Luigi Di Maio (foto LaPresse)

Rito romano 4.0

Roberto Maroni

Di Maio non è Fini, certo, ma anche per i grillini tra il dire e il fare c’è di mezzo la dura realtà

“Io sono di Napoli. Faccio parte di quella parte d’Italia cui la Lega diceva ‘Vesuvio lavali col fuoco’. Non ho nessuna intenzione di far parte di un Movimento che si allea con la Lega nord”. Così parlò Luigi Di Maio nel salotto di Bruno Vespa l’anno scorso. Concetto ribadito a fine anno: “Noi non pensiamo ad alleanze con la Lega nord. Sono persone inaffidabili con cui non si può avere a che fare”. Vabbè, ci sta, il ravvedimento operoso fa parte della realpolitik, non mi scandalizzo. Cito il precedente simmetrico di Gianfranco Fini che, prima di fare l’accordo di governo con la Lega, assicurava: “Con Bossi non prendo neanche un caffè”. Di Maio non è Fini, certo, ma anche per i grillini tra il dire e il fare c’è di mezzo la dura realtà. Vediamo: “Al primo Consiglio dei ministri dimezziamo gli stipendi ai deputati”. Dopo 23 Consigli ancora nulla. Prima: “Tav opera inutile e vergognosa”. Ora: “Il nostro obiettivo sarà quello di migliore la Tav, non vogliamo fare nessun danno economico all’Italia”. Prima: “Con il M5s al governo bloccheremo il Tap in due settimane”. Ora: “Abbiamo le mani legate, lo stop avrebbe un costo troppo alto”. Claudio Tito su Repubblica ci va giù pesante: “I grillini hanno ingannato gli elettori in campagna elettorale. Hanno ottenuto dei voti, tanti voti, sulla base di una truffa: hanno promesso che avrebbero fatto una cosa per rendersi conto poi che era impossibile farla”. No caro Tito, non è una truffa, è persino peggio: è il nuovo “rito romano” 4.0. Stay tuned.

Di più su questi argomenti: