Foto Ap, via LaPresse

Caso Titan. La legge del mare che impone di cercare chi è disperso vale solo per i poveri?

Alberto Mattioli

A leggere i commenti sui social a proposito delle ricerche del sommergibile imploso vicino al relitto del Titanic appare evidente che la colpa di chi era dentro il sottomarino era quella di essere ricco

In mezzo a tutti i “se la sono andata a cercare”, “non sono per niente commosso” e perfino ai “ben gli sta”, nel coro social sulla tragedia dei cinque disgraziati finiti in un cimitero acquatico mentre andavano a visitarne un altro affiora la loro vera colpa: quella di essere stati ricchi. “Erano miliardari”, è la sentenza senza appello che tracima dagli innumerevoli commenti virtuali e per nulla virtuosi. Specie, ovviamente, in quelli made in Italy, perché si sa che per il retaggio culturale cattolico, comunista o cattocomunista, il più micidiale dei tre, la ricchezza non è una fortuna o un merito, ma una colpa, specie poi se la si ostenta in maniera così autolesionista e sì, ammettiamolo benché de mortuis eccetera, anche così stupida. In questa Schadenfreude forse non generale ma di certo generalizzata, l’elemento soldi, cioè il fatto che i de cuius ne avessero tanti da poterli sperperare, è decisivo: non sono solo la colpa, ma l’aggravante. Perché si sa che in Italia ti perdonano tutto, tranne il denaro. Che tu l’abbia ereditato o te lo sia guadagnato poco importa. Per l’invidia sociale fortuna o merito pari sono (e, naturalmente, nel caso che qualcuno i soldi li abbia fatti, non sarà mai perché è stato più intelligente o più sveglio o più lavoratore di altri, magari facendosi venire una buona idea in un garage di Cupertino o di Modena, ma chissà per quali trame o appoggi o disonestà, e cosa ci sarà sotto?). La differenza fra un passante americano e uno italiano sorpassati dal Paperone in Rolls-Royce è che l’americano sogna il momento in cui girerà in limousine anche lui, l’italiano che il riccone sia costretto a scenderne e ad andare a piedi come gli altri. Sterco del diavolo o del capitalismo, il denaro è un peccato talmente grave che il contrappasso di annegare a quattromila metri di profondità è ancora poco.

Si sprecano, ovvio, i paralleli fra i soccorsi subito attivati dai paesi in zona Titanic e quelli non attivati, o attivati poco e male, da quelli del Mediterraneo in occasione dell’ennesima strage di migranti. Quei cinque hanno provato a salvarli perché erano ricchi, sbotta l’indignato globale, i cinquecento no perché erano poveri. Quale nesso ci sia fra le ricerche condotte nell’Atlantico settentrionale e il pessimo pattugliamento nel Mediterraneo da parte di soggetti evidentemente diversi non è dato capire; ma si sa che il moralismo vendicativo ce l’ha sempre con un imprecisato “loro”, il sistema, la kasta, i ricchi e potenti che smuovono la Us Navy per salvare dei turisti grulli con un conto in banca inversamente proporzionale alla prudenza e lasciano morire decine di disperati che il conto in banca proprio non l’hanno. La sacrosanta legge del mare che impone di cercarci chi è disperso vale solo, pare, per i poveri. A quelli di spirito basta questo. Alla fine, è così semplice spiegare il mondo e riempirsi la coscienza di virtuoso sdegno. Senza neanche un po’ di pietà, classica o cristiana scegliete voi, per cinque esseri umani che sono appena morti in una maniera atroce.

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