Tizian Cantone

Suicidio di Tiziana Cantone, archiviati tutti gli indagati

Redazione

Il gip ha accolto la richiesta della procura ma ha disposto ulteriori accertamenti su eventuali responsabilità di Facebook. La ragazza si era tolta la vita dopo la diffusione di un suo video hot

Il caso di Tiziana Cantone ha diviso e fatto discutere. In molti si sono schierati al fianco della giovane 31enne napoletana, suicidatasi nel settembre del 2016, vittima di un suo video hot finito sul web e della gogna cui è stata sottoposta. Altri, invece, pur rispettando il dolore della famiglia, l'hanno attaccata e criticata facendo prevalere l'idea che, in fondo, “se l'è cercata”.

 

Su tutto una vicenda giudiziaria iniziata nel 2015 quando la ragazza aveva sporto denuncia per diffamazione. Oggi il gip di Napoli, Tommaso Perrella, ha disposto l'archiviazione per le sei persone indagate nel procedimento. Ma ha anche disposto un supplemento di indagine chiedendo alla procura di verificare eventuali responsabilità di Facebook Italia.

 

 

 

Durissima la madre di Tiziana, Teresa Giglio: “Sono molto amareggiata. Se mia figlia è morta la colpa è dei magistrati che non hanno fatto il loro dovere, in particolare del pm Alessandro Milita che per primo ha indagato”. “Non cerchiamo un capro espiatorio - ha spiegato il suo legale, Giuseppe Marazzita - ma di certo la diffamazione ai danni di Tiziana c’è stata, ed è una delle cause del suo gesto. Davanti al giudice ho sostenuto la necessità di accertare eventuali responsabilità di Facebook, anche perché il calvario di Tiziana è iniziato proprio quando ha visto il suo nome sul social associato ai suoi video pubblicati su siti porno soprattutto americani. Se quei video fossero stati immessi solo su questi siti, senza alcun collegamento con una piattaforma così diffusa come Facebook, probabilmente lei non ne avrebbe saputo nulla. E in ogni caso Facebook fu diffidato ma non fece nulla”.

 

Tiziana aveva sporto querela proprio dopo aver visto che era possibile accedere ai video tramite social network. Ma la procura non ha trovato elementi che dimostrassero la responsabilità degli indagati. A novembre un'ordinanza del tribunale civile Napoli nord aveva parzialmente rigettato il reclamo di Facebook Ireland stabilendo che la società doveva eliminare tutti i link, i video e le informazioni - pagine di sfottò e insulti vari - anche a prescindere da un preciso ordine dell'autorità amministrativa o giudiziaria.

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