(foto LaPresse)

Bandiera Bianca

Il problema degli insegnanti è dentro alle scuole, non fuori

Antonio Gurrado

Mentre si parla ancora di come dovrebbero comportasi i professori quando non sono all'interno delle aule, quelli dietro alle cattedre continuano a subire violenze e pestaggi da genitori e alunni 

Di là dall’evenienza non trascurabile che si tratti di una maestra elementare a tempo indeterminato o di una supplente occasionale alle medie, il ruttino di Matteo Salvini su Ilaria Salis si fonda sul sottinteso che un insegnante sia insegnante anche fuori dalla scuola. Presupposto invero discutibile, che ammanta gli insegnanti di un ruolo sacerdotale ma che finisce per svilirli: non solo come cittadini, che dovrebbero essere liberi di fare ciò che preferiscono quando non lavorano, fermo restando il comune rispetto della legge, ma anche come professionisti, implicando che non lavorino per ricevere uno stipendio bensì perché investiti di un compito sovrannaturale ventiquattr’ore su ventiquattro, un compito metafisico che non esige retribuzione commisurata al vincolo costante.
 

È in base a questo presupposto che era stata condannata, anni fa, l’insegnante anarchica di Torino che inveiva contro le scuole dell’ordine; è in base allo stesso presupposto che, in questi giorni, gli insegnanti di un liceo milanese sono fisicamente usciti a far lezione in strada per andare incontro agli studenti che non stanno occupando l’istituto. Anche senza i toni beceri di Salvini, tutti sembrano d’accordo in linea di principio. Fatto sta che, proprio contemporaneamente, arriva la notizia del preside di Taranto insultato e malmenato, insieme alla vicepreside e a una docente, da genitori imbufaliti per le solite beghe che hanno causato infiniti casi simili negli ultimi anni. Ma siamo troppo impegnati a tutelare il ruolo degli insegnanti fuori dalla scuola per potercene occupare anche dentro.

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