Francesco durante la Consegna e Lettura della Bolla di indizione del Giubileo

Il Papa ricorda i martiri armeni e quelli di oggi, "decapitati, crocifissi, bruciati vivi"

Matteo Matzuzzi
Durante la Messa per i fedeli di rito armeno, a cent'anni dal genocidio, il Papa ricorda ancora una volta chi "a causa della loro fede in Cristo o della loro appartenenza etnica vengono pubblicamente e atrocemente uccisi, oppure costretti ad abbandonare la loro terra". Il ministero degli Esteri turco convoca il nunzio ed esprime "forte irritazione".

Il Papa torna, ancora una volta, a parlare della strage dei cristiani e delle altre minoranze etniche in corso nel Vicino oriente. Lo fa nell'indirizzo di saluto pronunciato all'inizio della Messa per i fedeli di rito armeno (con la proclamazione a Dottore della Chiesa di San Gregorio di Narek), in occasione del centenario di quello che Francesco ha ricordato essere "il primo genocidio del XX secolo".

 

"In diverse occasioni ho definito questo tempo un tempo di guerra, una terza guerra mondiale ‘a pezzi’, in cui assistiamo quotidianamente a crimini efferati, a massacri sanguinosi e alla follia della distruzione", ha detto il Pontefice, aggiungendo che "purtroppo ancora oggi sentiamo il grido soffocato e trascurato di tanti nostri fratelli e sorelle inermi, che a causa della loro fede in Cristo o della loro appartenenza etnica vengono pubblicamente e atrocemente uccisi – decapitati, crocifissi, bruciati vivi –, oppure costretti ad abbandonare la loro terra". E anche oggi, "stiamo vivendo una sorta di genocidio causato dall’indifferenza generale e collettiva, dal silenzio complice di Caino che esclama: ‘A me che importa?’; ‘Sono forse io il custode di mio fratello?’.

 

Quindi Francesco ha ricordato le "tre grandi tragedie inaudite" del Ventesimo secolo. La prima "ha colpito il vostro popolo armeno – prima nazione cristiana –, insieme ai siri cattolici e ortodossi, agli assiri, ai caldei e ai greci. Furono uccisi vescovi, sacerdoti, religiosi, donne, uomini, anziani e persino bambini e malati indifesi. Le altre due furono quelle perpetrate dal nazismo e dallo stalinismo. E più recentemente altri stermini di massa, come quelli in Cambogia, in Ruanda, in Burundi, in Bosnia".

 

Eppure, ha osservato il Papa, "sembra che l’umanità non riesca a cessare di versare sangue innocente. Sembra che l’entusiasmo sorto alla fine della seconda guerra mondiale stia scomparendo e dissolvendosi. Pare che la famiglia umana rifiuti di imparare dai propri errori causati dalla legge del terrore; e così ancora oggi c’è chi cerca di eliminare i propri simili, con l’aiuto di alcuni e con il silenzio complice di altri che rimangono spettatori. Non abbiamo ancora imparato che la guerra è una follia, una inutile strage”.

 

Anche ieri pomeriggio, durante la breve omelia in occasione della Consegna e Lettura della Bolla di indizione del Giubileo straordinario della Misericordia, Francesco aveva ricordato le persecuzioni dei cristiani di oggi nel Vicino oriente: " La pace, soprattutto in queste settimane, permane come il desiderio di tante popolazioni che subiscono la violenza inaudita della discriminazione e della morte, solo perché portano il nome cristiano. La nostra preghiera si fa ancora più intensa e diventa un grido di aiuto al Padre ricco di misericordia, perché sostenga la fede di tanti fratelli e sorelle che sono nel dolore, mentre chiediamo di convertire i nostri cuori per passare dall’indifferenza alla compassione".

 

 

 

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.