Attacco sulle alture
Nota per gli amici di Assad: Hezbollah spara sugli israeliani dal Golan
Imboscata a un convoglio militare, uccisi due soldati. Per il presidente siriano “Israele è l’aviazione di al Qaida”. Pochi giorni lo stato israeliano ha detto di non sapere che stava per colpire un generale iraniano.
Roma. Mercoledì una squadra di Hezbollah ha sparato alcuni razzi controcarro contro un convoglio di veicoli militari israeliani che stava passando sulla strada al di là dei reticolati sulle alture del Golan, al confine conteso tra Siria e Israele. L’attacco ha ucciso due soldati e ne ha feriti altri sette, ed è stato rivendicato come “il primo” eseguito dalla “Brigata dei martiri di Quneitra” di Hezbollah. E’ un dato importante perché conferma che il movimento libanese ha fondato un reparto che ha l’incarico di preparare attacchi contro Israele e agirà dal Golan siriano con il consenso del governo del presidente Bashar el Assad. La notizia era circolata sulla stampa araba nei giorni scorsi, dopo che domenica 17 gennaio un drone israeliano aveva colpito un convoglio di Hezbollah nella stessa zona, Quneitra, e aveva ucciso un generale iraniano che accompagnava il gruppo.
Oltre all’attacco sul Golan, mercoledì Hezbollah ha anche attaccato sparando colpi di mortaio dal sud del Libano. Israele ha risposto con almeno cinquanta colpi di artiglieria che però hanno ucciso un peacekeeper spagnolo (il ministro degli Esteri israeliano ha chiesto scusa al governo di Madrid per la morte del soldato). Martedì dal territorio siriano erano stati sparati due razzi contro Israele, e Israele aveva risposto sparando con l’artiglieria sulle postazioni siriane. Per il ministro della Difesa Moshe Yaalon “il regime di Assad è responsabile del fuoco, non ignoreremo attacchi terroristici contro i nostri soldati o cittadini”.
Il generale israeliano in congedo Israel Ziv ha spiegato mercoledì in una conferenza stampa che l’attacco compiuto da Hezbollah in quell’area del confine conosciuta come Shebaa segnala la volontà di non aprire davvero un conflitto. “Quello che succede a Shebaa resta a Shebaa”, dice il generale, parafrasando “Quel che succede a Las Vegas resta a Las Vegas”. Ci sarebbe stata quindi la volontà da parte del gruppo libanese di vendicare l’attacco aereo del 17 gennaio, ma con un’azione eseguita in una zona di attrito dove ci sono frequenti scambi di fuoco tra le parti (Hezbollah e siriani da una parte, israeliani dall’altra), perché nessuno vuole davvero aprire una guerra, in questo momento (un motivo tra tanti possibili: sono in corso i negoziati sul programma nucleare iraniano)
Questa settimana il sito di Foreign Policy ha pubblicato un’intervista a Bashar el Assad in cui il presidente siriano definisce Israele come “l’aviazione di al Qaida”, con riferimento agli sporadici attacchi aerei israeliani sulle installazioni militari siriane e di Hezbollah – di solito effettuati in occasione di trasferimenti di armi di tipo avanzato, come missili, che lo stato maggiore israeliano considera “non perdonabili”. Questa definizione di Israele come “aviazione di al Qaida” è un uso disinvolto da parte di Assad di un argomento classico dei regimi autoritari arabi: chi non sta con me, allora è con al Qaida (o con lo Stato islamico).
Le dichiarazioni del ministro israeliano Yaalon sulla responsabilità di Assad per gli scambi di artiglieria, la presenza ormai fissa di Hezbollah sulla alture del Golan siriano e questo attacco di mercoledì con armi controcarro sottolineano una questione finora trascurata da chi pensa al governo di Damasco come a un utile alleato dell’occidente contro l’estremismo sunnita e come a un protettore delle minoranze mediorientali: la Siria invita e ospita Hezbollah e generali iraniani. Nel sud, i non-siriani stanno preparando più o meno alla luce del sole una possibile guerra contro Israele, ed è difficile spiegare la loro presenza a decine di chilometri dai fronti della guerra civile contro i ribelli e i gruppi jihadisti. In un discorso pronunciato la settimana scorsa, il leader di Hezbollah ha parlato del Libano e della Siria come di una sola entità geografica schierata nella lotta contro Israele.
La contromanovra israeliana può confondere ancora di più chi crede in questa divisione tra bianchi e neri, con Assad da una parte e gli estremisti dall’altra. Da un anno, l’esercito israeliano nella stessa zona sta aiutando i gruppi di ribelli siriani non islamisti, offrendo cure mediche in ospedali da campo e aprendo il confine per fare passare i feriti, un via vai che ormai riguarda centinaia di persone. Secondo un’analisi pubblicata dal Washington Institute for the Middle East, gli israeliani vogliono così creare e frapporre una zona cuscinetto di gruppi siriani non ostili tra il confine e gli estremisti. Non sta funzionando al cento per cento, come testimonia la presenza in alcuni tratti del confine del Golan di Jabhat al Nusra, edizione siriana di al Qaida.
Il Wall Street Journal chiede, in un editoriale di tre giorni fa intitolato “Il nostro uomo a Damasco” con tetro sarcasmo, se questa politica dell’Amministrazione Obama troppo accondiscendente con Assad non sarà controproducente a lungo termine: “Gli Stati Uniti saranno riusciti a sconfiggere una minaccia estremista jihadista, lo Stato islamico, soltanto per potenziarne un’altra, gli estremisti sciiti rafforzati dalla bomba (atomica). Il Congresso dovrebbe chiedere all’Amministrazione se Assad è davvero l’uomo di Obama a Damasco”.
[**Video_box_2**]Sullo sfondo, resta aperta la questione che ha innescato questo scontro sul Golan: il bombardamento a sorpresa da parte di un drone israeliano – o di un elicottero secondo altre fonti – di un convoglio di Hezbollah che stava passando nell’area di Quneitra a dieci chilometri dal confine tra Siria e Israele. Cosa ci faceva un generale iraniano in quel gruppo, stava davvero esplorando la possibilità di allestire una postazione missilistica così vicina ai reticolati, come sostengono alcune fonti? E Israele ignorava davvero la sua presenza in quel convoglio, come ha sostenuto il giorno dopo per provare a disinnescare la situazione tesa con l’Iran e con Hezbollah?
Secondo una ricostruzione di Reuters che cita fonti libanesi, gli israeliani hanno agito al volo, con opportunismo predatorio, partendo da alcune intercettazioni ascoltate lungo il confine, ma questo non chiarisce se avevano capito o no che stavano per uccidere un generale iraniano, con tutte le possibili conseguenze. Reuters dice che può essere: lo hanno fatto perché hanno percepito una minaccia militare più grande del solito e anche perché il governo non può mostrarsi esitante, non può tollerare la presenza di un generale di Teheran a passeggio lungo il confine, ci sono le elezioni fra due mesi.
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