La scorta di torte al Caffè Sacher di Vienna (Ansa)

È il mercato, bellezza

Il Caffè Sacher a Trieste ha venduto tutte le torte, nonostante le polemiche

Francesco Bercic

Dieci euro per una fetta del dolce viennese? Tutti sembrano lamentarsi, ma la caffetteria domenica è stata costretta a chiudere per i troppi acquisti. “Un successo pazzesco”, racconta al Foglio il titolare del locale Dizzi Alfons

Trieste. Chi domenica scorsa fosse passato davanti al nuovo Caffè Sacher aperto nel centro della città di Trieste, si sarebbe scontrato con una serratura blindata e con un’atmosfera mesta e stagnante dentro l’elegante locale. I passanti perplessi, in effetti, domenica, non riuscivano a spiegarsi le serrande abbassate in un giorno festivo. A sentire le polemiche sui prezzi della celebre torta viennese, la Sacher appunto, consumabile al tavolo al costo di circa dieci euro, la sorprendente chiusura a pochi giorni dall’inaugurazione sembrava il perfetto compimento della condanna inflitta alla caffetteria dal dibattito cittadino. “E’ ingiusto far pagare dieci euro una fetta di torta!”. Un’indignazione apparentemente collettiva che ha poi travalicato i confini giuliani per raggiungere mezza Italia, accesa dalle dichiarazioni del sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza: “La torta costa troppo? Se hai i soldi vai, sennò guardi fuori”.

Il furore del popolo, che rivendicava il suo diritto a gustare una torta al cioccolato ad un prezzo ritenuto “onesto” appariva insomma vittorioso, con il sindaco derubricato alla stregua di un dittatore gastronomico e la ditta costretta a ritornare sui suoi passi, aspettando tempi migliori. Invece, stando alle parole della stessa caffetteria, la realtà parrebbe, almeno per ora, dire il contrario. Il bistrot Sacher non era chiuso infatti per troppe poche prenotazioni né per chissà quale altro motivo dettato dagli sdegnosi commenti sui social. Ma perché, in soli tre giorni di attività, tutte le scorte predisposte dai gestori sono andate vendute. “Siamo andati a Vienna sabato mattina prendendo le torte rimaste in magazzino, siamo tornati qui nel pomeriggio e la sera era già finito tutto, un successo pazzesco”, racconta al Foglio il titolare Dizzi Alfons. Gente che si scapicollava per agguantare una fetta, altri che portavano via intere casse facendo provvista. Mentre si osteggiava l’ingiustizia dei prezzi “spropositati”, file e file di persone affollavano la piccola via Dante su cui si affaccia il locale per poter assaggiare la famigerata torta. Avventori perlopiù locali, se è vero che “il 90 per cento delle torte sono state comprate da triestini”, come appurato da Alfons in persona. Forchette implacabili e non fermate, evidentemente, dal listino prezzi della discordia. E, anzi, forse trascinati lì proprio dal passaparola cittadino e dalla sovraesposizione mediatica; o forse, più semplicemente, perché volevano provare la ricetta segretissima che dal 1832 a Vienna si conserva con una cura quasi maniacale.

Ed è infatti anche la specialità di produzione e di conservazione della torta a spiegare lo scontrino. La quale torta non viene preparata direttamente nelle cucine delle caffetterie sparse per il territorio mitteleuropeo, ma solo ed esclusivamente nelle serrate stanze viennesi e da lì poi distribuita alle varie filiali. Con un’attenzione particolare agli ingredienti, di cui si conosce solo sommariamente la lavorazione per preservarne l’unicità. Non proprio un dolce dozzinale, il cui costo è facilmente ammortizzabile. “Non è possibile farla pagare di meno, il prezzo è lo stesso di Vienna e qui c’è pure il costo del trasporto”, spiega sempre il titolare.

Tutto questo, l’opinione pubblica sembra ignorarlo. Ma, stando a quanto successo finora, i desideri edonistici paiono conoscerne molto bene i motivi. Tant’è che oggi, incurante di tutte le vessazioni ricevute, il Caffè Sacher riaprirà i battenti, pronto ad accogliere la clientela che, fra uno sbuffo e un tweet d’irritazione, farà a spintoni pur di dare una forchettata. E’ il mercato delle torte, bellezza.

Di più su questi argomenti: