Il premier francese Manuel Valls (foto LaPresse)

Lavorare meno, lavorare tutti. In Francia c'è chi ora rilancia le "32 ore"

Marco Valerio Lo Prete

Il nuovo leader del primo sindacato transalpino, la Cgt, sostiene che non sarebbe assurdo rivedere al ribasso il tetto di 35 ore settimanali di lavoro francese. Una sfida al governo socialista-riformatore di Valls.

Il cambio al vertice del principale sindacato francese, la Confédération générale du travail, o Cgt, non è passato inosservato. La Francia è la seconda economia dell'Eurozona e da anni fatica a tenere il passo – in termini di peso economico, oltreché politico – della vicina Germania, al punto che vari osservatori mettono oramai apertamente in dubbio l'efficacia attuale dello storico "motore" franco-tedesco del processo d'integrazione europea.

 

Nonostante ciò, il nuovo segretario generale della Cgt, Philippe Martinez, ha scelto la sua prima uscita pubblica per assumere toni non propriamente riformatori. Intervistato sulla rete France Inter, ha affermato che "parlare delle 32 ore, per esempio, oggi non mi sembra un'assurdità".

 

Il riferimento, implicito per l'audience francese, è al tetto nazionale di 35 ore di lavoro settimanale nelle aziende del paese. Un totem istituito per legge nel 2000, con la legge Aubry, che il governo socialista di Manuel Valls ha fatto capire – seppure a fasi alterne – di voler in qualche modo superare.

 


Il nuovo segretario generale della Cgt, Philippe Martinez


 

Per Martinez, "C'è bisogno che dei dipendenti che lavorano troppo, e si trovano male sul loro posto di lavoro, possano lasciare un po' del loro tempo a quelli che non hanno lavoro". "Una vera sfida per gli anni futuri – ha aggiunto – è questa della riduzione degli orari di lavoro".

 

Di recente, come scritto sul Foglio, il think tank Coe-Rexecode ha provato a quantificare i costi per l'economia della legge sulle 35 ore a distanza di quindici anni dalla sua approvazione. "Mediamente i francesi lavorano 1.661 ore l’anno, cinque settimane in meno dei lavoratori tedeschi (1.847 ore); meno di loro, in Europa, lavorano soltanto i finlandesi. Inoltre dal 2003 al 2013 lo stato ha perso un potenziale gettito di 118 miliardi di euro per offrire alle imprese gli incentivi necessari a passare al regime delle 35 ore. Infine la diminuzione delle ore lavorate, a fronte di salari rimasti stabili, ha contribuito fin dal 2000 a ridurre la competitività internazionale delle aziende locali. E questo è almeno uno dei fattori che nel 2014 hanno fatto salire il tasso di disoccupazione in Francia al 10,3 per cento. In Germania è al 4,8 per cento".

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