(foto Ansa)

Due passi nella galleria d'arte Venezia

Francesco Stocchi

La Biennale non è più solo una mostra, è diventata un ecosistema culturale che abbraccia l’intera città. Che cosa scegliere? Cosa vedere? Ecco una guida per orientarsi tra i maestri e le ultime tendenze dell’arte contemporanea

La Biennale di Venezia non è solamente la mostra più popolare e antica al mondo. Giunta alla 59° edizione, si è sviluppata divenendo ben più che una mostra. C’è chi la vede come i Giochi olimpici dell’Arte con la sua (solo apparentemente obsoleta) struttura organizzata intorno a padiglioni nazionali. Quello che è sicuro è che è divenuta negli anni un ecosistema culturale, ben oltre le sue sedi, che abbraccia l’intera città di Venezia. Possiamo dire che l’ormai nota, inesorabile involuzione della popolazione veneziana è inversamente proporzionale all’espansione della Biennale.

 

La città con sempre più spazi a disposizione accoglie un po’ ovunque, oltre che turisti, “visitatori” di mostre temporanee, fondazioni permanenti, eventi pop up che spuntano un po’ ovunque in un crescendo dove c’è sempre dell’arte in agguato pronta a offrirsi agli avventori. Questo ecosistema, in parte centralizzato intorno alla Fondazione Biennale (gli eventi ufficiali sono marchiati dal logo rosso), in parte autonomo e in parte spontaneo, è troppo ricco e variegato per poter essere assorbito in una sola, prima visita. Dopo la settimana di vernice a fine aprile, le mostre continuano nell’estate e proseguiranno in autunno, fino a fine novembre. Cercare di contenere tutto lo scibile è esercizio impossibile. Cosa scegliere? Come orientarsi? Ecco una guida pragmatica per districarsi attraverso l’ecosistema Biennale: nove mostre, elencate in ordine libero di importanza, gusto e ubicazione geografica, per muoversi con criterio attraverso l’arte contemporanea a Venezia. 

(foto Ansa)


Francis Alÿs

The nature of the game
Padiglione del Belgio - Giardini della Biennale (fino al 27 novembre)

Osservare, indagare e documentare il comportamento umano nella vita urbana è una costante del lavoro di Alÿs. I suoi film registrano, in modo etnografico, sia il potere della tradizione culturale sia gli atteggiamenti liberi e autonomi dei bambini, anche nelle situazioni più conflittuali. L’artista belga presenta una selezione di nuovi cortometraggi girati dal 2017 a Hong Kong, nella Repubblica Democratica del Congo, in Belgio, Messico, solo per citarne alcuni. Filmando senza interferire, l’artista rivela le regole nascoste del gioco, l’ingegnosa interazione dei bambini con l’ambiente, la loro profonda complicità e il loro stato d’animo di speranza e gioia. L’installazione invita il visitatore a camminare attraverso un labirinto di schermi come se si trovasse nel mezzo di un parco giochi globale. Il suono e l’immagine dei diversi film interagiscono tra loro, frammenti che formano un insieme, allegorie che traducono la complessità di una realtà a volte dura.

Stan Douglas

ISDN
Magazzini del Sale n. 5 (fino al 27 novembre)

Negli imponenti spazi dei Magazzini del Sale, l’artista canadese presenta la video-installazione a due canali ISDN, una collaborazione fittizia tra musicisti di Londra e del Cairo che fonde il il genere Grime, emerso a Londra a metà degli anni Duemila, e il Mahraganat, musica da festival divenuta contemporaneamente popolare nel mondo arabo. Nati dal malcontento popolare, questi generi, come sottolinea Douglas, “sarebbero letteralmente diventati la colonna sonora della rivolta giovanile”. Strati di suono e ritmo si intrecciano con musica e immagini, muovendosi in un gioco di call-and-response che scardina i parametri tra ciò che si vede e ciò che si ascolta in modi sorprendenti e senza precedenti.


Jonathas de Andrade 

With the heart coming out of the mouth
Padiglione del Brasile - Giardini della Biennale (fino al 27 novembre)

Jonathas de Andrade ha trasformato il Padiglione del Brasile in una giocosa installazione composta da video, immagini e sculture di varie parti del corpo umano. Intitolata Con il cuore che esce dalla bocca, la mostra prende in esame le espressioni popolari brasiliane che si riferiscono metaforicamente al corpo quali “nodo in gola2, “da un orecchio all’altro”, “occhio del ciclone”, etc. Si entra attraverso un gigantesco orecchio e si esce attraverso l’altro. Nel mezzo, rappresentazioni del corpo umano che traducono modi di dire popolari che descrivono sentimenti e situazioni. Queste parti isolate e oggettivate trascendono anche il corpo stesso quando entra in gioco un altro elemento strutturale di questa mostra: il linguaggio e la sua ironia.

