Il Papa nomina un discusso teologo argentino al Sant'Uffizio

Victor Manuel Fernández è il nuovo prefetto del dicastero per la Dottrina della fede. Una nomina che chiude per sempre la lunga stagione ratzingeriana

Matteo Matzuzzi

Curriculum povero ma fedelissimo di Francesco, che appena eletto Papa lo nominò vescovo. Una scalata senza soste, tra pubblicazioni, consigli richiesti e lavorìo da ghostwriter

Roma. Il Papa ha scelto come nuovo prefetto del dicastero per la Dottrina della fede l'arcivescovo argentino Victor Manuel Fernández, titolare della diocesi di La Plata. Anni fa, al principio del pontificato, Fernández era una delle stelle che brillavano nel firmamento bergogliano: lui fu la prima nomina episcopale del neoeletto Pontefice, che sanò quello che anni prima ritenne uno sgarbo personale (a lui e a Fernández): il Vaticano, infatti, aveva bocciato la nomina del teologo a rettore dell'Università cattolica d'Argentina, salvo poi cedere nel 2009: a proporlo era pur sempre il cardinale primate del grande paese sudamericano. Il motivo? Non aveva i titoli e certo le pubblicazioni puntigliosamente elencate nel comunicato diffuso sabato mattina dalla Sala stampa vaticana, aiutano un po' a comprendere le ragioni del diniego (fece molto parlare, anni fa, il suo “Saname con tu boca. El arte del besar”, curiosamente assente nella lunga lista di saggi, libelli e dissertazioni illustrate dal Vaticano).

 

La teologia di Fernández non è che debole, commentavano all'epoca teologi di fama e curriculum corposo, è che proprio non c'è. Acqua di rose, si direbbe in modo spiccio: pensierini buoni per accompagnare il fedele stordito e in cerca di qualcosa: il baciare, appunto. In realtà, Fernandez non è mai stato uno sprovveduto: ad Aparecida, nella celebre Conferenza dell'episcopato americano che vide proprio il cardinale Bergoglio protagonista (era il segretario generale dell'assemblea), nel 2007, contribuì in modo sostanziale alla stesura del testo finale. Fu uno dei protagonisti “occulti” del Sinodo sulla famiglia del biennio 2014-15, dichiaratamente aperto ad andare anche oltre la mediazione finale sul riaccostamento alla comunione dei divorziati risposati, è la mano di Amoris laetitia, ma soprattutto è la penna che rese su carta il grande programma del pontificato: l'Evangelii gaudium è opera sua, naturalmente con le dritte che gli arrivavano da Francesco.

 

Sulla stampa lo si descriveva come il consigliere teologico di riferimento del Papa e si preconizzava per lui la chiamata al Sant'Uffizio non appena il mandato di Gerhard Ludwig Müller sarebbe cessato (o fatto cessare). Non andò così, perché nel 2017 la scelta cadde sul gesuita Ladaria, segretario uscente e dal profilo conservatore – ma, a differenza del predecessore, meno mediatico e assai parco in considerazioni pubbliche, interviste e pubblicazioni – e Fernandez dovette consolarsi con la seconda più importante diocesi argentina, La Plata, dove andò a prendere il posto di mons. Héctor Ruben Aguer, il grande oppositore di Bergoglio ai tempi in cui i due facevano parte della Conferenza episcopale del paese sudamericano. A Roma, infatti, viveva ancora Joseph Ratzinger e nominare una personalità come Fernández sarebbe stata forse troppo per l'anziano emerito che soggiornava nei Giardini vaticani.

 

Morto Benedetto XVI, sono cadute – e in modo legittimo, chiaramente – le remore e le delicatezze nei confronti del nonno saggio, potendo procedere alla nomina del teologo argentino, che prenderà servizio a metà settembre. Non è una nomina come le altre, benché la nuova costituzione apostolica Praedicate evangelium abbia reso meno rilevante – anche solo formalmente – il ruolo dell'ex Suprema. E' una nomina che segna la fine di un'epoca lunghissima, quella segnata dalla presenza di Joseph Ratzinger. Dal 1981 fu l'indiscusso titolare dell'ortodossia cattolica in qualità di prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, quindi Papa dal 2005 al 2013. E anche dopo la rinuncia, Francesco si avvalse prima della collaborazione di Müller e poi – quando decise di non rinnovare l'incarico al cardinale tedesco, nel 2017 – dal gesuita spagnolo Luis Ladaria, che Benedetto XVI aveva nominato segretario della congregazione.

 

Ora, la svolta, chiara e decisa, come denota la lettera che Francesco ha scritto al nuovo prefetto, pubblicata dalla Sala stampa vaticana: “Sappi che la Chiesa 'ha bisogno di crescere nell'interpretazione della Parola rivelata e nella comprensione della verità', senza che ciò implichi l'imposizione di un unico modo di esprimerla. Perché 'le diverse linee di pensiero filosofico, teologico e pastorale, se si lasciano armonizzare dallo Spirito nel rispetto e nell'amore, possono far crescere anche la Chiesa'. Questa crescita armoniosa conserverà la dottrina cristiana più efficacemente di qualsiasi meccanismo di controllo”.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.