Le lacrime strategiche di quelle razziste di donne bianche

Antonio Gurrado

Pur di accusare qualcun altro di razzismo, è consentito ricorrere all’armamentario più bolso delle affermazioni sessiste. L'esempio del Guardian

Le donne si mettono a piangere durante le discussioni perché vogliono sottrarsi al confronto razionale. Prima però di darmi dello stronzo maschilista come sempre, considerate che questa raffinata analisi è stata appena propugnata da una donna, Ruby Hamad, sul quotidiano più progressista dell’universo, il Guardian. Contiene infatti un interessante distinguo in quanto specifica che a comportarsi in maniera isterica sarebbero solo le donne bianche, ogni volta che una donna nera le mette all’angolo accusandole di razzismo o di mentalità colonialista o di appropriazione culturale. La scrittrice nigeriana Luvvie Ajayi la chiama “trita militarizzazione delle lacrime di donne bianche” e la linea di pensiero si sta diffondendo rapidamente nel mondo anglofono. Se ci pensate, il paradosso è sublime: pur di accusare qualcun altro di razzismo, è consentito ricorrere all’armamentario più bolso delle affermazioni sessiste. Si tratta di un tentativo insomma di rivendicare che, siccome la mia causa è più importante della tua, allora la mia correttezza politica ha diritto di essere più scorretta della tua. Resta da chiarire se sia consentito anche il contrario; ovvero se, a titolo di esempio, per screditare un maschilista (ossia combattere il sessismo) gli si possa dare dello sporco negro (ossia praticare il razzismo). Chissà. Di sicuro è una pessima notizia per le femministe: donne che per un secolo hanno combattuto allo scopo di essere trattate alla pari degli uomini adesso rischiano di scoprire di essere il prossimo patriarcato da rovesciare.

Di più su questi argomenti: