Facciata del ristorante Auberge du Pont-de-Collonges

Chi è più stanca la guida Michelin o la cucina francese?

Mauro Zanon

C'è una crisi di stelline in Francia e, mentre i ristoranti accusano gli ispettori, a Parigi è il momento dei piatti italiani

Parigi. C’è chi dice che “era già tutto scritto”, che da quando è morto “Monsieur Paul”, due anni fa, non si è più stati in grado di mantenere la stessa qualità, e c’è chi, invece, è caduto dalla sedia leggendo che la Guida Michelin ha tolto la terza stella al celebre ristorante di Paul Bocuse, l’Auberge du Pont-de-Collonges, vicino Lione, tempio dell’alta gastronomia francese, giudicato pressoché intoccabile, al punto che alcuni avevano proposto di escluderlo dalla classifica, conferendogli una stella speciale, un’étoile d’or. “Gli ispettori si sono recati più volte nel ristorante nel corso del 2019”, e hanno concluso “che la qualità continuava a essere eccellente, ma non più al livello di un tre stelle”, ha spiegato Elisabeth Boucher-Anselin, direttrice della comunicazione della attività gastronomiche e turistiche di Michelin. La famiglia Bocuse e la squadra alla guida del celebre ristorante di Collonges-au-Mont-d’Or si sono detti sorpresi dalla perdita della troisième étoile, che possedeva ininterrottamente dal 1965. “Se c’è una cosa che non vorremo mai perdere, è lo spirito di ‘Monsieur Paul’”, hanno scritto in un comunicato la famiglia, il direttore generale del ristorante Vincent Le Roux e tutta la squadra.

 

Gli sforzi di modernizzazione, pur restando fedeli alla tradizione – “tradition en mouvement” è il concetto lanciato nell’ottobre del 2019 dal ristorante – non hanno funzionato, e la notizia della perdita dell’étoile è un lutto nazionale nel mondo della gastronomia francese. “È tutta la famiglia Bocuse d’or ad esprimere la propria tristezza e il suo rispetto rinnovato per l’opera di ‘Monsieur Paul’”, ha reagito Olivier Ginon, presidente del gruppo GL Events, che organizza il Bocuse d’or, uno dei più importanti concorsi gastronomici del mondo. La scelta della guida rossa ha fatto trasalire, soprattutto, molti chef, come Guillaume Gomez, alla guida dei fornelli dell’Eliseo, secondo cui il lavoro del ristorante “non è stato riconosciuto”, e Georges Blanc, storico rivale di Bocuse, “rattristato per la squadra” dell’Auberge du Pont-de-Collonges. Alcuni si sono spinti molto più lontano, accusando la guida di aver tolto una stella al ristorante solo per farsi pubblicità, e provare a contenere il calo delle vendite.

 

“È una decisione patetica”, ha commentato Marc Veyrat, chef della Maison des Bois, al centro di una battaglia giudiziaria con la guida perché anche lui, lo scorso anno, ha perso la terza stella. “È assurdo. Sono persone incompetenti quelle che ci giudicano. Non sono persone per bene. Siamo costernati”. Sulla sua scia, Périco Legasse, critico gastronomico e giornalista di Marianne. “Michelin è in mancanza di notorietà”, ha attaccato Legasse, dicendo che i membri della guida rossa “non sanno più mangiare”, e sono “alla ricerca di un effetto di comunicazione”. Critiche di questo tipo, così veementi, all’autorevolezza della Guide Michelin non sono una novità.

 

 

È da un po’ di tempo che la guida rossa non gode più di quello statuto di santuario, e la scelta dello chef Sébastien Bras, lo scorso anno, di rinunciare alle stelle, né è la prova (già nel 2008, il grande Gualtiero Marchesi, padre della nuova cucina italiana, non voleva più sottoporsi al sistema di valutazione degli ispettori francesi, che definì uno “scandalo”; Arrigo Cipriani, il patron dell’Harry’s Bar di Venezia, l’ha sempre chiamata con sdegno “la famosa Guida francese dei copertoni”). Ma la domanda che in molti a Parigi iniziano a porsi è un’altra: è soltanto la guida a essere in crisi, o è anche la cucina francese a essere entrata in un profondo declino?

  

Nel 2011, Michael Steinberger, critico gastronomico del New Yorker e amante della cucina d’oltralpe, scrisse un pamphlet per spiegare quanto fosse “stanca” la cucina francese, incapace di trasmettere calore e di adattarsi all’epoca. “I ristoranti sono troppo cari, lontani da ciò che i clienti si aspettano oggi. Non vogliono più un lusso soffocante e pagare conti folli. Talvolta, ho l’impressione di mangiare in un cimitero, compassato, noioso. Vorremmo un po’ di vita e di esuberanza. Questo piacere, oggi, lo trovo altrove”, dichiarò Steinberger al Parisien, prima di aggiungere: “La Francia perde progressivamente la sua tradizione culinaria. Siete diventati il secondo paese di McDonald’s per numero di consumatori, e la cucina familiare è in pericolo”. Nel 2017, Nicolas Chatenier, rappresentante della Francia al 50 World’s Best Restaurants, ricordò ai suoi connazionali che criticavano i metodi della classifica che aveva appena eletto Massimo Bottura, chef dell’Osteria francescana di Modena, re della gastronomia, che i “concorrenti mondiali” sono molti, il panorama gastronomico è cambiato, e non c’era nessun “metodo opaco” dietro la scelta che aveva messo il primo francese all’ottavo posto, quanto piuttosto una certa “frustrazione esagonale” per una cucina che non luccica più come un tempo.

 

Oggi, come raccontato bene, tra gli altri, da un articolo di Slate.fr, sono l’alta cucina italiana e giapponese a distinguersi per freschezza e vivacità nel panorama gastronomico in Francia, a detrimento della haute cuisine française. Al Royal Monceau-Raffles, celebre hotel dell’Ottavo arrondissement, il ristorante di cucina francese è scomparso a beneficio di Nobu Matsuhisa, grande chef nipponico alla guida di una trentina di tavole nel mondo. Le Carpaccio, l’altro indirizzo culinario del Royal-Monceau, è un ristorante italiano (una stella Michelin) che offre un ventaglio di piatti regionali del Belpaese molto apprezzati. Al Caméléon, a Montparnasse, Jean-Paul Arabian, padrone di casa, per venire incontro ai gusti dei suoi clienti, ha sostituito tutte le sue specialità francesi con dei piatti italiani: vitello tonnato, spaghetti alle vongole, risotto allo zafferano, tiramisù, tutti curati dallo chef milanese Daniele Frontino. Al Four Seasons George V, situato nel Triangolo d’oro di Parigi, a due passi dagli Champs-Elysées, il direttore generale José Silva ha lanciato il ristorante italiano Le George, guidato da Simone Zanoni, ex braccio destro di Gordon Ramsay. Scrive Slate: “La pasta ha sostituito il Black Angus e il minestrone la blanquette de veau au berre blanc, è l’evoluzione dei tempi: l’Italia in pieno boom, la cucina francese in declino?”.

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