Foto  EPA/ANDREJ CUKIC

Un giallo storico chiamato Russia

Paolo Nori

Per chi si sente in mezzo a questa guerra nello stesso modo in cui Pierre Bezuchov stava nel mezzo della battaglia di Borodino, e cioè non ci capisce niente. Si può sempre studiare l’intervista di Jurij Dud’ allo scrittore Boris Akunin

Alcuni giorni fa uno studente della Leiden University in Olanda, membro del comitato Russia ed Eurasia del corso triennale di International Studies, Riccardo Silenzi, mi ha avvisato che l’università ha chiesto di posticipare la prevista proiezione della Corazzata Potëmkin, capolavoro di Sergej Eizenštein, per evitare polemiche legate alla situazione in Ucraina.

Tiziana Della Rocca ha segnalato su Twitter che in Spagna è stata vietata la proiezione di Solaris, di Tarkovskij, e che in Lituania hanno vietato la proiezione di un documentario su Velimir Chlebnikov, che Dio lo benedica, il poeta russo che ha scritto Rifiuto, che fa così: “Per me è molto più piacevole / Guardare le stelle / Che firmare una condanna a morte. / Per me è molto più piacevole / Ascoltare la voce dei fiori, / Che sussurrano ‘E’ lui’ / Chinando la testolina, / Quando attraverso il giardino, / Che vedere gli scuri fucili della guardia / Uccidere quelli / Che vogliono uccidere me. / Ecco perché io non sarò mai, / E poi mai, un Governante”. 

Mia mamma, quando ero un ragazzo, che facevo qualcosa di brutto, che la faceva star male, mi diceva “Paolo, ma cosa sei diventato?”. E a me è venuto da pensare “Cosa stiamo diventando?”.

   

1. Cosa devo fare

Dopo, l’altro giorno, quando ho saputo che la Filarmonica di Cardiff ha eliminato, dal suo concerto del 18 marzo, l’Ouverture 1821 di Pëtr Il’ich Chajkovskij perché “Inopportuna, in questo momento”, io ho guardato per un po’ la mia biblioteca e ho pensato “Cosa devo fare dei miei libri russi?”. E ho postato la domanda sui social e ho aggiunto: “Chissà se qualche diligente esecutore delle sanzioni vuole darmi una risposta”. 

Nessuna risposta.

Mi sembra. 

Che io, le domande sui social le posto, ma poi le risposte non le leggo mica tutte. 

 

2. Pierre Bezuchov

Sento tanta gente che sa come sta andando la guerra, come andrà a finire, cosa deve fare Putin, cosa deve fare Zelensky, cosa deve fare l’Europa, cosa deve fare la Nato, gente che capisce perfettamente il sottotesto di Lavrov, e a me non sembra neanche che ne abbia uno, e non mi sembra nemmeno che ci sia un’Europa, e la Nato non so neanche com’è pitturata, come dicono a Parma. 

Mi sembra di essere in mezzo a questa guerra nello stesso modo in cui Pierre Bezuchov, in Guerra e pace, stava nel mezzo della battaglia di Borodino: non ci capisco niente. Vedo dei cavalli, dei cannoni, della gente che corre, ma il disegno complessivo di quel che è successo, di qual che succede e di quel che succederà mi sembra mi sfugga completamente. 

Allora ho pensato che forse devo studiare, e ho trovato una lunga intervista che Jurij Dud’ ha fatto a Boris Akunin e, negli ultimi due giorni, con l’aiuto di due giovani russiste, Verdiana Neglia e Irene Verzeletti, l’ho tradotta e riassunta per il Foglio. 

 

3. Akunin

Boris Akunin è uno studioso di culture orientali, giapponese in particolare, che è diventato, dalla fine degli anni Novanta, forse il più noto scrittore russo vivente, autore di una fortunatissima serie di gialli storici e di una notissima Storia della Russia in più volumi. 

