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Come si trasforma un incidente stradale in un attacco al web

Lorenzo Borga

La tragedia di Casal Palocco e un’operazione collettiva di sociologia giovanile. I valori che cambiano: un’indagine di Nature

Dell’incidente automobilistico avvenuto a Casal Palocco una parola è comparsa in proprio tutti i titoli dei giornali: “yotuber”. È ovviamente questo l’elemento che ha fatto scattare l’attenzione di milioni di italiani su una storia che purtroppo si ripete simile, se non uguale, troppo spesso. Per dimostrarlo basta confrontare l’eco mediatico ricevuto da un’altra vicenda molto simile, di soli pochi giorni prima: provincia di Venezia, sabato 10 giugno, un bambino di 12 anni in bicicletta viene investito da un’auto e muore. Ne avete sentito parlare? Probabilmente no, ecco.

E allora concentriamoci proprio su chi si trovava sul suv che ha travolto l’automobile dove si trovava la vittima. Il primo fatto che ha triggerato – come dicono gli youtuber – il pubblico è stato l’oggetto del video le cui riprese sarebbero state in corso: rimanere 50 ore all’interno di un veicolo in viaggio. Una sfida, una challenge, come se ne vedono a migliaia online. Eppure buona parte dei media hanno riportato commenti dallo stupito all’indignato a questo proposito, non rendendosi forse conto che questo format non è stato certo inventato in rete. Cosa sono le gare trasmesse in programmi come Ciao Darwin in cui i concorrenti nuotano nel fango, trattengono il respiro in vasche d’acqua, saltano seminudi da un ponticello all’altro? E cosa sono le sfide che fanno il giro del mondo registrate nel Guiness World Record se non challenge, che possono anche essere molto pericolose? Eppure i giornali (il cui business, ricordiamolo, è stato stravolto dalla comparsa di piattaforme online e creator) si chiedono come sia possibile che i vecchi video, leciti e senza conseguenze, dei The BorderLine siano ancora online: la ragione è ovvia, perché no? Mentre altri, tra cui Carlo Calenda, arrivano a proporre che lo Stato debba evitare che “una generazione pensi che facendo le cose più idiote avrà milioni di follower, che porteranno loro dei soldi, e tutto questo è inaccettabile, non etico”, facendo in modo che “le piattaforme siano responsabili dei contenuti”. Tralasciando la contraddizione di voler normare (e dunque presumibilmente vietare) contenuti che non si riterrebbero etici perché diseducativi e definirsi liberale, nel caso di Youtube la proposta di Calenda è almeno parzialmente già realtà. Google vieta la pubblicazione di video a sfondo sessuale, che incitano al suicidio e all’autolesionismo, con all’interno incitamenti all’odio, violenti e in cui sono incoraggiate attività pericolose o illegali che rischiano di causare danni fisici gravi o la morte. Numerosi contenuti vengono oscurati proprio per queste ragioni. Certo, col senno del poi il confine tra un contenuto pericoloso o meno è difficile da solcare, ma filmarsi mentre cinque persone si alternano alla guida per 50 ore su un’automobile non appare di per sé un’azione così pericolosa da destare tanto clamore.

Alla luce di quanto filtra dalle indagini, non è il video che ha ucciso e ferito: è semmai il comportamento di chi si trovava alla guida, che è infatti a oggi l’unico indagato della vicenda. Questa è una storia di cronaca nera sulla strada, mentre è stata trasformata in un’operazione collettiva di sociologia giovanile.

Tutta l’attenzione si è concentrata sul fatto che a bordo si trovassero degli youtuber, tanto che su molte homepage ha campeggiato a lungo un video di uno dei membri del canale che scherniva in modo volgare i possessori di Smart (il modello poi coinvolto nell’incidente). Nonostante questa persona si sia detta estranea alla vicenda non essendosi mai messo alla guida. Eppure quel video ha assunto più rilevanza della vicenda in sé.

In aiuto, a questo proposito, ci arriva una freschissima ricerca pubblicata dalla rivista scientifica Nature, in cui gli autori si chiedono appunto se davvero la moralità stia declinando generazione dopo generazione. I ricercatori hanno sfruttato i sondaggi compiuti dal 1949 a oggi negli Stati Uniti, a cui hanno partecipato oltre 220mila americani. Secondo un’ampia maggioranza di questi sì, i valori morali avrebbero effettivamente perso vigore nel tempo e le persone sarebbero diventate meno oneste e rispettose rispetto al passato. Come controprova, i ricercatori hanno però chiesto a uno stesso gruppo di persone per due volte, a distanza di almeno dieci anni, di giudicare la moralità dei propri contemporanei. E, sorpresa, le risposte non sono variate in modo significativo tra i due periodi: il giudizio non era cambiato, nonostante la convinzione che invece rispetto al passato i costumi siano imbarbariti. Se pensiamo al passato, crediamo che la società abbia perso i suoi valori, ma i giudizi sulla società in cui viviamo non sono cambiati nel tempo. Nature spiega questa contraddizione con la tendenza della nostra memoria di ricordare del passato più le buone notizie rispetto agli eventi che hanno causato dolore e turbamento, ma soprattutto al fatto che i “mass media si concentrano molto di più sulle persone che adottano comportanti antisociali”. E inevitabilmente anche il racconto giornalistico dei fatti avvenuti a Casal Palocco rinforzerà questa convinzione, venendo ricordati come l’ennesimo caso di diseducazione giovanile piuttosto che un drammatico incidente d’auto qual è.