(foto Ansa)

Il caso

Roma, per completare la Metro C non bastano 1,6 miliardi

Gianluca De Rosa

L'annuncio di Giovannini e la risposta del Campidoglio: mancano 600 milioni. Per superare il problema l’assessore Patanè ha concordato con i tecnici del Mims una deroga sul divieto del finanziamento dei lotti costruttivi. Accadde già con la Tav

Si promettono fuochi d’artificio. Lo dice anche la location. Non l’istituzionalissimo Campidoglio. Il sindaco Roberto Gualtieri per presentare i progetti della Capitale che saranno realizzati grazie al Pnrr ha invitato ben tre ministri in un luogo normalmente dedicato allo spettacolo – dai concerti al cinema –, l’Auditorium. E proprio uno di loro, il responsabile del dicastero della Mobilità sostenibile e Infrastrutture, Enrico Giovannini ha offerto il colpo di teatro, divulgando la vera notizia di giornata. “Ho scritto al sindaco Gualtieri proponendo uno stanziamento di 1,6 miliardi per il completamento della Metro C”. Non si tratta di fondi del Pnrr. Anche se il piano di ripresa europeo ha giocato un ruolo essenziale anche per l’arrivo di questi fondi. In sostanza, i soldi sono stati trovati tra le pieghe del bilancio, liberati grazie ai bandi del Pnrr (che li hanno sostituiti nel finanziamento di alcune opere). Il Mims dunque ha potuto reindirizzarli, e ha deciso di farlo per la realizzazione di metropolitane nelle principale città italiane (il tesoretto vale in totale 4,6 miliardi). Insomma, si sono illuminati i presenti, ci sono i soldi per andare avanti con la metro C. Per finirla. In realtà, non è proprio così. A farlo capire subito è stato proprio il sindaco che commentando la notizia è stato soprendentemente freddo. “Per il completamento delle linee metropolitane: c’è ancora un gap da 5 miliardi, ma con queste risorse aggiuntive facciamo un salto in avanti molto significativo”, ha detto.

In questo calcolo Gualtieri ha pensato agli altri obiettivi della sua giunta per avverare nella Capitale una vera cura del ferro: il prolungamento delle metro A e B e la costruzione della linea D. Ma anche stando solo alla C i conti non tornano. Il prossimo pezzo di linea che deve essere realizzato – tecnicamente parlando la tratta funzionale T2, da piazza Venezia a piazzale Clodio – costa 2,2 miliardi. Mancano dunque 600 milioni. Se si seguisse il criterio nel 2004 ha dato il via alla costruzione dell’infrastruttura, spetterebbe a Campidoglio e Regione Lazio colmare questo divario. All’epoca, infatti, metro C fu co-finanziata: il 70 per cento fu pagato dal ministero, il 18 dal comune e il restante 12 dalla Regione. L’intenzione però non sembra essere questa.

Negli scorsi giorni durante diverse riunioni al ministero l’assessore alla Mobilità del Campidoglio Eugenio Patanè ha spiegato il problema ai tecnici del Mims. I dirigenti ministeriali hanno ascoltato, ma poi hanno tirato le somme: più fondi però non ce ne sono. Come fare dunque? Molto semplice, fare con Metro C quello che si è già fatto per la costruzione di un pezzo della Tav Torino-Lione: derogare alla legge. Le regole prevedono infatti che per il finanziamento delle infrastrutture sia necessario procedere per lotti funzionali (segmenti di realizzazione che hanno appunto un certo grado di autonomia funzionale e fruibilità). Sono invece vietati i finanziamenti dei lotti costruttivi, e cioè di suddivisioni più o meno arbitrarie della realizzazione di un’opera. Chi assicurerebbe poi il resto del finanziamento (almeno fino a un livello che la renderebbe fruibile)? Per superare questo divieto è necessaria una deroga con valore di legge. Deroga che – assicurano dal Campidoglio – il Mims avrebbe promesso di inserire in uno dei prossimi provvedimenti.

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