Gente in fuga dal Bataclan venerdì sera a Parigi. Alcuni ragazzi per mettersi in salvo si sono appesi fuori dalle finestre

"Difenderemo i nostri valori". Già, ma quali valori?

Giovanni Maddalena
Non si può “difendere” nulla, né “vincere” nulla, senza che ciò per cui ci si deve battere valga la pena effettivamente, come contenuto, come concetti e come piacere. Soprattutto, senza che ciò per cui ci si batte riempia di contenuto pieno di vita le parole altrimenti vuote e retoriche, che dobbiamo presentare come risposta a quei ragazzi appesi dalle finestre del Bataclan.

“Difenderemo i nostri valori”. Così Hollande, così Obama, così Cameron. Renzi ha detto che vinceremo di sicuro, tanto questi valori sono buoni e giusti. Ma miei cari presidenti, quali valori? È da quando ho cinque anni e ho cominciato ad andare a scuola che mi dicono che non esistono valori assoluti, che i valori sono solo prospettive, che il peggior crimine è pensare di mettere una maiuscola alla parola Verità, che non bisogna avere certezze ma coltivare dubbi, che le certezze sono sempre ideologie. E adesso, all’improvviso, scopriamo di avere valori assoluti con i quali fare una guerra? Se non avere dei valori è l’unica grande verità (che è assoluta ma si scrive senza maiuscola, chissà perché), non dovremmo convincere tutti? Non dovremmo aver già convinto quelli tra i terroristi che sono nati e cresciuti nelle nostre repubbliche, con tanto di educazione al dubbio?

 

Quali valori?, mi chiedo mentre cresce il nervoso per il mare di parole vuote che si contrappone a quella sete di vita assoluta dei ragazzi del Bataclan appesi alle finestre per non morire. Liberté, fraternité, égalité, ha detto Obama. E per spiegarlo meglio Valls, il primo ministro francese, ha specificato “libertà e diritti umani”. Già. Peccato che l’uguaglianza delle affermazioni e il diritto di sostenere qualsiasi cosa entrino in crisi non appena uno sostiene che mi vuole uccidere. Vale davvero lo stesso dell’affermazione della pace o della bontà? Può dirlo o non dirlo?

 

Più seriamente, un giornalista americano, Gareth Whittaker, ci ha detto che cosa sono questi valori: “godere della vita terrena in mille modi: una tazza di caffè profumato con un croissant imburrato, belle donne in vestiti corti che sorridono liberamente” e poi profumi, vino, “il diritto di non credere a nessuno dio” e di “flirtare, fumare, godere del sesso fuori dal matrimonio, fare vacanze, leggere libri, andare a scuola gratis”, eccetera. Non ha tutti i torti, ma se è così bisogna dirsi con chiarezza che stiamo parlando di difendere l’edonismo di una classe piccolo-medio-alto borghese e stiamo dicendo che questi piaceri sono i valori universali per i quali vivere e morire. Non è un po’ poco? Non c’era stato anche Marx in Europa, a insegnare la cecità delle universalizzazioni che ciascuna classe fa di se stessa? E soprattutto, ancora una volta, non dovremmo allora cercare di convincere questi signori dell’assoluta (sic) convenienza di questi nostri piaceri? Proviamo a riempirne le banlieues parigine, e quelle di tutto il mondo. Ma non ci abbiamo già provato senza molto successo? Non è proprio questo vuoto edonismo che ci rimproverano?

 

[**Video_box_2**]La terza via, signori presidenti, sarebbe forse tornare a pensare quali valori abbiamo davvero, da dove nascono i diritti umani e questa nostra passione per l’estetica e la cultura della vita, con tutti i piaceri inclusi. Forse sarebbe l’ora di riconsiderare davvero le radici dell’Europa di una Costituzione che non abbiamo mai voluto approvare: quelle greche e latine, quelle cristiane incredibilmente taciute e osteggiate, quelle della scienza, e anche quelle della rivoluzione francese. Di tutta questa storia forse occorre però cambiare la lettura scettica. Vi proporrei quella del filosofo americano Peirce che sosteneva che la verità evidentemente c’è, anche se dobbiamo riconoscere che la limitatezza di ciò che conosciamo fa sì che sia parziale. Ma parziale non vuol dire arbitraria – non si possono dare tutte le interpretazioni di qualunque cosa e non sono tutte uguali – e, soprattutto, non vuol dire dubbia. “Non facciamo finta di dubitare in filosofia (e in pedagogia, in arte, in politica) di ciò di cui non dubitiamo nei nostri cuori”, è una frase riassuntiva di Peirce che spinge a rispettare il senso comune di tanta gente normale che in queste ore ha soccorso chi scappava, individuando in fretta che cosa fosse umano e giusto, e che cosa non lo fosse. Forse così non consegneremo l’Europa a vecchi nazionalismi e nuovi populismi. E, contrariamente a quanto dice la bella e infausta Imagine di John Lennon che qualcuno ha suonato nei luoghi dei crimini, troveremo un motivo per valido per vivere e per morire, se necessario. Non si può “difendere” nulla, né “vincere” nulla, senza che ciò per cui ci si deve battere valga la pena effettivamente, come contenuto, come concetti e come piacere. Soprattutto, senza che ciò per cui ci si batte riempia di contenuto pieno di vita le parole altrimenti vuote e retoriche, che dobbiamo presentare come risposta a quei ragazzi appesi dalle finestre del Bataclan.