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Nassim Nicholas Taleb, fragile e antifragile

Roberto Persico

Come (pre)vedere le cose sotto altra luce con l’aiuto del trader-filosofo del “Cigno nero”

Quando nel 2004 uscì "Giocati dal caso", in Italia non se lo filò praticamente nessuno. Troppo eccentrico l’autore, fuori da ogni schema accademico. Discendente da una dinastia di politici libanesi, dottorato in matematica fra Parigi e Stati Uniti, negli anni Ottanta Nassim Nicholas Taleb decide di investire il suo talento per i numeri non nella “noiosa” – dice lui – carriera universitaria, ma nel più “divertente” – e più lucroso – campo degli investimenti. Dove, mentre gli altri rincorrono le minime variazioni di titoli e obbligazioni, lui lavora sul calcolo delle probabilità e scommette sulla non remota possibilità che un “evento inatteso” capiti davvero. Così, mentre mille altri saltano in aria da un giorno all’altro travolti dai periodici crolli dei mercati, lui passo passo moltiplica le sue fortune, fino a permettersi il gusto di “vivere la vita del gentiluomo vittoriano” e di mettere nero su bianco le sue riflessioni sulla finanza, la storia, la vita.

 

A dargli fama mondiale è l’opera successiva, "Il cigno nero": l’evento imprevisto, improbabile, “impossibile”, che però accade e butta all’aria tutte le nostre previsioni e strategie. Il cigno nero esce nel 2007, proprio mentre il “cigno nero” si sta materializzando, il crollo “impossibile” delle borse che travolge l’economia mondiale. Da allora, Taleb è diventato il guru dell’imprevisto, e non c’è dibattito che dimentichi di nominarlo; al tempo del coronavirus poi il suo nome è evocato a ogni piè sospinto. Ma nella riflessione di Taleb c’è molto, molto di più della semplice celebrazione del “cigno nero”; e l’arrivo in questi giorni in libreria di "Incerto", raccolta di tutti gli scritti del poliedrico trader-filosofo pubblicata dal Saggiatore (1.640 pp., 65 euro), permette di farsi un’idea del suo pensiero. Può essere l’occasione per riscoprire "Giocati dal caso", perché lì si trovano le basi di tutto il percorso, a partire dalla fondamentale “distorsione da sopravvivenza”: noi sbagliamo a valutare le situazioni perché vediamo i vincitori ma non i perdenti.

 

Invidiamo i trader per la loro ricchezza esagerata, ma non ci chiediamo mai, per ogni investitore di successo, quante decine o centinaia sono finiti a pulire i cessi in qualche stazione di servizio. Un risvolto chiave di questo principio è la questione delle previsioni. Per ogni evento infatti – dai terremoti al Covid – c’è sempre qualcuno che alza la mano: “L’avevo detto, io!”. Sì, ma quanti altri avevano detto altro? Se la platea degli scommettitori è abbastanza ampia, c’è sempre qualcuno che punta sul numero giusto. Questo non vuol dire che le previsioni del vincitore fossero più accurate, ma solo che ha puntato il dito sull’evento che, fra i tanti possibili, il caso ha prodotto. Da questa distorsione nascono le ricostruzioni a posteriori della presunta prevedibilità degli eventi, nonché la pretesa di ricavare inesistenti “leggi della storia”, là dove bisognerebbe semplicemente riconoscere l’infinita imprevedibilità delle cose.

 

Nella storia umana infatti il dato più sorprendente non sono gli imprevisti, bensì la strana incapacità che abbiamo a comprenderne il ruolo. Ma “il mio libro più importante”, scrive Taleb, è "Antifragile". Opera multiforme e variegata, che spazia dalla filosofia alla politica, dalla finanza alla salute e a mille cose ancora, Antifragile è impossibile da riassumere in quattro righe. Ci si può limitare al titolo: perché “Antifragile”? “Perché sul dizionario non esiste un termine che esprima l’inverso della fragilità”. Perché i primi aggettivi che ci vengono in mente – “robusto”, “resistente” e simili – non sono adeguati. “Fragile” infatti è una cosa esposta al rischio che un evento traumatico la distrugga definitivamente, come una tazza di porcellana o una politica economica dirigista (afflitta da “sindrome sovietico-harvardiana”), e “robusto” un elemento capace di resistere a urti e scossoni; invece “l’antifragilità va al di là di resilienza e robustezza. Ciò che è resiliente resiste agli choc e rimane identitco a sé stesso, l’antifragile migliora. L’antifragile ama il caso e l’incertezza, ama l’errore, o perlomeno un certo tipo di errori; possiede la singolare caratteristica di consentirci di affrontare l’ignoto, di fare le cose senza comprenderle e farle bene”.

 

Antifragile è il suk, fragile l’economia delle grandi banche; fragile lo stato nazionale, antifragili le città-stato; fragili insomma tutti i grandi sistemi che possono funzionare abbastanza bene anche a lungo ma se cedono travolgono tutto, antifragili i sistemi piccoli ed elastici, dove gli errori sono frequenti ma circoscritti, e facilmente si rimedia, si impara, si migliora. Estrema appendice di "Antifragile" è poi l’ultimo scritto di Taleb, "Rischiare grosso" (ma l’inglese Skin in the game dice di più: giocarsi la pelle, cioè metterci la faccia). Metterci la faccia: giudicare quello che si vede, prendersi la responsabilità delle proprie scelte, pagare per i propri errori. Può appassionare o irritare, Taleb; ma certo costringe a vedere le cose sotto un’altra luce.