Se dovessi paragonare Boris Akunin (che in realtà si chiama Grigorij Shalvovich Chjkhartishvili, ma che noi, per semplicità, chiameremo Akunin) con un autore italiano, direi che è una specie di Alessandro Barbero un po’ più popolare. La sua intervista su con Dud’, nei primi quattro giorni è stata vista, su Youtube, da 16 milioni di spettatori.

La scelta dello pseudonimo sembra dipenda da una parola giapponese, che si pronuncia Akunin e che significa “vile, scellerato”. 

Qualcuno dice che Akunin ha scelto questo nome proprio perché ha una passione per i personaggi negativi, e non sorprende, in questo momento, che la lunga intervista che Akunin ha concesso a Vdud’ abbia come oggetto Vladimir Vladimirovich Putin. 

  

4. Figure luminose nella storia russa

La prima domanda di Dud’ è “Dove si trovava il 24 febbraio, il giorno dell’attacco russo all’Ucraina?”. 

“Il 24 febbraio, risponde Akunin, mi trovavo in Spagna, dove ero andato per scrivere un libro; lo stavo scrivendo con piacere, e mi sembra stesse venendo molto bene; il libro si intitola Figure luminose nella storia russa, è una materia che mi piace, mi interessa. Il 24 febbraio la storia russa ha fatto l’ennesima brusca sterzata, сhe ha sbalzato fuori  me e tutti noi dalle nostre vite normali; il libro l’ho abbandonato, non so se lo riprenderò mai, e quello che succederà alla storia della Russia, in questo momento, non saprei proprio dirlo”.

 

5. Delle cartelline

Secondo Akunin, quando un grande paese è in mano a una sola persona per molto tempo, quella persona perde il contatto con la realtà, è troppo lontano, guarda da un’altezza eccessiva tutti questi moscerini, si fa un’idea del mondo tutto sua, si immagina, grazie anche a quelli che lo circondano, prima di tutto di essere infallibile, e di sapere, meglio di chiunque altro, cosa bisogna fare, e anche di essere l’unto di Dio, e perciò di poter vedere più lontano, meglio di tutti. 
Succede anche, secondo Akunin, che un soggetto del genere diventi ostaggio della propria cerchia, soprattutto se si tratta di una persona come Putin che è come se vivesse nel Ventesimo secolo che non usa nemmeno internet. Lavora alla vecchia maniera, come Brezhnev, come Chernenko, gli passano delle cartelline, e queste cartelline gliele passano delle persone che, prima di tutto, hanno i loro interessi privati, secondariamente conoscono il loro capo, quel che gli piace, quello che non gli piace. Il risultato di tutto ciò sarebbe il fatto che, dopo un po’ di tempo, il governante si viene a trovare in un mondo illusorio; in questo mondo illusorio l’Ucraina è un paese che sopporta a fatica un governo di neonazisti e di tossicodipendenti, e sarà sufficiente presentarsi in Ucraina perché quel governo crolli, e l’esercito ucraino è un esercito irrisorio e non vale niente, e l’occidente è debole e scapperà via appena avrà a che fare con la potenza delle Russia. 

“Così – dice Akunin – mi immagino la sua struttura mentale”. 

 

