Berlinale 2021

Orsetti e affari. Al via la prima parte della Berlinale

Mariarosa Mancuso

In arrivo film parecchio artistici. Speriamo salti fuori qualcosa di meglio. Inizia la settantunesima edizione del festival internazionale del cinema di Berlino. La sessione per il pubblico sarà dal 9 al 20 giugno

Soltanto le pagine patinate dei Daily di Variety ricordano che dal 1° al 5 marzo è in corso il primo spezzone della Berlinale 2021 (l’anno scorso fu l’ultimo festival a tenersi in presenza, di lì a poco il confinamento avrebbe cancellato Cannes). I Daily di Variety sono le edizioni quotidiane che il settimanale fa uscire in occasione dei festival importanti, e soprattutto provvisti di mercato. All’European Film Market di Berlino i film si vendono e si comprano, vengono scambiati progetti e firmate coproduzioni. Quel che accade nel palazzo dei sogni dove abitano i critici è secondario, se non in rari casi.
      

La Berlinale 2021 per il pubblico sarà dal 9 al 20 giugno. Questa prima tappa è stata reclamata da chi vende e da chi compra film (le sale sono state chiuse per mesi, se non riaprono con qualche titolo solido e attraente gli spettatori non avranno altri film che in streaming dal divano). Sta per succedere la stessa cosa a Cannes: prima di luglio, l’industria che si dà appuntamento al Marché vorrebbe le sue proiezioni.
     

Presente a Berlino c’è solo la giuria, e neanche tutta. Il regista israeliano Nadav Lapid vedrà i film da Tel Aviv, l’aeroporto Ben Gurion è chiuso fino al 6 marzo e non hanno fatto eccezioni. L’iraniano Mohammad Rasoulof aveva vinto l’anno scorso l’Orso d’oro per “There is no Evil”: per colpa del film deve scontare un anno di carcere e due di inattività (non è neppure la prima volta, era stato nello stesso carcere di Jafar Panahi). Restano – fotografati distanziatissimi tra le poltrone rosse del Berlinale Palast –  la rumena Adina Pintilie, l’ungherese Ildikó Enyedi, l’italiano Gianfranco Rosi e la bosniaca Jasmila Žbanić. Tre donne su quattro presenti, tutti vincitori di Orso d’oro. Nessuno con un film memorabile (neanche il celebratissimo “Fuocoammare”, gli altri titoli siamo andati a cercarli nelle rispettive biografie, roba – diciamo così – “molto artistica”).
     

Parecchio artistici sono anche i film in gara alla Berlinale 2021. Al netto delle risapute difficoltà, molto contano i gusti del direttore Carlo Chatrian. Lo abbiamo visto all’opera al Festival di Locarno, per più di una stagione: è stata una full immersion tra i giovani registi che neanche rifanno “il cinema di papà”, contro cui si era scatenata la Nouvelle Vague francese – fanno direttamente il cinema dei nonni. Poi, con doppio salto mortale, ha stabilito che un premio per il migliore attore e uno per l’attrice sono terribilmente datati, in questo mondo no gender. Quest’anno daranno un solo orsetto d’argento, maschio femmina o transgender.
   

Le pagine patinate di Variety –  ora arrivano per mail, ma ne ricordiamo il peso, quando circolavano fisicamente – informano a sufficienza. In cima alla lista, stanno il rumeno Radu Jude (bravo e contemporaneo, ma l’est vale sempre un extrabonus) con “Bad Luck Banging or Looney Porn”: storia di un revenge porn. E Céline Sciamma con “Petite Maman”: altra regista che il pubblico lo ama, e da lesbica ha il suo bonus. Speriamo che salti fuori qualcosa di meglio, dove si fanno gli affari.

 

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