Nella chiesa non c'è posto per #MeToo
Il Papa non può lasciare la briglia sul collo al cavallo dell’anticlericalismo
Non si capisce come il Papa se la possa cavare, con questa storia del clericalismo. I progressisti radicali che lo circondano e premono su di lui hanno accolto le sue scuse ai portavoce delle vittime cilene di una presunta copertura di abusi clericali da parte di un vescovo, che Francesco difende fino a prova contraria, come una marcia indietro di eccezionale significato. Avevano letto male, gli scudieri e adulatori del Papa che cambia la chiesa e fustiga il suo clero. Francesco, con una distinzione lessicale invero non chiara, ha distinto tra prove e evidenze, una stessa parola in lingua inglese, e ha aggiunto che le prove non si devono chiedere a chi si propone come vittima con la sua testimonianza, ma ha concluso che quando non ci siano prove o evidenze un’accusa diventa temeraria, una calunnia, e che il vescovo cileno per quanto il Papa sa, per quanto a oggi pensa, non merita calunnie. Insomma, per la prima volta il capo della chiesa ha fatto muro in difesa di uno dei suoi vescovi, e con una certa grinta che gli ha procurato un duro attacco filiale da uno dei suoi principali collaboratori, il cardinale O’Malley di Boston, e una campagna di cui il National Catholic Reporter si fa araldo con parole impietose di critica e dissacrazione del Pontefice. Nel corso del viaggio apostolico e in altre occasioni celebri il Papa della tolleranza zero verso gli abusi del clero, che ha in ogni modo definito insopportabile il clericalismo dei pettegolezzi, delle carriere, della vanità, e lo ha fatto tra gli applausi scroscianti del mondo e della chiesa radicale, ha difeso anche i preti additati in blocco come corpo malsano, insultati per strada se in abito talare, sofferenti anch’essi per un guasto tragico che ovviamente riguarda solo una minima minoranza di sacerdoti abusivi, non il clero nella sua essenza sacramentale, nel suo ordine, e nella sua condizione umana ed ecclesiale.
Alle porte d’entrata della storia moderna, con la Riforma, sta la sostituzione del prete con il pastore. La grazia che salva è gratuita per chi, sempre peccatore e sempre giustificato in pari tempo, abbia fede e coltivi da sacerdote egli stesso, con l’ausilio di pastori eletti dalla comunità e teologicamente ferrati, la parola divina, la scrittura sacra. Clero ordinato e clericalismo sono la bestia nera, l’Anticristo, per luterani e calvinisti di ogni variante. La chiesa cattolica non può, senza conseguenze spettacolari, lasciare la briglia sul collo al cavallo dell’anticlericalismo. La cultura del #MeToo o del #balancetonporc va bene, se vada bene, per Hollywood e per il mondo, non ha posto nella cura d’anime e nell’amministrazione sacerdotale dei sacramenti. Il rischio insito nella campagna sulla pedofilia del clero, nella sua perentoria e spesso persecutoria pretesa di erigere a prove, sempre e comunque, le testimonianze delle presunte vittime, noi laici devoti l’avevamo intuito da subito, e sottopelle gran parte della chiesa la pensava come noi, salvo la rinuncia a esibire questa convinzione per ragioni di prudenza, questa sì, clericale. Ora un barlume di consapevolezza ha illuminato una presa di posizione scandalosa di un Papa che prometteva solo fuoco e fiamme contro il clero per definizione sotto accusa, per definizione presunto colpevole. E il contrattacco è fulminante, non usa perifrasi e alla compassione di un cardinale di Boston per il dolore procurato alle vittime dichiarate di un abuso episcopale fa da suffragio il duro editoriale del giornale del cattolicesimo progressista americano. Francesco può adesso insistere, mettendo da parte il clericalismo della cautelosità e affermando in una controffensiva teologica e morale il primato del sacerdozio ordinato nella cultura e fede confessionale cattoliche, oppure ratificare con una retromarcia, che fino a ora non c’è stata, l’avvento, auspicato dal mondo e da una parte della cattolicità, di una chiesa spogliata della sua essenza tradizionale. E per far questo deve riconsiderare quasi vent’anni di acquiescenza della gerarchia romana, salvo segnali di resistenza molto flebili, a una campagna mediatica, a una guerra culturale di distruzione dei fondamenti della vita cattolica che avvocati, portavoce, teologi, moralisti e mestatori di tutte le latitudini hanno trasformato, fino alla Renuntiatio di un Papa regnante, in una persecuzione del clero. Sono scelte difficili, ma obbligate.