(foto di Ansa)

INHERENT VICE

Christ in Concrete, "bibbia" degli immigrati italiani in America di inizio '900

Alberto Fraccacreta

Un viaggio brutale e religioso nella vita degli italiani trapiantati negli Stati Uniti al principio del secolo scorso, raccontato da chi quella storia l'ha vissuta in prima persona. Il racconto, edito nel 1937 e poi trasfromato in romanzo due anni più tardi, ha fatto la storia della letteratura americana  

Geremio era originario di Vasto e sua moglie Annunziata di Taranta Peligna in Abruzzo. Lui s’imbarcò da Napoli il 6 aprile 1906, un mese dopo il matrimonio, destinazione Ellis Island, New York. Lei riuscì a raggiungerlo dopo circa tre anni. In New Jersey nel 1911 nacque Pietro, primogenito, a cui seguiranno sette fratelli.  Il Venerdì Santo del ’23 Geremio, capomastro di un cantiere edile, muore a causa di una colata di cemento: la colpa è sospesa tra la fatalità e i soprusi del caporalato. Pietro prende in mano le redini della famiglia, lasciando immantinente gli studi e lavorando anch’egli come manovale. Dopo quattordici anni dalla scomparsa del padre, nel ’37, pubblica su Esquire il racconto Christ in Concrete, che sarà ampliato ed edito in forma di romanzo due anni più tardi. Del ’49 è l’adattamento cinematografico Give Us This Day con la regia di Edward Dmytryk.

 

La traduzione di Cristo fra i muratori, vera e propria Bibbia degli immigrati italiani, ebbe numerose traversie: uscì nel ’41 grazie a Valentino Bompiani, fu sequestrata, fu poi revocato il sequestro ma venne redatta una seconda versione con parti censurate e un risvolto di copertina in cui si sottolineava la natura autobiografica dell’opera. Come informa Nicola Manuppelli, curatore per readerforblind di una nuova traduzione del testo (con prefazione di Sandro Bonvissuto, 376 pp., 19 euro), “la prima edizione del volume non nominava il traduttore, anche se venne successivamente identificato in Eva Amendola, moglie del leader antifascista Giovanni Amendola e non particolarmente gradita al regime [...]. Sembra che Amendola non fosse l’effettiva, o almeno l’unica traduttrice. Il vero traduttore potrebbe essere stato un intellettuale antifascista il cui nome non poteva apparire in stampa all’epoca. La traduzione fu sottoposta a censura retroattiva. [...] I ragazzi ebrei diventano russi, ogni accenno a nomi e cultura ebraica è modificato o tagliato. Ne esce un romanzo diverso, più corto, con meno sfumature”.

 

Al di là delle difficoltà storiche, Cristo fra i muratori è un poema narrativo in cui il brutale realismo tipico della letteratura Usa – il ’39 è l’anno di Furore di John Steinbeck – si mescola a un lirismo talora esacerbato e apocalittico: “Che tu sia benedetto, Gesù. Ho lottato contro vento e freddo. Una alla volta ho sistemato le pietre al loro posto con le mie mani mentre l’Edificio cresceva. Ho guadagnato un po’ di pane per me e la mia famiglia”. Il Lavoro è una sorta di bestia personificata che si oppone al benessere degli uomini: contro di essa i muratori, spezzati in due dalla fatica, devono combattere ogni giorno (“la sua anima lottava con le membra del Lavoro, che incombeva minaccioso nel suo rigido silenzio”). Di grande impatto emotivo è la morte Geremio, reo di aver soltanto sognato un futuro radioso per la propria famiglia: “Madre mia... Madre di Dio... Annunziata... Figli miei... Tesori miei... Pietà, Gesù, Giuseppe e Maria, invocava la sua lingua ormai ricoperta da una schiuma blu”. 

 

La fede degli italiani trapiantati negli Stati Uniti è messa a dura prova dalle continue difficoltà di sopravvivenza. Paul, alter ego di Pietro, è percorso da una violenta crisi spirituale, lenita dalla grande religiosità di sua madre Annunziata, che chiude il libro con un suggello di benedizione, segno vibrante del cattolicesimo americano: “E mentre lui la stringeva forte a sé, lei si allontanò... E canticchiava: Ne’, ne’, ne’/ Che bello lui/ Il piccolo Paul mio/ Gesù stesso/ Ha glorificato la nostra casa/ Sì, sì, sì,/ Mi è stato donato il mio Paul/ Dalla Madonna/ E dal suo figliolo/ Lui poserà/ Il muro più alto e luminoso che ci sia/ Ne’, ne’, ne’... Con la mano intorpidita fece un cenno. ‘Bambini meravigliosi... Amore... Amore... Amore... Amate sempre il nostro Paul... Che sia la vostra guida’”. 

 

In Storia della letteratura americana (Rizzoli, 2013) Guido Fink e sodali lodano “l’asciuttezza tagliente e anche aggressiva” dell’Italglish di Pietro Di Donato, il quale sarà autore di romanzi su santa Francesca Saverio Cabrini (Immigrant Saint, 1960) e su santa Maria Goretti (The Penitent, 1962), e seguirà giornalisticamente il rapimento di Aldo Moro nel ’78 (Christ in Plastic). Ma Cristo fra i muratori è la sua opera più nota, un testo scabro ed essenziale che ha ancora molto da dire sull’immane tragedia delle morti bianche.

 


Questa è la quinta puntata della rubrica Inherent Vice. Come prescrive il diritto marittimo, il “vizio intrinseco” è tutto ciò che non è possibile evitare. Potrebbe essere anche una visione specifica, una chiave di accesso della letteratura americana, a cui questa rubrica è dedicata.

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