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Come (non) si difende una divisa

Carmelo Caruso

Il carabiniere ucciso a Roma, la frettolosa propaganda di Salvini (ma il caso sembra più complicato di un tweet) e i problemi reali delle forze dell’ordine che invece il ministro non affronta. Le critiche motivate dei sindacati di polizia

Non era morto che da poche ore e lui dopo pochi minuti cercava nordafricani da inseguire e aveva già dichiarato, postato e promesso “il mio impegno per prendere questi infami”. A Roma, il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega è stato accoltellato da due ladri ma Matteo Salvini ne aveva già fatto dimenticare la notizia perché anche il cordoglio (“oggi mi sento di esprimere vicinanza ai familiari di Mario”), era seguito dal commento: “E’ stato ucciso da due stronzi…”. Era necessario dirlo? “Non lo era e il risultato è stato solo uno: agitare nuove paure. Era il peggiore servizio che il ministro potesse farci. Lo ha fatto”. Lo pensa il segretario del Silp, il sindacato dei lavoratori di polizia, Daniele Tissone, che è davvero un uomo d’ordine e forse per questo un uomo mite, che non sogna stati di polizia ma solo stati dove nessuno la strattoni. “Vedo purtroppo che si sta giocando con il dolore e l’emozione. Di certo non è così che si ricorda il sacrificio di un ragazzo”.

 

E invece per Salvini ogni momento è ottimo per straparlare di sicurezza, anche in un caso come questo dove, dopo una giornata di indagini, tutto è ancora controverso e dove quattro nordafricani, ritenuti gli assassini, si sono ridotti, già nel pomeriggio, a due, per di più americani, e finora solo fermati con l’accusa di furto. Mai come in questo caso, il gioco di Salvini appare forzoso. In passato, della polizia, il ministro ha indossato le divise che secondo Tissone ormai scambia come fossero maschere. “Non comprende che ogni volta ci danneggia. Si appropria di un’istituzione che non ha colore. La verità è che siamo di fronte a un’occhiuta operazione di marketing, una strumentalizzazione inaccettabile e serve solo a non discutere dei contratti scaduti dei poliziotti, dell’insicurezza percepita che io ritengo pericolosa quanto quella vera e propria”.

 

Nella confusione di quest’estate, l’Italia non si è infatti accorta che i suoi poliziotti, in questi giorni, sono scesi in piazza per protestare, per farsi ascoltare dal ministro che ha tempo per tutto ma pochissimo per loro. Da 206 giorni sono senza contratto di lavoro. Lo racconta il segretario generale del Siulp, Felice Romano, che da Salvini aspetta di essere ricevuto al Viminale, “insomma, attendo che si apra un vero tavolo”. E’ quello che per irritare Giuseppe Conte, Salvini, ha prontamente convocato con le parti sociali (quaranta sigle) ma che non ha ancora aperto con Tissone e con Romano. “In questi anni andrà in pensione la metà del personale. Per 19 mila uscite si prevedono soltanto duemila assunzioni. Vorrei discutere di questo e non solo con il bravissimo Nicola Molteni, il sottosegretario, ma anche con il ministro” confida ancora Romano. E invece ci troviamo noi a discutere, insieme a lui, sull’idea che questo ministro ha della sicurezza, degli agenti e dell’idea che gli agenti di polizia hanno di lui. “Faccio mio quanto diceva un prefetto. Le forze dell’ordine devono essere trattate come una bella donna che si può guardare, lodare ma mai avvicinare. Non vorrei che oltre a fare il ministro della polizia, Salvini, si senta lui stesso la polizia. La nostra sensazione è questa. Quando si ama così tanto si finisce per essere uno stalker”. Il ministro vi sta stalkerizzando? “I problemi di ordine pubblico non si risolvono con frasi come quelle di Salvini, ‘bisogna buttare per sempre la chiave’. Ho provato a spiegare che la sicurezza è solo un vagone di un convoglio più grande che prevede giustizia e carcere. Se non corrono insieme il rischio è che deraglino”. E il rischio è anche di pensare che la rivoluzione della sicurezza passi per manganelli elettronici, pistole taser ma solo per il gusto, di un ministro, di lasciarsi fotografare. “Sento ragionare del taser ma sarebbe come avere dei nuovi Robocop ma vecchi e con scarsi mezzi” dichiara Romano. Come confermano sia Romano che Tissone, l’età media dei nostri agenti è di quarantasette anni, la più alta d’Europa, e ben seimila sono utilizzati per rilasciare certificati, permessi di soggiorno. Ma non erano crollati gli sbarchi? “Una parte importante della polizia è impiegata per gestire queste pratiche. Sarebbe stato più utile, come fanno in altri paesi, spostare queste competenze ad altri funzionari dello stato in modo da far tornare la polizia nelle strade a controllare il territorio” dice Tissone che vuole riportare davvero gli agenti per strada anziché ridurli a dei passacarte. E allora per Beppe Pisanu, che dell’Interno è stato ministro per Forza Italia dal 2002 al 2006, è forse arrivato il momento che qualcuno spieghi a Salvini che “il ministro dell’Interno non è un ministro di polizia ma un ministro di garanzia”.

 

Distaccato dall’attualità politica ma non dalla cronaca, Pisanu dice che perfino “Mussolini impediva alle sue squadracce di indossare la divisa nei luoghi istituzionali. Pure uno come lui riteneva opportuno non confondere le parti e garantire l’indipendenza dalla politica”. Per l’ex ministro, il rischio, a furia di politicizzare polizia, carabinieri, finanzieri, è quello di rendere inviso un patrimonio che è di tutti e non di un leader politico. “Trovo tutto questo fuori luogo. Un ministro non deve travestirsi”. Da ministro ha mai desiderato indossare anche lei un’uniforme? “Non mi è mai passato per la testa e se mi fosse passato sarei subito corso da uno psichiatra”.