Migrante ucciso in Calabria, oggi lo sciopero dei braccianti

La morte di Sacko mostra già l'inadeguatezza di governo e opposizione

Massimo Bordin

Il giovane migrante ucciso in Calabria, il silenzio del Viminale e l'assenza della sinistra

L’uccisione del giovane maliano Soumayla Sacko sta mostrando già l’inadeguatezza sia del governo sia dell’opposizione. Gli elementi per iniziative concrete e utili certo non mancano di fronte a un fatto così grave, che va analizzato partendo da due caratteristiche della vittima. Il giovane era in regola con i documenti e lavorava. Per di più era un sindacalista che dunque difendeva le condizioni di lavoro dei suoi compagni. L’omicidio, secondo gli investigatori non ha motivazioni genericamente razziali o xenofobe. Chi ha sparato ha atteso Sacko e due suoi compagni, poi non ha colpito nel mucchio ma, a morte, solo lui.

 

Non serve Sherlock Holmes per valutare come movente più probabile la sua attività sindacale. Più che necessaria, verrebbe da pensare, se i lavoratori vivono in una tendopoli e si approvvigionano di lamiera in una fabbrica abbandonata. C’è materia di intervento per il ministro dell’Interno, che ha uno strumento in più da usare con la legge sul caporalato approvata dal precedente governo. Verificare in modo incisivo come funzionano le cose in proposito nel vibonese, non sarebbe una cattiva idea e sanerebbe una evidente lacuna.

   

Viceversa Salvini ha preferito occuparsi di Tunisia creando un mezzo incidente diplomatico assolutamente inutile. Meglio di lui ha fatto il ministro del lavoro Di Maio che, come primo atto, ha incontrato una delegazione di rider, fattorini senza contratto, come i migranti comparto debole e dimenticato del mercato del lavoro. Quanto alla sinistra farebbe bene a riflettere sul perché Sacko militasse nell’Usb, sindacato che più degli altri si occupa dei lavoratori immigrati ma non ha certo i mezzi e il peso politico della Cgil.

Di più su questi argomenti: