ANSA/FABIO FRUSTACI  

L'origine della cristianofobia è meno misteriosa di quanto si possa pensare

Gerhard Ludwig Müller

L’abuso del nome di Dio per giustificare atrocità altro non è che una bestemmia del suo santo nome

C’è il grave peccato dell’abuso deliberato del nome di Dio per ottenere benefici ingiusti a nostro vantaggio (falsa testimonianza in nome di Dio) o per giustificare la tirannia dei potenti e del fanatismo, finanche il terrorismo. Ecco perché le cosiddette “teocrazie”, che proclamano le leggi umane come comandamenti di Dio vincolanti in coscienza, le guerre e gli omicidi, che non possono essere ordinati da Dio, non sono altro che bestemmia del santo nome di Dio. Infatti, Dio vuole sempre la salvezza dell’uomo. Ciò implica il necessario imperativo dell’umanità anche nei confronti dei criminali legittimamente condannati. Nella famosa conferenza di Ratisbona (12 settembre 2006) Papa Benedetto XVI ha usato una disputa tra un imperatore cristiano e alcuni studiosi musulmani come un’opportunità per condannare tutte le violenze in nome di Dio in quanto contraddittorie con il nome di Dio. L’interlocutore imperiale parte dalla conoscenza biblica: “Dio è spirito” (Gv 4, 24) e “Dio è amore” (1 Gv 4, 8). Per questo come cristiano è assolutamente fermo sul fatto che “Dio non si compiace del sangue”, cioè della violenza distruttiva e tanto meno del terrorismo, degli atti criminali e dei crimini brutali contro l’umanità perché “non agire secondo ragione […] è contrario alla natura di Dio”. Ed è anche autocritico, alla luce delle implicazioni storiche del cristianesimo con il potere politico.


L’essenza di Dio corrisponde al nome rivelato di Dio, che “vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità” (1 Tm 2, 4). Ma si dà anche la negazione deliberata della presenza di Dio nei suoi Comandamenti e nelle sue promesse, nella sua parola e nei sette Sacramenti della sua santa Chiesa. Si ha quando si rifiuta che i Sacramenti siano necessari alla salvezza perché si disdegna la semplicità dei segni sacramentali. È l’orgoglio  umano la causa del rifiuto di emulare l’umiltà di Dio ritenendo che i semplici segni dell’acqua, dell’olio, del pane e del vino contraddicano la maestà del Dio trascendente. Accanto all’agnosticismo dei tormentati cercatori della verità, a partire dall’elezione del popolo di Israele fino alla fondazione della Chiesa di Cristo imperversa un odio manifesto verso Dio che si scatena in modo spietato contro il popolo di Dio dell’antica e della nuova alleanza. Ebrei e cristiani sono stati soggetti alle più severe persecuzioni per 3.000 anni semplicemente a causa del loro nome, che mostra il loro essere proprietà di Dio. La diversa motivazione dei persecutori è irrilevante perché il loro motivo più intimo è l’inimicizia e l’odio verso Dio.

Gesù preannuncia ai suoi discepoli: “Sarete odiati da tutti a causa del mio nome” (Mc 13, 13). E degli apostoli che furono flagellati per aver seguito Gesù si dice che erano “lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù” (At 5, 41). Nella sua lettera all’imperatore Traiano (111 d.C.), Plinio il Giovane chiedeva se il nome stesso di cristiano rappresentasse un crimine. Durante tutto il periodo della persecuzione dei cristiani nell’Impero romano, fino alla svolta dell’imperatore Costantino, nel nome cristiano e nell’epiteto cattolico era insita l’opposizione al potere statale pagano. Anche la campagna di scristianizzazione dell’Europa, iniziata teoricamente dall’Illuminismo (Voltaire) e praticamente realizzata durante il regno del terrore della Rivoluzione francese, è supportata dall’odio devastante verso il nome di Cristo e dei suoi discepoli, che furono chiamati cristiani per la prima volta ad Antiochia. Le battaglie culturali dell’anticlericalismo liberale del XIX secolo e le ideologie politiche totalitarie del fascismo e del comunismo nel XX secolo sono alimentate dall’odio per il nome di Dio rivelato da suo Figlio, che i suoi discepoli testimoniano con parole e atti. La ricerca, blasfema verso Dio e umanamente sanguinosa, di auto-redenzione in un paradiso umano utopico non è altro che la palese violazione del secondo Comandamento del Decalogo.

 

Tuttavia, questo è stato fatto da uomini che hanno abbandonato la propria fede in Gesù Cristo o che sono stati vittima della propaganda anticristiana. Di coloro che conoscono la legge di Dio e la violano si dice: “Il nome di Dio è bestemmiato per causa vostra tra le genti” (Rm 2, 24). L’attuale “cristianofobia” nell’area della cultura cristiana occidentale di un tempo è nata anche dall’odio per il nome di Dio, Creatore e liberatore di ogni essere umano. L’aborto come diritto civile, il suicidio assistito, l’eutanasia per eliminare le gravi infermità degli anziani e dei malati, l’abuso del concetto di matrimonio istituito da Dio tra uomo e donna per giustificare i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso sono un’altra forma di offesa al nome di Dio. Sì, il peccato può essere solo un’offesa a Dio in quanto i peccatori danneggiano sé stessi opponendosi alla volontà divina di salvarli e si autoescludono dalla fonte della vita e della felicità.

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