6. Un parallelo storico

“Se dobbiamo pensare a un parallelo storico, c’è una trappola in cui cadono sempre i governanti di questo tipo; questa trappola si chiama ‘Piccola guerra facile da vincere’. E’ successo moltissime volte, nella storia. Quando un paese comincia ad avere problemi seri, nel campo dell’economia, quando a diverse persone viene a mancare il sostegno materiale,  al governante viene la tentazione di mettere in piedi una piccola guerra facile da vincere,  e i suoi consiglieri  gli dicono ‘Sì sì sì sì sì’. Il governante si immagina che la guerra sarà vinta rapidamente e che tutto tornerà al suo posto: i nemici ammutoliscono, la popolazione batte le mani e dice ‘Sì, noi siamo poveri, sì, ci sono molte cose che non funzionano però siamo una grande nazione che batte chiunque si metta sul suo cammino’. E’ esattamente quello che è successo nel 1904, quando Nicola II si è trovato nel mezzo di una crisi economica e, contemporaneamente, si sono avvertite le prime pulsioni rivoluzionarie e gli hanno detto: ‘C’è il Giappone, che è debolissimo, noi lo attacchiamo e dimostriamo come in Cechov, il racconto dove c’è quel contadino che canta la Madre Russia, guida di tutto il mondo, ecco, dimostriamo questo’. Dopo succede che, siccome non hai idea della realtà, tu, prima di tutto hai sovrastimato le tue forze, poi hai sottostimato la forza del tuo nemico, e il risultato è la disfatta che i russi hanno patito nella guerra con il Giappone”. 
Secondo Akunin Putin si può paragonare anche a Nicola Primo, che ha governato dal 1825 al 1855, solo che “la Russia di Nicola Primo era un superpotenza, i russi avevano sconfitto Napoleone e avevano preso Parigi, la Russia di Nicola primo era, veramente, il gendarme dell’Europa, al quale guardavano, da Parigi, per capire cosa potevano e cosa non potevano fare; gli unici concorrenti che aveva la Russia, allora, erano i britannici, nessun altro”. 

“Vladimir Putin, invece, dice Akunin, si trova in una situazione completamente diversa perché all’inizio del Ventunesimo secolo la Russia rappresenta il due per cento dell’economia mondiale, e il suo pil è inferiore al pil dello stato del Texas. E’ un paese arretrato da un punto di vista tecnologico, che esporta solo materie prime, che vive di prestiti, è una parte minuscola del mondo, dal punto di vista economico, ma le ambizioni, con tutto ciò, sono rimaste le stesse dai tempi di Nicola Primo. E queste ambizioni, su cosa sono fondate? Sulle armi atomiche. E su nient’altro. E allora adesso vediamo che, quando si accorge che la guerra facile da vincere non era poi così facile, l’unico argomento che ha la Russia è la minaccia di una guerra atomica, e io questa minaccia la prendo molto sul serio”, dice Akunin. 

 

7. I discorsi di Putin

Dud’ gli chiede se ha sentito il lungo discorso di Putin sull’indipendenza delle Repubbliche di Doneck e Lugansk, e  Akunin risponde che non sente mai i discorsi di Putin. 

“Putin è un uomo del kgb, e quando dice qualcosa, lo fa per disinformare, gli insegnavano così, per questo non ascolto mai i suoi discorsi, leggo invece alcuni esperti, che stimo, che mi spiegano il sottotesto, risparmio tempo”. 

 

8. Un impero

Dud’ dice che un’importante vittoria militare della Russia guidata da Pietro il Grande (il fondatore di San Pietroburgo, primo imperatore russo, che è stato zar dal 1696 al 1725) è stata quella contro gli svedesi, a Poltava. Dopo quella battaglia, all’inizio del Settecento, la Svezia, che era all’epoca un potenza militare, ha rinunciato alle ambizioni imperiali, per così dire, si è concentrata sulla politica interna ed è diventata, nei trecento anni che sono trascorsi da allora, uno dei paesi più agiati, sul pianeta terra, mentre la Russia ha alimentato il desiderio di accumulare altri territori, e altri ancora, concentrandosi più sulla quantità, che sulla qualità, dice Dud’, e Akunin  dice che è vero. Che essere un impero significa portare un carico molto pesante, per un paese. E che i francesi, dopo che la Francia ha rinunciato all’impero, vivono molto meglio, e così i britannici. Per i cittadini di uno stato, il fatto che questo stato non abbia mire imperiali è un bene, secondo Akunin; l’impero nutre, per così dire, la presunzione dei governanti, ma per i cittadini è dannoso.

  

9. E’ naturale essere a favore della guerra

Dud’, sulla base di quel che sente in giro, dei messaggi che riceve, ha l’impressione che la maggior parte dei russi siano a favore di questa guerra. “Questa cosa” chiede a Akunin, “la stupisce?”. 

