Papa Francesco (foto LaPresse)

L'eretico secondo Francesco

Matteo Matzuzzi
Il Papa si scaglia contro chi s’affida solo alla “rigidità della legge” e “agli idealismi che non ci fanno bene”. E invita a vivere di “sano realismo cattolico”. Che è quello dell’ et et e non dell’aut aut.

Roma. “Tante volte non si può arrivare alla perfezione, ma almeno fate quello che potete, mettetevi d’accordo per non arrivare al giudizio. E’ questo il sano realismo della chiesa cattolica, che mai insegna ‘o questo o quello’. Piuttosto la chiesa dice ‘questo e questo’. Ecco il sano realismo del cattolicesimo. Invece non è cattolico ma è eretico dire ‘o questo o niente’”. Nella consueta omelia mattutina di Santa Marta, Francesco si scaglia contro l’idealismo rigido che “non permette di riconciliarsi”. E’ l’idealismo degli scribi e dei farisei, “tanto che quando veniva un profeta che dava loro un po’ di gioia lo perseguitavano e anche lo ammazzavano: non c’era posto per i profeti lì”. La chiesa non può contemplare il tutto o il niente, bisogna vivere “la santità piccolina del negoziato”, che poi è ciò che viene insegnato. La strada da seguire, la ricetta proposta, è quella “del possibile”, ha spiegato il Pontefice, che per la sua riflessione è partito dal Vangelo del giorno. “Gesù – ha detto – è il vero legislatore, quello che ci insegna come dev’essere la legge per essere giusti”. Il problema è che “il popolo era un po’ disorientato, un po’ allo sbando, perché non sapeva cosa fare e quelli che insegnavano la legge non erano coerenti. Ed è proprio Gesù stesso a dire loro: ‘Fate quello che dicono, ma non quello che fanno’. Del resto – ha sottolineato Bergoglio – non erano coerenti nella loro vita, non erano una testimonianza di vita”.

 

Ed ecco che torna l’esigenza di “superare”, concetto già illustrato la scorsa settimana ai sacerdoti che hanno seguìto le tre meditazioni spirituali offerte dal Papa in occasione del Giubileo loro dedicato. Francesco in quell’occasione aveva detto “a volte mi dà un misto di pena e di indignazione quando qualcuno si premura di spiegare l’ultima raccomandazione, il ‘non peccare più’. E utilizza questa frase per ‘difendere’ Gesù e che non rimanga il fatto che si è scavalcata la legge”. Stavolta, il Pontefice ha rimarcato come Cristo, “in questo passo del Vangelo dice che ‘la vostra giustizia deve superare quella degli scribi e dei farisei’. A questo popolo un po’ imprigionato in questa gabbia senza uscita, Gesù indica il cammino per uscire: è sempre un uscire in su, superare, andare in su”. Il disorientamento del popolo era inevitabile, anche perché “Gesù afferma che è peccato non solo uccidere, ma anche insultare e sgridare il fratello. E questo fa bene sentirlo, proprio in questo tempo dove noi siamo tanto abituati ai qualificativi e abbiamo un vocabolario tanto creativo per insultare gli altri. Anche offendere – ha chiosato Bergoglio – è peccato, è uccidere”.

 

Qui Francesco ha tratto un paragone con i tempi correnti, citando gli esempi di contro testimonianza che pure sono presenti nella chiesa: “Quante volte noi nella chiesa sentiamo queste cose, quante volte!”, ha detto, ricordando come sia frequente sentire frasi del tipo: “Ma quel prete, quell’uomo, quella donna dell’Azione cattolica, quel vescovo, quel Papa ci dicono ‘dovete fare così!’, e lui fa il contrario”. Questo – ha aggiunto – è proprio “lo scandalo che ferisce il popolo e non lascia che il popolo di Dio cresca, che vada avanti. Non libera”. E anche “questo popolo aveva visto la rigidità di questi scribi e farisei”.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.