Bandiera bianca

La causa di un fan di Tolkien contro Amazon ci spiega come funziona oggi la creatività

Antonio Gurrado

Il postmoderno ha elevato la citazione a parte integrante dell’immaginario, rendendola indistinguibile dall’originalità. E il decennio dell’io proclamato da Tom Wolfe si è espanso a un’era geologica dell’io, in cui tutti sono convinti di essere talenti unici e geniali

Un’interessante sentenza giunge dagli Stati Uniti, dove un signore, autore di una fan fiction basata sul “Signore degli anelli”, ha fatto causa ad Amazon per aver prodotto “Gli anelli del potere”, la serie televisiva che fa proseguire il capolavoro di Tolkien. La cosa interessante è che, sorprendentemente, ha avuto torto. Nel senso che l’accusa gli si è ritorta contro, e il giudice ha stabilito che in realtà è stato lui, con la fan fiction, a scopiazzare la serie apparsa qualche settimana prima.

  

Questa sentenza ci dice un paio di cose su come funziona oggi il procedimento creativo. Viviamo infatti in un’epoca in cui da un lato il postmoderno ha elevato la citazione a parte integrante dell’immaginario, rendendola indistinguibile dall’originalità; dall’altro il decennio dell’io proclamato da Tom Wolfe si è espanso a un cinquantennio, un secolo, un’era geologica dell’io, in cui tutti sono convinti di essere unici, irripetibili genii. Shakerate e ottenete il plagiario statunitense in questione, che non solo incamera e digerisce i topoi narrativi tolkeniani ma si convince addirittura di essere stato lui a partorirli. La prossima puntata sarà un autore di fan fiction che, dopo avere scritto un altro seguito del “Signore degli anelli”, farà causa a Tolkien che gli ha rubato l’idea solo perché non era ancora nato.