“No, risponde Akunin, non mi stupisce affatto, è naturale. Prendiamo per esempio la società democratica occidentale. E’ costituita prevalentemente da persone che si preoccupano della propria famiglia, della propria vita privata, eccetera eccetera, la politica è una cosa periferica, che non è collegata continuamente, direttamente alla vita delle persone. Quando ci sono le elezioni, si mettono in moto gli attivisti di questa e di quella parte politica e l’uomo comune, per così dire, sceglie quello che gli sembra più sveglio, più convincente eccetera eccetera. In Russia la situazione è diversa: qui gli attivisti sono tutti della stessa  parte politica, e tutti i mezzi di informazione appartengono a questa parte politica; e tutte queste persone che si preoccupano della propria famiglia, della propria vita privata eccetera, e non si interessano di politica, fanno politica solo quando succede qualcosa ed è la politica a bussare alle loro finestre e alle loro porte”. 

 

10. Ossa segate

“Io mi ricordo, dice Akunin, alla fine degli anni Ottanta, nell’univermag (universal’nyj magazin, una specie di supermercato, ma sovietico), enorme, che c’era a Mosca nel quartiere Taganka, vendevano solo bidoni di plastica da tre litri di succo di betulla e, nel reparto delle carni, ossa segate a ottanta copechi al chilogrammo e le commesse non avevano niente da fare e i clienti giravano sconcertati per gli scaffali vuoti dell’universal’nyj magazin. Allora i russi hanno cominciato a occuparsi di politica. E la cosa che è successa adesso, un attacco notturno, senza dichiarazione di guerra, come Hitler nel 1941, dovrebbe suscitare nei russi perlomeno qualche dubbio, sul fatto che il loro non sia proprio un governo normale. Soprattutto perché le vittime del delitto, adesso, non sono solo vittime indefinite, ma sono proprio i loro vicini, dei russi, i loro famigliari, i loro amici”.

 

11. Dove eravate?

Dud’ dice che lo slogan principale della propaganda governativa, in questo momento, in Russia, è una domanda “Dove siete stati questi ultimi otto anni?”, cioè “Non vi siete accordi del genocidio in corso nel Donbass?”. 

Akunin risponde che lui, in questi otto anni, è sempre stato presente e che, fin dall’inizio della questione del Donbass lui ha pensato, e ha dichiarato, che quello che ha fatto Putin in Donbass è un delitto. 

“Ma è stato Putin, chiede Dud’, a bombardare Doneck e Lugansk?”. 

“Sappiamo perfettamente, risponde Akuin, che il conflitto in Donbass è stato provocato da Putin, che ha mandato soldati, ha speso soldi, la situazione che si è creata in Donbass ha un responsabile, secondo Akunin: Vladimir Vladimirovichč Putin, e in Russia, negli ultimi otto anni, non si è parlato d’altro”. 

 

12. Nazisti e nazionalisti

Dud’ poi chiede come mai gli organi di governo russi dicono che a Kiev ci sono i neonazisti. “C’è sotto qualche strategia o cosa?”.  

“Ci son delle parole, dice Akunin, che si associano automaticamente a controvalori, a emozioni negative, e la propaganda queste parole e questi simboli li usa, non c’è niente di nuovo e niente di interessante, queste cose fanno effetto alle persone che non hanno delle capacità intellettuali molto sviluppate e in un paese come la Russia ce ne sono tanti, non c’è da stupirsi. Se ci siano nazisti in Ucraina non lo so, certo ci sono dei nazionalisti, come in tutte le nazioni nate da poco, la nascita di una nazione implica il nazionalismo, che a me, devo dire, non piace. La parola nazista, bisogna dire, è anche semplicemente un insulto, una parola offensiva che può essere sostituita con qualsiasi altra parola offensiva. La cosa che mi sembra vada sottolineata è che il tempo della propaganda putiniana è passato. 

