Marco Travaglio (foto LaPresse)

Perché Travaglio non può che elogiare la sacra prostata di Sorrentino

Guido Vitiello

Ricapitoliamo. C’è “Youth” di Sorrentino, con i suoi dialoghi sulla caducità e sulla prostata. C’è Scalfari che minaccia a mezzo stampa un suo “De senectute”. C’è Berlusconi che fa capolino su Instagram stritolando cagnolini.

Ricapitoliamo. C’è “Youth” di Sorrentino, con i suoi dialoghi sulla caducità e sulla prostata. C’è Scalfari che minaccia a mezzo stampa un suo “De senectute”. C’è Berlusconi che fa capolino su Instagram stritolando cagnolini. Da quando Jep Gambardella ha sollevato il coperchio il contagio è irrefrenabile, e la sua eau de parfum si effonde per tutta la nazione. Alludo all’odore delle case dei vecchi, quell’odore che il dandy della “Grande bellezza” diceva di preferire addirittura alla “fessa”. Non tutti reagiscono allo stesso modo. Silvia Truzzi, per esempio, ci immerge il naso con tossica avidità, e ha appena pubblicato “Un paese ci vuole”, un libro di conversazioni con ottuagenari che al solo aprirlo manda zaffate di salotto gozzaniano. Ma il caso più interessante è quello di Marco Travaglio nella nuova veste di critico cinematografico. Il suo elogio di “Youth”, a leggerlo bene, segna un piccolo evento nella psicostoria dell’ultimo ventennio.

 

Il meno che si possa dire di uno che sfida il professor Fiandaca a duello dicendo che troverà “pane per la sua dentiera” è che ha in orrore la vecchiaia. Il suo film ideale, ora che è diventato un cinéphile e non può più permettersi di citare solo Totò, potrebbe essere “I viaggiatori della sera”, esperimento fantascientifico di Ugo Tognazzi dove un Esercito della Salute Pubblica deporta gli anziani in un villaggio-prigione. Ma non è il profilo clinico di Marco T. che ci interessa, se non come caso di un disturbo più generale. La parola chiave, qui, è corruzione; che si può intendere in senso penale (le tangenti), in senso morale (il degrado) e in senso fisico (la corruzione della carne). In un libro di qualche anno fa, il filosofo Gaspard Koenig ha mostrato come queste tre accezioni tendano spesso a combinarsi e a sovrapporsi. Robespierre, o l’Incorruttibile. “Non lascerai che il tuo Santo veda la corruzione”, dice il Salmista. L’odio per il malaffare e il disgusto per la vecchiaia e la decomposizione (Grillo con i suoi zombi) vanno di conserva. Quando fu rieletto Napolitano, per esempio, un elegantissimo Travaglio denunciò il tentativo di “ricomporre la decomposizione” del “cadavere putrefatto e maleodorante di un sistema marcio”, irridendo i “lavoretti di bocca e di lingua sulle prostate inerti e gli scroti inanimati delle solite cariatidi”. A tratti la recensione di “Youth” è nella stessa vena di espressionismo splatter: “Carni flaccide, tette cadenti, trippe sballonzolanti, peni avvizziti ormai pronti per la dipartita”. Ma l’odore delle case dei vecchi ha conquistato anche lui. Il film gli pare un inno all’eleganza, all’amore, all’arte, alla bellezza. “Anche sullo scorcio degli ottant’anni si può essere tutte queste cose insieme”.

 

[**Video_box_2**]Non sappiamo se la visione della sacra prostata di Sorrentino avrà su Travaglio lo stesso effetto che ebbe il Cristo morto di Holbein su Dostoevskij. Ma questo piccolo smottamento aiuta a illuminare la storia profonda degli ultimi anni, e la segreta simmetria tra mitologie berlusconiane e antiberlusconiane, tra gli uomini del lifting e gli uomini delle manette. Da questa specola più alta quel che ci appare è il panorama di un paese ossessionato dalla decadenza e dalla corruzione, che non sa se appigliarsi alla chirurgia estetica o alla magistratura inquirente.

 

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