Gli autogol a cinque stelle del grillino Carlo Martelli

Massimo Bordin

Parlando di lavoro a LineaNotte, il senatore, in assoluta buonafede e da buon pentastellato, ha ammesso che pensa che la politica sia solo imbroglio e menzogna e chi la fa deve adeguarsi

Un confronto illuminante, per chi ancora avesse bisogno di luce, quello a Tg3-LineaNotte mercoledì scorso fra il parlamentare uscente e ricandidato dal M5s Carlo Martelli e Loris Campetti, giornalista, a lungo firma del Manifesto sui temi del lavoro e del sindacato. Campetti ha chiesto all’esponente del M5s perché Di Maio, che nel suo programma propone il ripristino dell’articolo 18, non tocchi mai questo tema quando incontra delegazioni di industriali. Se lo facesse, ha sostenuto Campetti, rassicurerebbe quelli che guardano con interesse a questa proposta. L’esponente a 5 stelle ha sfoderato un sorrisino di sufficienza e ha risposto che “chiaramente”, ha detto proprio così, Di Maio quando incontra gli industriali tace le cose per loro sgradevoli e così con le altre categorie. Il tono era quello di uno che spiegava la vera politica a un incolto.

 

A uno spettatore normale un discorso del genere poteva apparire un clamoroso autogol ma non al senatore Martelli che, in assoluta buonafede, da buon pentastellato pensa che la politica sia solo imbroglio e menzogna e chi la fa deve, per l’intanto, adeguarsi. Come in un mitico film di Totò, che Marco Travaglio avrà sicuramente visto, in cui l’immortale principe impersona un candidato populista che si ribella ai suoi capi quando gli spiegano che comunque bisogna adeguarsi al peggio, spesso esagerato, che denunciano nei comizi. Se Di Maio incarna quei capi, e Martelli certifica che lo schema funziona, Grillo potrebbe essere tentato di cercare un ribelle per il M5s e il non candidato Di Battista potrebbe avere le caratteristiche necessarie per interpretare la parte.

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