 

13. La vita in Russia nei prossimi anni

“La vita in Russia probabilmente peggiorerà così tanto, sarà così dura che verranno usati altri strumenti, non la propaganda ma l’intimidazione, la repressione. Con questo, per così dire, errore, Vladimir Putin vede molto diminuire la possibilità di restare a lungo al potere, si è molto indebolito. Per restare al potere, senza i mezzi economici che ha avuto in passato, dovrà fare molta più paura e chiudere la bocca a Tizio e a Caio e a Sempronio, e più resterà al potere, più dovrà usare questi strumenti”. 

 

14. Il cervello dei servizi segreti

Dud’ chiede se ha senso che il presidente di un paese venga dai servizi segreti. 

“Mi sembra che non sia un bene, risponde Akunin. Che così non dovrebbe essere. Perché uno che lavora per i servizi segreti è addestrato a risolvere i problemi; non hanno una mente strategica, hanno una mente operativa. Funzionano bene quando hanno un compito, quando qualcuno gli dice ‘Risolvimi questo problema’, e loro lo risolvono. Ma se a uno dei servizi segreti chiedi ‘Come dobbiamo vivere? Che strada può prendere la Russia?’, non è affar suo, non è roba sua, il suo cervello è costruito in un modo diverso”. 

 

15. L’occidente

“Quanto di quel che succede adesso in Ucraina è colpa dell’occidente?” 

“Molto. Secondo me Vladimir Putin ha capito il valore della questione Ucraina in modo molto più chiaro di quanto l’abbiano capito in occidente. Io il problema dell’Ucraina dal punto di vista di Putin lo capisco così, dice Akunin. Ci sono tre stati molto vicini; è come se un unico popolo fosse diviso in tre stati: Russia, Bielorussia, Ucraina. E’ un unico popolo, non solo per Putin, anche per me, che ho dei parenti a Kiev, siamo un unico popolo. Se nel paese comandato da lui, da Vladimir Vladimirovich Putin, si vivesse peggio che in un paese di questi tre, in cui non comanda lui, e se questo miglioramento fosse ottenuto attraverso la democrazia, sarebbe una tentazione anche per i sudditi di Putin. E Putin, continuamente, mette i bastoni tra le ruote all’Ucraina per poter dire ‘Senza di noi voi state male, avete i separatisti, avete un sacco di problemi’. Se, dopo la rivoluzione del 2014, l’occidente avesse aiutato di più l’Ucraina, se avesse contribuito a farne un paese con un livello di vita superiore, si sarebbe ottenuto l’effetto che c’è stato sulla Germania. 

 

16. I tedeschi dell’ovest e quelli dell’est

I tedeschi dell’ovest che vedevano la vita in Germania est non volevano andare all’est, i tedeschi dell’est che vedevano la vita dei tedeschi dell’ovest volevano andarci.  E questo ha segnato la fine della Germania est. Se la vita in Ucraina fosse stata più ricca, più sensata di quella russa, non ci sarebbe nessun putinismo, in Russia. 

 

17. Adesso

“E adesso, chiede Dud’, cosa succederà?”.  

“Io, dice  Akunin, non ho idea di cosa succederà, adesso. Quello che possiamo vedere noi in prospettiva, dall’inizio di marzo dell’anno 2022, sta in una gamma che va dall’orribile al meraviglioso. Orribile, cioè una guerra atomica; meraviglioso, cioè il rinnovamento della Russia, la democratizzazione della Russia. Questi sono i due poli opposti, tra di loro ci sono molti gradi intermedi e noi, probabilmente, andremo a finire vicino allo scenario peggiore; io spero che non ci sarà una guerra nucleare, ma mi sembra che andiamo verso una soluzione che peggiora le cose. Ma, quando questa guerra finirà, credo che l’occidente e, in generale, il mondo, si metterà a aiutare l’Ucraina sul serio, adesso. Avrebbero dovuto farlo prima. 

