La stagione del Male. Feroce e lieve, la meglio satira degli anni di piombo

Marianna Rizzini

Falsi dissacranti, disegni scandalosi. Una mostra a Roma

Roma. C’era una volta il Male, c’erano una volta gli anni (1978-1982) in cui la satira si è fatta giornale cartaceo satirico settimanale e oggetto di culto da appendere in edicola o in salotto per sbalordire non soltanto il borghese, con i famosi falsi (uno tra tutti: le tre copertine di tre famosi quotidiani contraffatte e trasformate con titolo cubitale “Ugo Tognazzi capo delle Brigate Rosse”) e con lo sguardo dissacrante ma mai disimpegnato su una realtà presa con disincanto, ironia e provocazione, ma sempre molto seriamente. Gli anni del Male, come raccontano i protagonisti della piccola storia – quella della rivista – dentro la grande storia, erano anni di terrorismo rosso e nero, di rapimenti – Aldo Moro e non solo – di attentati, di omicidi di stato e di mafia, di governi pericolanti e grandi manifestazioni, di tensione e misteri, ma anche di grande fervore e slanci ideali. 

 

E adesso quegli anni, “gli anni del Male” sono in mostra a Roma, allo spazio WeGil, fino al 6 gennaio 2020, con i disegni originali divisi per tema, con le riproduzioni in gigantografia e con i testi di allora (testi veri, testi falsi e testi “falsi d’autore”, come quello in cui il vero Umberto Eco scriveva a suo “falso nome” l’editoriale su una prima pagina contraffatta in cui si annuncia che l’uomo non è più solo nell’universo: “Il marziano assente”, era il titolo del pezzo in cui Eco imitava il suo proprio stile: “Non è solo il tessuto sociale umano”, scriveva, “è lo stesso tessuto dei rapporti interplanetari che è fondato su circuiti comunicativi, e se ci facciamo un esame di coscienza, ci rendiamo conto che il nostro primo approccio con le avanguardie marziane è stato compromesso proprio dalla scarsa attenzione che la cultura italiana ha sempre riservato al problema comunicativo… bisognerà educare sin dall’infanzia i nostri figli a un bilinguismo galattico”). C’era un mondo fuori e un mondo dentro, quello delle riunioni notturne e caotiche, su tavoli pieni di cartacce, matite, bicchieri e mozziconi tante volte rievocati dal nostro compianto Vincino – lo raccontava a voce e nel libro “Il Male. I cinque anni che cambiarono la satira” (ed. Rizzoli), e lo ha raccontato nei piccoli ritratti dei suoi compagni di avventura esposti al WeGil: tra gli altri – e sono tantissimi altri, tutti con una loro personalità che traspare dai disegni e dagli scritti al WeGil – Andrea Pazienza, Sergio Angese, Enzo Sferra, Cinzia Leone, Vincenzo Sparagna, Angelo Pasquini, Carlo Zaccagnini, Mario Canale, Giovanna Caronia, Alessandro Schwed. Reinterpretando un presente drammatico e le sue contraddizioni, le firme del Male si lanciavano in avanti al punto da essere, a volte, preveggenti, e a volte pericolosamente vicini a un vero possibile (come con le false copertine sulla Terza guerra mondiale negli anni della Guerra fredda). E leggendo i fatti con lucidità spesso al limite del tollerabile per le autorità di allora (non a caso la rivista aveva grande tiratura – fino alle centomila copie), il Male è stato uno dei giornali più sequestrati e denunciati del Dopoguerra.

 

Non c’è evento o periodo che non sia passato sotto lo sguardo feroce e lieve dei disegnatori e degli scrittori del Male, dal cosiddetto “anno dei tre Papi” all’epoca d’oro (e controversa) di Giulio Andreotti alla crisi economica (la mostra documenta con foto e cronache anche il festival “Miseria ’81”, organizzato dalla rivista per irridere amaramente l’edonismo reaganiano). Poi ci sono le parole, oltre ai disegni, di Vincino, che sul caso Moro spiega la posizione del Male: “Di quel periodo ricordo la nostra incapacità di accettare il ricatto ipocrita dell’“o con lo stato o con le Br”. Sembrava non ci fosse altra scelta, che a nessuno interessasse la vita dell’uomo messa seriamente a rischio giorno dopo giorno, o meglio che nessuno vedesse in Moro una persona in carne e ossa, ma solo un rappresentante delle istituzioni che doveva essere pronto al sacrificio, accettare il suo destino. Noi del Male invece eravamo per la trattativa, per la liberazione e sostenevamo a nostro modo quest’uomo, cercando di strapparlo al ruolo che partiti, media e opinione pubblica gli avevano cucito addosso”. Di qualsiasi cosa si occupasse il Male, dalla politica alla religione alla cultura al sesso allo sport – i disegni originali esposti per temi lo dimostrano – non passava giorno, in redazione, in cui lo sguardo e il pensiero non andassero un po’ oltre. Oltre la visione comoda e superficiale delle cose, prima di tutto.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.