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La fanatica antisionista che danneggia il ritratto di Lord Balfour: una nociva idiozia

Camillo Langone

Dopo Jorit, ecco che un'attivista per i diritti dei palestinesi ha sfregiato il ritratto del politico britannico, conservato all'Università di Cambridge. Il motivo? Sarebbe stato contro la Palestina

È il tempo degli sfregiatori. Dopo Jorit, il muralista putinista che in Russia ha sfregiato Ornella Muti sulla parete di un palazzo (fa lo stesso che Ornella Muti sia contenta dello sfregio, sempre sfregio rimane), ecco la fanatica palestinista che in Inghilterra sfregia Lord Balfour. Accanendosi sul ritratto dell’antico primo ministro conservato nell’Università di Cambridge, anzi, per essere precisi, nel Trinity College, lo stesso di Bacone, Byron, Wittgenstein, Nabokov… Prima spruzzandogli in faccia vernice rossa con lo spray, poi  tagliando forse irrimediabilmente la tela con un cutter. Il risultato, va detto, non assomiglia per nulla a un Fontana. Il grande italo-argentino tagliava con gesto elegante tele bianche, per fare la storia dell’arte, mentre qui viene goffamente tagliata una tela dipinta, per disfare la storia.

 

 

Agli occhi degli antisionisti la colpa di Lord Balfour è quella di aver firmato, oltre un secolo fa, la Dichiarazione per l’appunto Balfour. Che a dirla così sembra un papiro pomposo mentre invece è una letterina di tono basso, burocratico: “Il governo di Sua Maestà vede con favore la costituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico”. Parole generiche e pure abbastanza ambigue, senza nemmeno un cenno a uno stato ebraico indipendente. E comunque nella riga sotto viene posta una condizione: “Nulla deve essere fatto che pregiudichi i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche della Palestina”. Insomma quel Lord conservatore auspicava una Terrasanta multiculturale, al contrario di molti occidentali pro Gaza che di differenze non ne vogliono sapere e protestano, gridano, spaccano, sfregiano affinché fra Giordano e mare esista solo una monocultura araba.
 

E comunque l’iconoclastia. Ce ne sarebbe da parlare a lungo ma adesso che ci penso è una parola troppo colta, rischia di conferire ai danneggiatori di opere d’arte uno status che non si meritano. Nessuno di loro è Leone III Isaurico, il basileus di Bisanzio nemico delle icone laggiù nell’VIII secolo. Sarebbe già un passo avanti smetterla di chiamarli attivisti, l’attivismo ha un’accezione positiva mentre questi spruzzano negatività da ogni bomboletta. Meglio chiamarli vandali, per dirne la nociva idiozia. Meglio ancora chiamarli sfregiatori. Come quegli uomini che buttano l’acido in faccia alla ex fidanzata. C’è qualcuno capace di applaudire uno sfregiatore?

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).