 

18. La Nato

Dud’ dice che uno degli argomenti della parte russa è che non si capisce il motivo per cui la Nato si dovrebbe allargare; Akunin risponde che non capisce il motivo per cui uno stato democratico non può entrare nelle alleanze nelle quali vuole entrare; Dud’ dice che la Nato aveva promesso che non si sarebbe allargata; Akunin dice che Putin aveva promesso che avrebbe rispettato i confini ucraini, che non avrebbe più avanzato pretese territoriali; dice che è stato lui, il primo, a mancare alla parola data. 

 

19. La Jugoslavia

Dud’ chiede cosa pensa Akunin della Nato. Gli dice che capisce che lui, Akuin, è un cittadino del mondo, che da tempo non abita più in Russia, ma che quelli che abitano in Russia, quelli che hanno dei dubbi, per lo meno, come lui (Dud’), loro non sono entusiasti, non sostengono l’esercito russo, pensano che, nelle loro vite di tutti i giorni, la Nato, a loro non ha fatto concretamente niente di male, ma il bombardamento della Jugoslavia, l’intervento degli americani in Siria e così via, pensano che ci sia una forza che vorrebbe controllare la Russia, e questa forza è rappresentata un po’ dalla Nato. “Cosa risponderebbe, a queste persone, che non mi sembrano dei pazzi, che dicono delle cose che hanno una logica?” chiede Dud’. 

“Io, riponde Akunin, risponderei che credo che il bombardamento della Jugoslavia sia stato un crimine. Credo che, con tutta la mia antipatia per Saddam Hussein, per invadere l’Iraq hanno mentito, e non avrebbero dovuto farlo, è stato un grave, e voglio dire che i leader occidentali non sono dei santi, spesso si sbagliano, spesso si comportano malissimo, ma non credo che la Nato sia una minaccia per la Russia e per i suoi interessi. Io penso, da tempo, che anche la Russia dovrebbe entrare nella Nato, e uscire da questa situazione, perché no? Nessuno vuol farci la guerra, e adesso la guerra nucleare non l’ha minacciata la Nato, l’hanno minacciata Putin e Lavrov”.

 

20. L’impero della menzogna

“L’America è l’impero della menzogna?” chiede Dud’.

“In che senso?” risponde Akunin. 

“E’ una citazione di un recente discorso di Putin che dice che l’America è l’impero della menzogna”. 

Akunin ride. E’ la prima volta che ride. 

“Parla un uomo, dice poi, la cui propaganda è tutta costruita su delle fake news. Naturalmente, in occidente, i mezzi di comunicazione di massa, i politici, mentono continuamente, ma quando molti mentono ognuno con una menzogna diversa non è neanche male, perché la gente può farsi un’idea e scegliere a chi credere, ma quando la stessa menzogna viene ripetuta tutto il tempo dallo stesso altoparlante è una situazione completamente diversa”.

 

21.  Nonno Lenin

Dud’ è preoccupato per quello che insegnano nelle scuole, adesso. Come il fatto che in Ucraina combattiamo i fascisti e i nazisti. 

Akunin gli dice che quando andava lui a scuola gli hanno insegnato delle cose inimmaginabili. “Ma i bambini sono di gomma, queste cose entrano da una parte escono dall’altra; io ho fatto una scuola sovietica, mi hanno insegnato di quella roba, per esempio amare il nonno Lenin. Io, quando facevo l’asilo, sono cresciuto sotto un ritratto di Lenin che mi piaceva moltissimo, un Lenin coi riccioli, che andava a scuola coi libri sottobraccio, e che c’erano due ritratti appesi, uno di un pioniere (i pionieri erano la versione sovietica dei boy scout), l’altro di un povero ragazzo americano, con dei grattacieli sullo sfondo, che frugava in un bidone della spazzatura,  e a me dispiaceva tanto per quel ragazzo americano che aveva avuto la sfortuna di nascere negli Stati Uniti d’America, e pensavo che culo, se così si può dire, che ho avuto, a nascere nel paese migliore del mondo. Ecco, dopo una scuola, per così dire, di questo tipo, io non ho paura di nessuna educazione”.  

