il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker a Bruxelles lo scorso 5 ottobre (foto LaPresse)

Il cosiddetto ricatto di Erdogan

Redazione
La Turchia può risolvere un problema, decidiamo cosa vogliamo

Erdogan sta facendo di tutto per rendersi antipatico e per fare – agli occhi dell’occidente – la figura del rancido visir neo ottomano, con qualche sfumatura di putinismo ma senza nemmeno il gas a renderlo più palatabile. Maltratta i giornalisti e la libertà di stampa, ordina la chiusura di internet come rimedio istantaneo a quello che non gradisce, dichiara guerra allo Stato islamico ma si lascia volentieri assorbire da un conflitto totale contro i curdi, conduce da anni un gioco scivoloso con gli islamisti che vanno a combattere in Siria e poi se li trova che gli fanno il nido (e le bombe) in casa. Eppure su questa storia del cosiddetto “ricatto di Erdogan”, che si prenderebbe i nostri soldi e in cambio chiude i confini e si tiene lui i profughi, su questa storia si diceva dovremmo darci una svegliata. O i profughi li prendiamo tutti e allora della Turchia non c’è bisogno, oppure non vogliamo prenderli e allora abbiamo bisogno di Erdogan. Pensavamo davvero che fosse obbligato a ospitare due milioni e duecentomila siriani a tempo indeterminato gratis et amor dei?

 

L’Europa si sta spaccando perché non vuole prenderne quarantamila. Erdogan sa che i siriani sono attratti irresistibilmente da un’Europa che vedono a portata di canotto e che se li lascia andare senza alcun limite punteranno nella nostra direzione. La Turchia negli ultimi tre anni ha speso circa sette miliardi di euro per il disastro profughi – se ora chiede un ritorno e un contributo spese a Bruxelles non è “un ricatto”, è che siamo noi deboli e incapaci a prendere decisioni e il presidente turco ci sta risolvendo un problema. Per di più, con alcuni enormi vantaggi aggiunti: i siriani in Turchia sono più vicini a casa se mai la crisi finirà (poco probabile allo stato attuale delle cose) e cesseranno i viaggi della speranza che finiscono in modo catastrofico, vedi Alan Kurdi annegato sulla spiaggia ma anche i tentativi di superamento delle frontiere – ieri un afghano è stato ucciso da uno sparo mentre provava a varcare il confine bulgaro. E l’Europa soffrirà uno choc culturale assai minore, perché aprire le porte a due milioni di musulmani siriani in fuga non sarebbe uno scherzo.