne. Il protestantesimo è il ramo che non solo ha abbracciato le idee moderne, ma ha anche contribuito in modo determinante alla loro realizzazione (è stato il protestantesimo anglosassone a contribuire in modo determinante all’emancipazione degli schiavi e delle donne nel XIX secolo). Il cattolicesimo è stato riluttante alla modernità, prima in modo radicale (il Sillabo, poi i fascismi corporativi), poi in modo più flessibile ma fermo, a partire dal Concilio Vaticano II e fino a oggi. Ma il ramo ortodosso è rimasto immutato dall’antico regime – e per una buona ragione: i paesi in cui si è sviluppato non sono stati praticamente toccati dall’illuminismo, quindi il pensiero moderno non è riuscito nemmeno a scalfire il cristianesimo di queste regioni. Inoltre, per il paese principale per quanto riguarda l’ortodossia, ci sono i 70 anni di comunismo, da cui la religione ortodossa è emersa come un cibo congelato, che si scongela e riappare nel suo stato precedente... La distanza tra l’Europa occidentale e la Russia di oggi è quindi immensa: la Russia è nel XVIII secolo, noi siamo nel XXI. Ecco perché la guerra per l’Ucraina è fratricida e violenta: per noi i russi sono correligionari rimasti indietro, come fratelli bloccati in uno stato infantile. Probabilmente preferiremmo che la terra smettesse di girare, piuttosto che tornare alle monarchie autocratiche che hanno segnato l’infanzia dei nostri popoli e che i russi continuano a legittimare. Ecco perché vogliamo fargliela pagare...”. 

Il “woke” anglosassone è una religione sostitutiva? “Il mio collega e amico Jean-François Braunstein (il Foglio lo ha intervistato tre settimane fa) ha appena scritto un bel libro in cui considera il ‘woke’ come una religione. Io preferirei parlare di un’ideologia. Il ‘woke’ è tipicamente un erede del marxismo, dal quale assume una serie di tratti, dalla filosofia politica della lotta alla morale egualitaria. Certo, è stato detto (ad esempio da Voegelin) che il marxismo ha funzionato come una religione sostitutiva, e questo è vero – in questo senso è vero anche per il ‘woke’. D’altra parte, c’è nel ‘woke’, non dappertutto ma ai margini, il nichilismo: intendo la volontà di negare la realtà più evidente (per esempio nel transgenderismo o nel femminismo). Direi piuttosto che il woke si aggrappa a questa morale umanitaristica che è la nostra di oggi, figlia denaturata della morale cristiana, diventata essa stessa una religione”. 

In che modo l’islam approfitta della nostra debolezza? “Non c’è modo più utile per comprendere l’avanzata dell’islam in questa situazione che rivedere lo stato sociale di Roma nel V secolo d. C., al tempo delle grandi invasioni. Intendo dire che ci troviamo in una situazione di imbarbarimento. Popoli esterni, molto meno civilizzati di noi, si precipitano verso la nostra opulenza e il nostro sapere, saccheggiandoli e distruggendoli come si può, con tanto risentimento quanta invidia, distruggere un giocattolo che non si è riusciti a ottenere da soli. Solo che nella tarda Roma i popoli barbari arrivavano armati e facevano razzie violente. Oggi, al contrario, si impongono con la nostra debolezza – ma ci imbarbariscono ancora (basta ascoltare gli insegnanti delle scuole superiori che ci raccontano come sia loro impedito di parlare di tolleranza e laicità nelle loro classi, perché i giovani musulmani non lo accettano). Qualcuno potrebbe sorprendersi che io definisca barbara la cultura musulmana, che è stata capace di una tale raffinatezza nel corso della storia. Questo lo riconosco: ma credo che oggi, dopo due secoli di modernità, una cultura che continua a vivere sulla schiavitù di metà della popolazione (le donne) sia una cultura barbara. E non credo affatto, come alcuni fanno, che l’islam ‘sostituirà’ il cristianesimo, se non altro per questo motivo: le donne occidentali non accetteranno di sottomettersi a una religione in cui gli uomini sono dotati di una superiorità ontologica – ‘Allah preferisce gli uomini’ dice il Corano (Sura 4). Ora siamo fra due barbarie, i postmoderni che somministrano ormoni ai bambini piccoli per fargli ‘cambiare sesso’. E, parlando di musulmani, la barbarie di una società che può vivere solo schiavizzando parte della sua popolazione”. 

Un giorno ripenseremo a questi anni. Come li giudicherà lo storico del futuro? E in che tipo di occidente vivrà? “Credo che il momento attuale sarà visto come il momento di rottura durante il quale la civiltà cristiana, vecchia di quindici o venti secoli, è svanita (dipende da come si conta). Possiamo vedere chiaramente come tutto stia cadendo a pezzi, e mi sembra che gli storici si avventeranno su queste disintegrazioni. Ma quali sono le principali tendenze che sostituiranno tutto questo? Non lo sappiamo. Vediamo emergere delle tendenze, ma non sappiamo quali cresceranno e supereranno le altre. Ad esempio, alcuni pensano che ci stiamo dirigendo verso un mondo alla Huxley, post umanista e ridotto alla tecnologia. Altri credono che la saggezza stoica o asiatica prenderà il sopravvento e ci porterà a società lente e pacifiche, libere dalle precedenti morali ma produttrici di stati forti. Sono possibili molti percorsi. Ma è possibile che ci troviamo sull’orlo di qualche nuovo ‘secolo buio’. La fine del cristianesimo e del suo universalismo, correlata alla fine della modernità e del suo universalismo, per lasciare il posto alla post-modernità, che è l’età delle particolarità, dà luogo non solo a una molteplicità di credenze, ma anche a una molteplicità di egemonie mondiali, come possiamo vedere oggi anche nelle questioni internazionali. E’ un grande disordine che si sta preparando, a tutti i livelli”. 

Siamo di nuovo al grido di Plutarco (“il grande Pan è morto”)? “Il tempo presente racconta il ritorno del grande Pan: il cerchio si chiude” conclude Delsol. “Educare i bambini alla fede oggi significa produrre soldati per Waterloo. Dovranno fare i conti con inevitabili fallimenti sociali, e comportarsi come il cavaliere della fede di Kierkegaard: rassegnato, ma ugualmente capace di camminare all’infinito. A vista d’uomo, non vi è una rinascita della cristianità all’orizzonte”. Siamo dentro la profezia di Paul Valéry: “Constatiamo che l’abisso della storia è ora abbastanza grande per tutti”.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.