Francois Hollande e Manuel Valls (foto LaPresse)

Così il duo Hollande-Valls spinge le liberalizzazioni con la super-fiducia

Michele Masneri

Pil piatto e voglia di stupire Merkel. La 'legge Macron' cerca di ridare vigore all'economia francese

Roma. Scusi, come si dice canguro in francese? Per portare a casa la sua lenzuolata di liberalizzazioni molto renziana il primo ministro francese Manuel Valls non ha esitato a presentare il metodo “49.3”, dal numero e comma dell’articolo della Costituzione che prevede un super canguro in grado di azzerare gli emendamenti e il voto alla Camera.

 

Dopo centonovanta ore di dibattito tra commissione e Aula, duecento emendamenti prodotti dalle opposizioni, il ministro dell’Economia Emmanuel Macron e il premier Valls hanno deciso martedì che non vogliono più “perdere tempo”, “né correre rischi” con questa legge che dovrebbe portare la Francia fuori dalla stagnazione economica; o almeno si spera. La lenzuolata, che assomiglia molto a quelle a lungo auspicate per l’Italia (e in parte realizzate), prevede diversi punti: in primo luogo la possibilità dei commercianti di tenere aperte le botteghe anche la domenica. Poi, una serie di tiepide aperture anti corporative, che hanno avuto l’effetto sia di spaccare il Ps sia di aizzare l’opposizione di centrodestra, secondo la quale non esiste più una maggioranza.

 

Il provvedimento ha innanzitutto suscitato ampie proteste e spaccato il Partito socialista, con una fronda massimalista capeggiata da Martine Aubry secondo cui tenere aperto di domenica “è un atto di regressione sociale”. Toni cruenti anche in vista del prossimo congresso del partito, che si terrà in estate, e che potrebbe vedere proprio la “frondeuse” Aubry in cerca della segreteria.

 

La legge Macron segnala la volontà tardiva di Hollande e del governo di ridare un po’ di energia a un’economia piatta, oltre che il tentativo di dimostrare un minimo di verve riformatrice nell’Eurozona a trazione tedesca.

 

Il pil francese nell’ultimo trimestre del 2014 è cresciuto solo dello 0,1 per cento. Così ora la legge Macron prevede pure una creazione di “zone turistiche internazionali”, cioè fondamentalmente aeroporti e stazioni, con ulteriori liberalizzazioni ai commerci, anche notturni. Poi, una mini-riforma della giustizia civile, ricorrendo in misura maggiore alla mediazione e all’arbitrato. E ancora: interventi sulle professioni forensi, con apertura del numero chiuso e pensione obbligata a settant’anni per i notai. Infine, una liberalizzazione dei trasporti pubblici e la privatizzazione degli aeroporti di Nizza e Lione. Niente di clamoroso, almeno per gli standard non-francesi, senza contare che nei vari passaggi parlamentari la riforma è stata limata e depotenziata, e nonostante ciò la “loi Macron” ha spaccato il Partito socialista: il sindaco di Parigi Anne Hidalgo ha detto che le zone turistiche libere ai commerci sono “una regressione democratica”, perché il consenso dei sindaci deve restare necessario, mentre i sindacati hanno immediatamente fissato per il 9 aprile uno sciopero generale. I più fantasiosi parlano di una “legge Brico”, perché i grandi gruppi del fai da te come appunto Brico e Roy Merlin volevano da tempo la possibilità di aprire la domenica.

 

[**Video_box_2**]Martedì il premier ha preso atto che in Parlamento la legge non sarebbe passata. Ne è seguito un Consiglio dei ministri straordinario e infuocato, poi la decisione di ricorrere appunto al “super canguro”, l’articolo 49-ter della Costituzione, una specie di fiducia 2.0 che può essere usata, oltre che per la Finanziaria, una sola volta per legislatura. E che mette il governo “in nomination”: il Parlamento, infatti, a quel punto può votare a maggioranza assoluta una mozione di censura, che se passa, costringe l’esecutivo alle dimissioni. Il termine ultimo è oggi, ma non dovrebbero esserci rischi. Intanto Macron difende la sua legge: “Non è un atto di autorità, è un atto di responsabilità”. Aggiungendo che “se fossi un disoccupato, non mi aspetterei qualcosa dagli altri, ma mi batterei in prima persona”. Una citazione di Lionel Jospin, segretario del Ps che in altri tempi – era il 1999 – aveva detto di fronte a una fabbrica di pneumatici Michelin: “Non si può aspettarsi tutto dallo stato”. Su Twitter naturalmente il ministro dell’Economia è stato messo alla berlina: “Io sono disoccupato, e non mi aspetto nulla da Macron”, si leggeva anche ieri. E sbeffeggiato anche il presidente della Repubblica: l’ultima volta che si era visto il super canguro era il 2006, dall’allora premier di centrodestra Dominique de Villepin. “Una brutalità, un affronto alla democrazia!”, aveva urlato ai tempi il deputato della circoscrizione della Corrèze: un tale François Hollande.