inherent vice

Thomas Pynchon, che è ovunque ma nessuno sa dove sia

Alberto Fraccacreta

Dello scrittore americano si conosce poco o nulla. Qualcuno pensava fosse Salinger. Mentre c'è chi crede che si celi dietro a un misterioso produttore cinematografico su Twitter

Ma lo sapete che, se siete ora a New York, qualsiasi passante al vostro fianco può essere Thomas Pynchon senza che ve ne accorgiate? Sì, proprio quel simpatico vecchino che aiutate ad attraversare l’incrocio tra la 87th Ave e la 147rd Street. O l’irascibile barbuto lì a inveire contro il businessman di turno che lo ha superato alla fila dell’ortofrutticolo, da Union Square Greenmarket. O l’hippie canuto e capellone in abiti sbrindellati che ancheggia sotto il vostro raggio visivo dalle parti di Upper West Side. Chi può dirlo? 

Mentre i basettoni da italoamericano di Don DeLillo ci sono abbastanza noti da poterli riconoscere e additare per strada (occhio, vive nella zona del Bronx), e altrettanto si può asserire per il severo cipiglio e la fronte spaziosa di Cormaccone McCarthy, riguardo a Pynchon non potremmo aggrapparci ad alcunché. Di lui abbiamo tre o quattro foto in bianco e nero, non particolarmente leggiadre, appartenenti agli annuari dell’Oyster Bay High School. In verità, qualche scatto furtivo di Thomas con una fluentissima chioma nivea e un bastone da passeggio gira sul web, ma è davvero lui?

Il livello di nascondimento di Pynchon è tale che Salinger al confronto sembra il gran Mogol in una storia del Topolino sulle Giovani Marmotte. Persino McCarthy ha ceduto un paio di volte al vizio dell’intervista. Pynchon mai. MAI. La sua avversione – la sua maniacale allergia – per i giornali e i giornalisti, per i premi e i premianti non ha subìto incrinature, sin dalla pubblicazione dell’ingarbugliatissimo e geniale romanzo d’esordio V. (1963), condito di segnaletiche ebraiche e cattoliche. Abbiamo provato a scrivere un’email a Melanie Jackson, moglie e agente (logico: tanto per accorciare drasticamente il numero di persone a conoscenza del suo volto), ma nulla da fare. Nessuna risposta (d’altra parte non avrebbe potuto neanche replicare la sempre valida scusa: “Chiedi al suo agente”).

Le ipotesi sulla reale esistenza di Pynchon, dal sapore squisitamente parmenideo, sono alquanto variegate. C’è chi – il settimanale Soho News – ha detto che Salinger è Pynchon. Mirabile capacità di sintesi! Purtroppo, quel bricconcello di Thomas si è preso la briga di rispondere con un telegramma postmoderno: “Niente male, riprovateci”.  Tifoso della Juventus, amante dei camei (con un sacchetto in testa nell’episodio dei Simpson Diatribe of a Mad Housewife del gennaio 2004, e una sua probabile apparizione nel film diretto da Paul Thomas Anderson nel 2014, Inherent Vice, dall’omonimo romanzo che dà il titolo a questa rubrica), embricato nelle labirintiche trame e nell’esasperante nominalismo dei suoi libri, Pynchon è innanzitutto un’ombra sfuggente e irresistibile che pare uscita dall’Incanto del Lotto 49 (1966) o da Vineland (1990)

Insomma: lui stesso è più Pynchonesque di Oedipa Maas o di Larry Doc Sportello. O di Herbert Stencil. O di Zoyd Wheeler. O di Frenesi Gates. O di Veronica Manganese. O di Benny Profane. È più personaggio dei suoi personaggi. La sua fantasia è gigantesca, inarrestabile, furiosa e ci lascia sgomenti. È interessante l’ultima delle teorie di “controspynchonaggio” (sic), ripresa in un bell’articolo di Rivista Studio dello scorso novembre. Secondo Reddit, dietro all’account Twitter dell’immaginario produttore cinematografico Sam Harpoon, presente nell’ultimo film di Anderson, Licorice Pizza (2021, distribuito da poco nelle sale cinematografiche italiane), si celerebbe proprio lo scrittore newyorkese. Prove? Una serie di rimandi interni all’opera snocciolati nei suoi elaboratissimi tweet. Ecco, ad esempio, cosa ha postato il fantomatico Sam l’11 luglio 2021 (riportiamo il testo in traduzione): “Gurdjieff una volta scrisse: ‘L’essenza è la verità nell’uomo’. Questa era la filosofia guida al centro di Juju and the Caper Crew che ho realizzato per la Fox nel 1974. Tuttavia, a causa di un problema di finanziamento con Westinghouse, è stato proiettato solo alla base di addestramento della NATO a Stettino. Grande film! SH”. Ebbene, Ben Sixsmith su Spectatorworld commenta: “Ci sono vari elementi pynchoniani: l’umorismo ingannevole, la filosofia esoterica e le strategie militari”. Sì, potrebbe essere. Anche sintatticamente parlando. E ontologicamente. Poiché non è da nessuna parte, Thomas Pynchon è ovunque. 



Questa è la quarta puntata della rubrica Inherent Vice. Come prescrive il diritto marittimo, il “vizio intrinseco” è tutto ciò che non è possibile evitare. Potrebbe essere anche una visione specifica, una chiave di accesso della letteratura americana, a cui questa rubrica è dedicata.

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