(foto LaPresse)

Il Papa nel silenzio

Matteo Matzuzzi

I fuochi, l’adorazione, la benedizione in una piazza San Pietro vuota. La potenza della preghiera di Francesco

Roma. Nella piazza vuota c’erano solo i fuochi accesi, l’icona della Salus populi romani, il Crocifisso miracoloso di San Marcello. Poco più in là, nell’atrio della basilica vaticana, l’altare per l’adorazione. Tutto immerso nel silenzio, interrotto solo dal verso di qualche gabbiano e dalle sirene delle ambulanze. In mezzo, il Papa. Un momento di preghiera straordinario per supplicare la fine dell’epidemia che resterà nella storia. La pioggia non ha smesso un attimo di cadere sul sagrato di San Pietro, mentre si proclamava il Vangelo – “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”, chiede Gesù agli apostoli turbati dalla tempesta di vento che aveva fatto riempire d’acqua la barca sulla quale si trovavano – e si cantavano le litanie. “Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: ‘Siamo perduti’, così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme”, ha detto il Papa nella sua riflessione, tutta svolta attorno al tema della paura e della fede. “Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci in balìa della tempesta”. Una supplica accorata, terminata con la concessione dell’indulgenza plenaria e la benedizione urbi et orbi, alla città di Roma e al mondo intero. In silenzio anche questa: il Papa, affaticato, benediceva con il santissimo mentre le campane della basilica suonavano a festa.

 

Si è scritto più volte che il dramma che stiamo vivendo sarà ricordato anche da immagini-simbolo: i volti di medici e infermieri deturpati dall’uso continuo delle mascherine alla sequela dei camion militari con il loro carico di bare destinate ai crematori. Anche l’immagine del Pontefice da solo in piazza San Pietro, al crepuscolo di un venerdì d’inizio primavera, entrerà nei libri. Come vi era già entrata del resto l’istantanea della camminata in solitaria verso San Marcello al Corso, in una Roma deserta per la serrata. E come lo era stata la benedizione dalla finestra del Palazzo apostolico, dopo l’Angelus di domenica. Sotto di lui, il vuoto.

 

“Da settimane – ha detto Francesco – sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti”. Alla fine, le telecamere indugiavano sulla grande navata della basilica, tutta illuminata. E’ lì che si terranno i riti della Settimana santa e della Pasqua. Il Papa celebrerà all’altare della Cattedra, senza popolo presente. La Via Crucis, anziché al Colosseo, si svolgerà in piazza San Pietro. Rimandata la messa crismale del giovedì santo, se ne riparlerà a emergenza finita. E così faranno le altre chiese in Italia e in gran parte del mondo. In queste ore i vescovi diocesani stanno comunicando ai fedeli calendari aggiornati e misure straordinarie per le celebrazioni, tutte comunque garantite in streaming, almeno laddove i sacerdoti saranno in grado di farlo.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.