Foto di Luciana Rota

Come cambia lo spumante italiano per rilanciarsi (e superare il problema inflazione)

Luciana Rota

Nel primo trimestre del 2023 le vendite sono calate dello 0,5 per cento, ma potrebbe trattarsi solo di un momento di passaggio. I dati e la voglia di bollicine che aumenta

I gusti cambiano, si modificano. E anche il vino cambia. E tutto ciò è qualcosa di positivo, per tutto il settore, anche per lo spumante italiano. Non è il solo, è in linea con quanto sta accadendo all'estero, dallo Champagne al Cava. “Un cambiamento necessario, che deve costruire futuro e sviluppo, dubbi compresi, perché chi ha certezze non può fare ricerca ed innovare ed il mondo della spumantistica ha bisogno di svecchiarsi e di trovare coraggio, avere visioni. Serve diffidare dei ricercatori che non hanno dubbi”, dice il professor Attilio Scienza, direttore scientifico di Vinitaly Academy a Spumantitalia, convivio di bollicine (4-6 giugno 2023), pensato e messo in pratica da Andrea Zanfi del gruppo Bubbles al Palavela con le 100 migliori aziende italiane presenti.

Cambiamento e diversità, non omologazione del vino, tendenze che diventano valori, coraggio di non accontentarsi di rincorrere le case history di successo senza capire che invece, il consumatore è cambiato: chi beve bollicine cerca cose nuove, coinvolgenti, che parlano di un paese, di una regione, di una cantina, di una vigna in particolare. “Ci vuole una visione più libera, uscire dai pregiudizi di un mondo sempre più segmentato. Bollicine particolari, magari da vitigni autoctoni, questa può essere davvero la grande sfida della spumantistica italiana”, dice Fabio Piccoli, dal suo osservatorio speciale di Wine Meridian.

La percezione del cambiamento sta nella diversità da raccontare anche nel metodo: si sceglie fra un Metodo italiano alias un Prosecco, un Metodo Classico alias un Franciacorta o un Oltrepò Pavese o un Trentodoc o un’Alta Langa, ma anche pescando da un’infinità di vitigni, persino autoctoni, che regalano bollicine classiche indimenticabili: dal nord al sud, lì dove ci sono le giuste escursioni termiche. Il terroir italiano.

La bellezza di un paese di bolle da un estremo all’altro: così lo spumante dell’Etna, così le bolle estreme di Arunda a Meltina di Bolzano, a 1.200 metri, dove lavora la cantina più alta fra quelle del Metodo Classico in Italia. È lo storytelling geografico e orizzontale del vino. O verticale se vogliamo guardare ai numeri: 970 milioni di bottiglie prodotte di spumante italiano (pari a 2,85 miliardi di euro), 78 per cento per l’export (dati 2021/2022), con i mercati di punta come Stai Uniti, Canada e l’emergente Gran Bretagna (tendenza confermata al London Wine Fair). In Francia lo spumante italiano cresce del 25 per cento (dati 2022).

Lo spumante italiano ha fascino nonostante i dati del primo trimestre allarmino: le vendite sono calate dello 0,5 per cento. C’è chi dice però che bisogna andare oltre che serve solo un po' di pazienza.

I numeri degli spumanti italiani, analizzati nel primo trimestre 2023, secondo l’Osservatorio del Vino Uiv–Vinitaly, parlano di una piccola sofferenza. A valore, complici i listini in aumento a causa dei costi produttivi aumentati, il saldo generale dice -1 per cento (1 miliardo di euro). La tendenza a una progressiva diminuzione dell'inflazione fa però sperare in una ripresa nella seconda parte dell'anno. Tempo al tempo. Questo è il pensiero che regna anche a Spumantitalia 2023. “Il tema del cambiamento va affrontato sul serio – dice Luca Giavi, direttore generale del Consorzio di Tutela Prosecco Doc – nel cambiamento ci deve essere un investimento nella ricerca pronta all’uso, bisogna anticipare senza avere fretta di risultati. Come per il Rosé, che nel corso di un anno o due ci darà risultati coerenti, lo vediamo già fra i giovani, gli eno-raffinati, che nelle degustazioni finiscono subito le nuove versioni rosé di Prosecco. E questo test già di per sé parla chiaro”.

Gli esperti di Riva del Garda dicono che il cambiamento c’è e si sente, che non bisogna dormire, come certi spumanti – i dormienti – che se te li dimentichi in cantina poi ti regalano emozioni infinite proprio quanto un rosso da invecchiamento. Potrebbero essere il prossimo passo di una lunga storia di vini italiani.

Di più su questi argomenti: