Braghettoni animati

Giulio Meotti

Disney “razzista”, “South Park” “transofobo”, “Simpson” “pedofilo”. E i big dei cartoni si autocensurano

Roma. I creatori di “South Park”, Matt Stone e Trey Parker, per canzonare il politicamente corretto avevano anche inserito un nuovo personaggio alla South Park Elementary, il “PC Principal” (preside pol. corr.), addetto a vigilare contro l’utilizzo di parole e idee offensive. Ora “South Park” è davvero accusato di “transfobia”, perché in un nuovo episodio la gara di “Strongwoman” vede una madre battuta da un trans che assomiglia al wrestler Randy Savage, con tanto di barba. Un modo divertente per schernire i seriosi vezzi progressisti. Rachel McKinnon, la prima atleta trans a vincere un titolo mondiale di ciclismo, l’ha presa sul serio e ha accusato la serie di “transfobia”. Intanto, dai “Simpson” veniva depennata una guest star speciale, Michael Jackson, in odore di “pedofilia”, dopo che avevano già eliminato il personaggio di Apu, l’immigrato dall’accento pesante e il cognome impronunciabile (Nahasapeemapetilon), accusato di essere una caricatura “razzista”.

  

Ora la Disney annuncia che nella sua nuova messa in onda in streaming (dieci milioni di abbonati in un giorno) dei classici dell’infanzia includerà un “bollino” (in gergo pol. corr., trigger warning) per avvisare su possibili contenuti sensibili, non adatti a tutti. Anzi, “rappresentazioni culturali obsolete”.

 

Veri e propri braghettoni virtuali, come le mutande dei personaggi michelangioleschi nella Cappella Sistina, i “pudici veli” dipinti da Daniele da Volterra in clima di controriforma. Ora il crimine da punire con la censura non è nudista, ma moralista.

   

Così scopriamo che “Lilly e il Vagabondo” stigmatizza gli orientali a causa della presenza dei famosi gatti siamesi; da “Dumbo”, Disney ha deciso di eliminare Jim Crow, perché i suoi abiti sarebbero quelli utilizzati dalle comunità afroamericane al tempo della segregazione; “I racconti dello Zio Tom” non ci sono più ed è censura anche per il “Libro della Giungla” e gli “Aristogatti”. Si legge su Time magazine che Gayle Wald, presidente degli studi americani alla George Washington University, ha detto che “il nostro patrimonio culturale è profondamente legato alle nostre storie di razzismo, colonialismo e sessismo” e che la Disney, essendo “il fornitore culturalmente più iconico e noto di questo tipo di narrativa e immagini”, deve provvedere all’autocensura. Warner Bros aveva già affrontato un problema simile con “Tom e Jerry”, disponibili per lo streaming ma con un bollino antirazzista. “Peter Pan” subirà la stessa sorte, per via della presenza degli indiani d’America. Disney ha invece deciso di eliminare del tutto “Song of the South” del 1946, in cui un ex schiavo, lo zio Remus, racconta delle storie popolari africane. Aveva vinto un Oscar per la canzone “Zip-a-Dee-Doo-Dah”, ma è troppo razzista per la sensibilissima immaginazione arata da anni di campagne politicamente corrette. Adesso nelle università d’America anche le “Metamorfosi” hanno il loro bollino di decoro a causa della violenza sessuale contenuta nel capolavoro di Ovidio. In Francia, intanto, aumentano le sale cinematografiche che stanno “deprogrammando” il film di Roman Polanski sul capitano Dreyfus. Sei i cinema che lo hanno interdetto soltanto nella Seine-Saint-Denis.

  

I nuovi puritani sono molto diversi da quelli che vestirono da capo a piedi la Santa Caterina di Michelangelo. Le nuove mutande digitali servono a coprire i peccati del maschio bianco occidentale.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.