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Il politicamente corretto oggi bloccherebbe pure un film come “Lezioni di cioccolato”

Secondo il Guardian "Robinson Crusoe" di Daniel Defoe è una favola coloniale. Rivedere il film diretto da Claudio Cupellini per capire cosa non sarebbe più concesso al cinema italiano

Mariarosa Mancuso

“È ora di finirla con Robinson Crusoe”, titola il Guardian, bollando il romanzo di Daniel Defoe come una favola coloniale. Sono passati 300 anni dal fortunatissimo bestseller che spinse lo scrittore a fornire subito un seguito: le saghe non affliggono solo il cinema di oggi, un personaggio di successo è un capitale che frutta parecchio. Le colpe, agli occhi di oggi, sono la schiavitù, la supremazia dell’uomo bianco sui Venerdì (nonché dell’Inghilterra sulle colonie), l’idea dell’operosità individuale che trasforma il mondo. Il Guardian per soprammercato aggiunge il suolo subalterno della donna, ed è un miracolo che non aggiunga l’ecologia: l’isola deserta deve restare deserta, lo sciagurato naufrago non solo si costruisce una casa, aggiunge una seconda casetta per andarci in stagione. Tre secoli sono tanti, allora la scienza medica curava quasi tutti i malanni con le sanguisughe, altro che vaccini. Fa più impressione rivedere per caso un film italiano girato una decina d’anni fa. E constatare, scena dopo scena, che oggi non sarebbe più concesso. Neanche in Italia, dove la correttezza politica non ha mai davvero attecchito. Parliamo di “Lezioni di cioccolato” diretto da Claudio Cupellini, con Luca Argentero e Violante Placido.

 

Trama: Un imprenditore che non rispetta le norme di sicurezza… Prima protesta: Stop, un momento, cosa vuol dire che non rispetta le norme di sicurezza, tutta la categoria viene messa in croce per una mela marcia? Riprendiamo: Un imprenditore che non rispetta le norme di sicurezza, risparmia su tutto, fa lavorare in nero un muratore egiziano… Seconda protesta: ma come un operaio in nero, e pure egiziano? Non li avevamo rimandati tutti a casa, qui si mette in dubbio l’efficacia delle azioni di governo!

 

Ricominciamo un’altra volta. L’operaio egiziano cade dall’impalcatura, si fa male, e ricatta l’imprenditore: “Mi ero iscritto a un corso da cioccolataio, ora ho le braccia ingessate e non posso frequentarlo. Devi andarci tu al posto mio, portarmi il diploma con il mio nome, così smetto di lavorare in nero al cantiere e apro una pasticceria”. Luca Argentero accetta, temendo di finire in galera, e si traveste da egiziano. Lampada per scurire la pelle, capelli ricci, italiano molto incerto e pesantemente accentato. Stop, stavolta sono i sinceramente democratici a protestare. Ma vi pare il mondo di ridicolizzare un popolo intero, forte di una millenaria civiltà?

 

Dicono gli sceneggiatori a loro scusante: Ma è satira, è un film comico, è fatto per far ridere (ed è uno dei pochi titoli italiani che riesce nell’intento). Non è un buon motivo, pentitevi e chiudiamo la pratica qui, sennò vi scateniamo contro le femministe. Che personaggio è uno che non vuole fidanzarsi per non dovere, in futuro, trovarsi a pagare gli alimenti?