Bocuse d'Or a Torino, 2018 (Foto LaPresse/Nicolò Campo)

Le “madri lionesi”, pioniere della cucina francese che hanno inventato Bocuse

Mauro Zanon

Oggi le donne chef in Francia rappresentano meno del 6 per cento del pantheon degli stellati. Ma tutto ebbe inizio nei "bouchons" di Lione, dove negli anni Venti alcune domestiche intraprendenti rivoluzionarono l'alta gastronomia

E’ il 1946 quando un ventenne di nome Paul Bocuse si presenta sul col de la Luère, a Pollionnay, dove una signora dal sorriso bonario cucina meraviglie nel suo ristorante di specialità lionesi. “Dimmi piccolino, come sei salito quassù?”, chiede la proprietaria incuriosita. “In bici, madame”, risponde il futuro padre della nouvelle cuisine francese. La signora scorge in quel ventenne una grande voglia di imparare, e, con un sorriso, lo invita a fermarsi nel suo chalet: “Si vede che non sei un fannullone, vieni a lavorare con me”. Eugénie Brazier è stata la madre dell’alta cucina francese, la “santa dei gastronomi”, come l’ha definita lo chef stellato Mathieu Viannay, che nel 2008 ha acquisito La Mère Brazier, istituzione della cucina lionese situata al 12 di rue Royale a Lione, che quest’anno festeggia i suoi cent’anni. “Mia nonna, quando ha aperto il ristorante, ne ha fatto subito qualcosa di chic e alla moda”, racconta oggi Jacotte Brazier, nipote di Eugénie.

 

Quella delle “mères lyonnaises”, signore di origini modeste che lavoravano come domestiche nelle grandi famiglie borghesi di Lione tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, è un’“avventura ingiustamente dimenticata”, scrive il settimanale Obs. Perché furono loro, mère Brazier, mère Castaing, mère Léa, mère Blanc le pioniere dell’alta gastronomia francese, coloro che trasferirono l’arte della buona cucina dalle case ai “bouchons”, i tipici ristoranti di Lione. Custodi di una cultura culinaria, sublimata in seguito dai Paul Bocuse e dai Bernard Pacaud, le madri lionesi furono “un fenomeno eccezionale per l’epoca”, racconta Michèle Barrière, storica dell’alimentazione.

 

Eugénie Brazier fu la più nota di queste donne dal forte temperamento che rivoluzionarono la cucina francese. Assunta come balia in una famiglia di produttori di pasta, Eugénie, alla fine della Prima guerra mondiale, fece il suo apprendistato chez La Mère Fillioux, al 73 di rue Duquesne, a Lione. Alla Brasserie du Dragon, in seguito, si costruì una solida reputazione, e ad appena 26 anni, nel 1921, aprì il suo primo bouchon lionese. Gli inizi non furono semplici. Ma grazie al passaparola e agli elogi del celebre critico gastronomico Curnonsky e del Club des Cent il suo ristorante divenne in poco tempo il più popolare della città. Il sindaco di Lione e presidente del Consiglio dell’epoca, Edouard Herriot, era devoto alla cucina della “mère Brazier”: si faceva portare a casa i suoi piatti ogni sera, lontano dagli occhi indiscreti della severa moglie. “A volte gli facevo il foie gras, nonostante fosse vietato dalla sua dieta. Césarine, la sua governante, glielo portava di nascosto”, racconterà Eugénie Brazier. Fu la prima donna a ottenere tre stelle Michelin e per entrambi i ristoranti che gestiva: sia quello di rue Royale, sia quello di Pollionnay. Era il 1933. Poche altre, negli ultimi novant’anni, sono riuscite a diventare “triplement étoilée”. La più famosa, oggi, è Hélène Darroze, ricompensata con il massimo riconoscimento lo scorso gennaio per il suo ristorante Hélène Darroze at The Connaught di Londra.

 

Come riportato dall’Obs, le donne chef, oltralpe, rappresentano meno del 6 per cento del pantheon degli stellati. “In Francia, la cucina è diventata molto rapidamente un’arte, e come in tutte le arti le donne sono assenti. O perché vengono cacciate, o perché loro stesse vi rinunciano”, spiega Michèle Barrière. La regista Vérane Frediani, nel 2016, ha realizzato un documentario itinerante sulle donne che nel mondo innovano l’alta gastronomia, intitolato “À la recherche des femmes chefs”: donne che si battono nel quotidiano in un universo largamente dominato dagli uomini e vedono nella cucina anche un mezzo di emancipazione e di affermazione nella società, sulla scia dell’esempio lionese delle “mères” nella prima metà del Ventesimo secolo.


 

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