 

22. Dire e pensare

E qui Dud’ fa una domanda che a me sembra molto interessante e che, anche se riguarda l’Unione sovietica, forse un po’ ha a che fare anche con la Russia di oggi. Chiede: “Il fatto che i sovietici non potessero dire quello che pensavano e, delle volte, non potessero pensare, quello che pensavano, era un trauma?”. 
E Akunin dà una risposta che a me sembra ancora più interessante della domanda. 

“Il fatto di non poterlo pensare, era un trauma, nel fatto di non poterlo dire c’erano i pro e i contro. Io, per esempio, c’è stato un periodo, negli anni Ottanta fino alla Perestrojka, che mi compiangevo, pensavo ‘Accidenti, ma perché sono nato in questo paese inutile, noioso, che non ha futuro, dove non succede e non succederà mai niente, dove Andropov prenderà il posto di Brezhnev, Chernenko il posto di Andropov’ e così via. Non facevo altro che sospirare ‘Come sono infelice’; adesso penso che, a dire il vero, mi è andata proprio bene, a essere nato in un paese complicato che ti obbligava a pensare; in Unione sovietica, pensare con la propria testa era necessario fin da piccoli. Io a 14 anni ho capito, d’un tratto, che nella mia testa nascevano delle idee mie. E’ stata una sensazione indimenticabile, strabiliante. Io andavo in giro e pensavo: questo è così, questo probabilmente non è così, questa è una verità, questa è una fregatura; siamo tutti cresciuti molto in fretta. Questa pratica di un pensiero doppio, l’abitudine di distinguere tra quello che si può dire e quello che non si può dire, tra quelli con cui si può parlare e quelli con cui parlare non si può, da un lato è una cosa cattiva dall’altro è una buona cosa. E quando poi ho avuto occasione di incontrare dei miei coetanei che vivevano nei paesi democratici, mi sono sentito molto più adulto. Per l’abitudine a distinguere tra quel che si può dire e quello che non si può dire, avevo sviluppato molto più di loro il pensiero critico”. 

 

23. Meno male che ho una gamba sola

“Certo, conclude Akunin, è un po’ come dire ‘Meno male che ho una gamba sola, così spendo meno in scarpe’. Ma io cerco di essere positivo, il che comporta un certo grado di coraggio, e degli sforzi significativi, ogni tanto, per esempio ai giorni nostri, ma mi sembra che stare al mondo così sia più interessante”.  

 

24. La penultima domanda

“Cosa pensa della responsabilità collettiva?”

“Io sono per la responsabilità individuale, sono un po’ un individualista, penso che ogni persona debba rispondere delle sue azioni. Oggi domina un atteggiamento infantile insopportabile, i russi, gli ucraini: ma ogni persona deve rendere conto di quello che ha fatto lui e non è responsabile di quello che non ha fatto. Per quelli che credono, Dio non chiederà conto ai russi, ai tedeschi, chiederà personalmente, a ciascuno, сos’hai combinato? E’ così che bisogna fare”

 

25. L’ultima domanda

“Nel 2008 la Russia ha fatto la guerra alla Georgia, nel 2022 tra i russi e i georgiani ci sono dei buoni rapporti; i governanti non si vogliono bene,  ma il rapporto tra russi e georgiani, per quel che ho visto io, non riflette queste tensioni”.

“Io, risponde Akunin, (che è nato in Georgia da padre georgiano) da grande sono stato in Georgia solo una volta, nel 2016; mi hanno accolto molto bene, ma una studentessa, molto carina, mi ha detto, in inglese, ‘So il russo, ma parliamo in inglese perché io, nella lingua del paese che ha fatto quel che ha fatto la Russia in Georgia non voglio parlare’”.

“Io, dice Dud’, dovunque vada bevo alla Russia, una ragazza georgiana si è rifiutata”. 

“Adesso, dice Akunin, sarà ancora più difficile. Ma io posso dire con grande sicurezza che la Russia è più forte e durerà più a lungo, di Putin, e che la Russia ci sarà ancora per tanto e che tornerà a essere un paese normale”.

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