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Alla fine i magistrati finiranno per arrestarsi tra di loro

Massimo Bordin

La battaglia politica più dura, quella per le caselle di potere da occupare in materia, si è spostata tutta dentro la corporazione delle toghe

Luigi De Magistris si sbaglia su un punto chiave, rispondendo al Fatto quotidiano, a proposito dello scontro fra magistrati di Salerno e magistrati calabresi, che oggi si ripete a circa dieci anni dalle vicende che lo videro protagonista per due inchieste da lui condotte come pm a Catanzaro. Non è vero che non è cambiato nulla. Non c’è più solo l’aspetto del pm scomodo, figura ovviamente nella quale De Magistris si identifica, isolato dalla politica e dai colleghi. Ammesso che ai tempi del crepuscolo dell’ultimo governo Prodi sia andata così, anche se va pur considerato che alla fine il governo cadde e poco dopo il pm isolato divenne sindaco, politica e magistratura erano in condizioni molto diverse. Malconcia certo la politica in tutti e due i suoi blocchi, come si sarebbe visto con il governo successivo, ma ancora capace di combattere. Compatta la corporazione dei magistrati, in grado di isolare i propri membri ritenuti troppo furbi e poco controllabili. Oggi invece la politica del “cambiamento” sposa la linea estrema di una parte della corporazione, riservandosi le coreografie e la colonna sonora. Del resto a Via Arenula siede uno che da giovane si esibiva in una discoteca di Mazara col nome d’arte di Foffo Dj. L’opposizione, oltre che nell’Anm, più che in parlamento si ritrova in settori della società, come per altre questioni. La battaglia politica più dura, quella per le caselle di potere da occupare in materia, si è spostata tutta dentro la corporazione delle toghe. Sembra la loro apoteosi, con la politica nuova che rimane a guardare lo scontro capendoci poco, ma forse si sta avverando la profezia del saggio collega Frank Cimini : “Finiranno per arrestarsi fra loro”.

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