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I socialisti sono scritti su tutti i muri e si innamorano più degli altri

Paola Peduzzi

In America è arrivato Red Yenta, un social per appuntamenti soltanto di gente di sinistra. E Trump sorride

C’è chi è ancora lì a perder tempo con Tinder, per parlare con i giovani dobbiamo mandare messaggi lì, ma intanto il mondo è andato avanti, è andato oltre, in quanti appuntamenti noiosi devo ritrovarmi, quanti sorrisi devo fingere, quante scuse devo inventarmi prima di trovare qualcuno che, politicamente, la pensi come me? In America è arrivato Red Yenta, un social per appuntamenti soltanto di gente di sinistra, socialisti possiamo anche dire, visto che ormai non si parla che di loro: i socialisti. Il magazine New York li mette in copertina: “Quand’è che tutti sono diventati socialisti?”, e Simon van Zuylen-Wood racconta di Red Yenta, delle due ragazze che l’hanno fondato (motivazione: gli uomini socialisti non escono con donne socialiste, com’è possibile?), del mondo di sinistra che a New York, a Brooklyn, è diventato socialista per la semplice ragione che il termine nella angelicata America è “una tela bianca sui cui i giovani di sinistra possono disegnare le loro proiezioni”, qualsiasi esse siano: e poi dirsi socialista “suona più sexy”. Bernie Sanders, che nel 2016 ha sdoganato il socialismo da solo quando tutti guardavano altrove, è tornato in pista, oggi parla più di se stesso che delle sue idee, perché quelle sono diventate monopolio di altri, di altre anzi, e allora lui fa quello che non aveva fatto tre anni fa, si mette in gioco con i suoi tanti anni e una carriera di purezza ideologica.

 

I conservatori dall’altra parte sentono il profumo del sangue: al Cpac, l’appuntamento annuale del mondo dei repubblicani che è stato dirottato da Donald Trump e dal suo discorso durato due ore (“esco dagli schemi e da quel che era stato stabilito, perché così sono io, così siamo noi, così si vince: fuori dagli schemi”), non s’è parlato che di socialismo. Loro – intesi i democratici – vi vogliono trascinare nel vortice del socialismo, non da oggi certamente (già dieci anni fa Barack Obama era un socialista), ma oggi più che mai, e anzi c’è chi qualche distinzione la fa, rispetto al passato: prima almeno i democratici erano pragmatici, ora invece sono soltanto fanatici. Detto da questo popolo che ha smesso i panni della resistenza interna e ha fatto quadrato attorno al proprio leader fa un po’ sorridere, ma per il 2020 la battaglia sarà questa: noi trumpiani di qui a difendere l’America da quelli di là, i radicali, i socialisti. Che ne è dell’opposizione interna al Partito repubblicano al suo presidente atipico e ingovernabile, che minaccia di invadere il Venezuela (bene, contro i comunisti!) ma fa prove di pace con la Corea del nord (c’è comunista e comunista evidentemente), che all’ortodossia conservatrice bada poco o per nulla, e che trascina il paese dietro alle proprie ossessioni? John McCain, pace all’anima sua, diceva che un giorno il Partito repubblicano avrebbe dovuto assumersi la responsabilità di questo sfregio alla propria identità, ma anche il suo monito è finito nella spazzatura della storia: la repubblicana Michelle Malkin se l’è presa, nel suo intervento, con “il fantasma” di McCain e ha ricevuto una standing ovation. Il Partito repubblicano ha imparato ad amare il suo Trump, nonostante le perplessità iniziali, e il dissenso si è fatto sempre più piccolo, sempre più innocuo. I NeverTrumper vorrebbero delle primarie anche per i repubblicani, uno sfidante interno a Trump, ma ormai sono in minoranza, e il Partito al limite cerca di contenere i danni del presidente, non certo di cambiarlo. Se poi dall’altra parte ci sono i socialisti, diventa tutto più semplice, ideologia di qui contro ideologia di là, almeno non potrete dire, a questo giro, che non avevate capito bene chi avevate davanti.

 

Chi vincerà, in questo scontro di estremi, non si sa. Ma a chi chiede di moderare i toni, di riflettere bene, di usare anche un pochino di cautela, risponde Alexandria Ocasio-Cortez, sempre lei, nessun altro che lei. In un incontro pubblico, ha detto a quelli che la accusano di essere irrealistica: “Provateci voi, allora, provateci. Perché non lo state facendo, non state facendo niente. Ma finché non farete niente, I’m the boss here, how about that?”. E gli altri lì, ancora con Tinder.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi