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Allora i numeri sull'immigrazione esistono

Redazione
Alla ricerca di flessibilità, il governo stima le spese per l’accoglienza

Forse il governo non otterrà i due decimali di pil di flessibilità europea per l’emergenza migranti, utili al taglio anticipato dell’Ires, ma grazie alla richiesta a Bruxelles abbiamo ora un’idea meno vaga sui costi dell’accoglienza. Un conto nel 2015 di 3,3 miliardi sul quale il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha messo la firma e dunque la faccia: il 55 per cento per il soggiorno in centri temporanei; il 25 per il soccorso in mare; il 20 per sanità e istruzione: in quest’ultimo caso è ovvio che si parli dei primi interventi. Il tutto per 137 mila migranti arrivati fino a settembre, 170-180 mila previsti a fine anno.

 

Dunque 18.400 euro a persona, molto più dei 12.500 che per l’istituto economico Ifo di Monaco di Baviera spenderà la Germania per 800 mila rifugiati al costo di 10 miliardi. Immaginiamo che da noi incida parecchio l’operatività straordinaria di navi e aerei; ma è chiaro a ogni latitudine che i benefici economici dell’immigrazione, la famosa “risorsa” più volte descritta, non sono scontati mentre certe sono intanto le spese. I tedeschi ritengono inevitabili tagli al welfare e al salario minimo di 8,5 euro; l’inserimento nel lavoro è complicato da un analfabetismo del 4 per cento degli iracheni, del 18 dei siriani, del 34 dei nigeriani, del 53 degli afghani: il che sfata l’altro luogo comune di profughi istruiti e naturalmente pronti all’integrazione. Figuriamoci i “migranti economici” di Lampedusa. La Gran Bretagna ha annunciato la fine del suo storico modello multietnico. La Germania sta ragionando dati alla mano, magari poi per scegliere aperture generose. L’Italia può permettersi di farne solo una questione di clausole con l’Europa?

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