Fondazione In Between Art Film

Penumbra
Ospedaletto e chiesa di Santa Maria dei Derelitti (fino al 27 novembre)

Ambientata intorno a un palcoscenico in cui immagini, suoni e scenografia sono in dialogo reciproco, Penumbra è una mostra collettiva a cura di Alessandro Rabottini e Leonardo Bigazzi che presenta otto nuove installazioni video commissionate a Karimah Ashadu (1985, Regno Unito), Jonathas de Andrade (1982, Brasile), Aziz Hazara (1992, Afghanistan), He Xiangyu (1986, Cina), Masbedo (Nicolò Massazza, 1973 e Iacopo Bedogni, 1970, Italia), James Richards (1983, Regno Unito), Emilija Škarnulyte (1987, Lituania) e Ana Vaz (1986, Brasile). Un’esperienza avvolgente, occasione per misurarsi con una diversità di linguaggi di un genere in continua evoluzione. Nei casi più riusciti, il modo migliore per raccontare un mondo in rapida metamorfosi.


Zineb Sedira

Dreams Have No Titles
Padiglione della Francia - Giardini della Biennale (fino al 27 novembre)

Il Padiglione francese presenta la mostra multidisciplinare dell’artista di origini algerine Zineb Sedira. Un’installazione immersiva composta da film, scultura, fotografia, suono e collage.  Sedira utilizza la narrazione autobiografica, la fiction e il documentario per far luce sulle solidarietà internazionali passate e presenti legate alle lotte storiche di liberazione. Il film, girato all’interno delle scenografie in mostra, suona come un ammonimento sul fallimento di una promessa emancipatoria che, per molte persone, rimane un sogno incompiuto, per non dire impossibile. L’artista affronta un importante punto di svolta nella storia della produzione culturale, intellettuale e d’avanguardia degli anni Sessanta-Settanta, soprattutto in Francia, Italia e Algeria, concentrandosi su un repertorio di coproduzioni cinematografiche di tipo attivista, che hanno avuto un notevole impatto sui movimenti postcoloniali. 

Arcangelo Sassolino

Diplomazia astuta
Padiglione di Malta - Arsenale della Biennale (fino al 27 novembre)

Il progetto è una risposta alla Decollazione di San Giovanni Battista (1608) di Caravaggio (La Valletta). Attraverso questa rappresentazione odierna del dipinto, l’opera di Arcangelo Sassolino dispiega la pala d’altare nello spazio del Padiglione di Malta dove luci e ombre si fondono in un allestimento multisensoriale. Iscritte in una grande gabbia di metallo, gocce di fuoco cadono dal soffitto spegnendosi in vasche di alluminio riempite d’acqua. Il ritorno di questa pioggia di fuoco è orchestrato dalla composizione musicale di Brian Schembri che conferisce alla mostra un silenzio di carattere spirituale, per poi svilupparsi in un crescendo cinematografico e culminare in un climax catartico. 

Anselm Kiefer

Questi scritti, quando verranno bruciati, daranno finalmente un po’ di luce
Sala dello Scrutinio, Palazzo Ducale (fino al 29 ottobre)

Seguito un percorso prestabilito, una volta entrati in una delle mostre più chiacchierate della Biennale, si è invasi dall’odore della vernice. La megalomania di Kiefer mette in soggezione, l’artista tedesco si occupa di alchimia, mito e dualismi cosmici, i suoi temi sono grandi quali il caos e l’ordine, la negazione e la rinascita. Kiefer ha realizzato giganteschi dipinti che coprono le opere di alcuni dei più grandi pittori veneziani, tra cui Tintoretto, Palma il Giovane e Andrea Vicentino. Le opere  sono dense di vernice, piombo e altri metalli che brillano d’argento e d’oro. Alle loro superfici sono attaccati grano, scale, modellini di navi, vestiti e carrelli della spesa pieni di blocchi di carbone. Decisamente troppo? C’è più di un motivo per vederlo. 

Malgorzata Mirga-Tas

Re-enchanting the World
Padiglione della Polonia - Giardini della Biennale (fino al 27 novembre)

Il progetto di Malgorzata Mirga-Tas si ispira al rinascimentale Palazzo Schifanoia e amplia l’iconosfera europea e la storia dell’arte con rappresentazioni della cultura rom. Il padiglione polacco presenta un’installazione che copre tutte le superfici dello spazio: dodici pannelli rivestiti con le raffigurazioni dei dodici mesi dell’anno in tessuti di grande formato, che si ispirano agli affreschi astrologici di Palazzo Schifanoia. I simboli del palazzo, tra cui i segni zodiacali, il sistema dei decani, i cicli temporali e la migrazione delle immagini attraverso il tempo e i continenti, sono punti di riferimento che l’artista inscrive nell’identità polacco-romena e nell’esperienza storica popolare, costruendo l’iconografia della più grande minoranza europea.

Marlene Dumas

Open-End
Palazzo Grassi (fino all’8 gennaio)

Una rassegna sulla carriera della pittrice sudafricana che la consacra come una delle pittrici viventi più vitali. Dumas dipinge ritratti di teste e composizioni multiple più grandi, realizzati in oli diluiti che rendono i dipinti trasparenti come l’acquerello. Dumas lascia che traspaia ogni pennellata, ogni dubbio, ogni omissione. I suoi ritratti possono sembrare facili: transizioni nette, luce sbiancante, spesso sessualmente espliciti. La Dumas è fondamentalmente innamorata della realtà, ma si concede tocchi espressionistici e una buona dose di umorismo sornione cercando di sorprendere innanzitutto sé stessa, prima che lo spettatore. 
 

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